~ la lingua e la poesia ~ - 7 - Cesare Pascarella LA SCOPERTA DE L'AMERICA |
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INDICE
XLI XLII XLIII XLIV XLV
XLI E lui fu accorto peggio d'un sovrano! Li re, l'imperatori, le regine, Te dico, je baciaveno le mano: Le feste nun aveveno mai fine. E da pertuttoquanto er monno sano, Fino ar fine de l'urtimo confine, Onori... feste... E dopo, piano piano Cominciorno li triboli e le spine. Ché l'invidiosi che, percristo, viveno ✱ De veleno, ner vede uno ch'arriva A fà quello che loro nun ci arriveno, Je cominciorno come li serpenti, Mentre che lui nemmanco li capiva, A intorcinallo ne li tradimenti. |
XLI Ed egli fu accolto meglio d'un sovrano! I re, gli imperatori, le regine, Ti dico, gli baciavano le mani: Le feste non avevano mai fine. E ovunque in tutto il mondo 1 Fino ai limiti dell'ultimo confine, Onori... feste... E dopo, un po' per volta Cominciarono i problemi e le sofferenze. Perché gli invidiosi che vivono Di veleno, nel vedere qualcuno che arriva A compiere ciò a cui loro non arrivano, Cominciarono come serpenti, Mentre lui non ne sospettava, A farlo oggetto dei tradimenti. 2 |
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XLII E lui, quello ch'aveva superato, Ridenno, li più boja tradimenti Der mare, de la terra, de li venti, Coll'omo ce rimase massacrato. E lui, quello ch'aveva straportato Li sacchi pieni d'oro a bastimenti, Fu ridotto a girà pe li conventi, Cór fijo in braccio, come un affamato! Er re (che lo ripossino ammazzallo Dove sta) dopo tanto e tanto bene Ch'aveva ricevuto, pe straziallo, Co' l'antri boja ce faceva a gara. E dopo aveje messo le catene, Voleva fallo chiude a la Longara. |
XLII Ed egli, che aveva superato, Ridendo, i peggiori tradimenti Del mare, della terra, dei venti, Con l'uomo rimase martoriato. Ed egli, che aveva trasportato I sacchi pieni d'oro a bastimenti, Venne ridotto a girare per i conventi, Col figlio in braccio, come un affamato! Il re (che il cielo lo fulmini 1 Ove si trova) dopo tanto e tanto bene Che aveva ricevuto, per straziarlo Con gli altri infami, faceva a gara. 2 E dopo averlo messo in catene, Voleva farlo chiudere in prigione. 3 |
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XLIII Ma come? Dopo tanto e tanto bene, M'avressi da bacià dove cammino, E invece? Me fai mette le catene? Me tratti come fossi un assassino? E tu sei Gasperone... Spadolino... E che ci avrai, percristo, ne le vene? ✱ Er sangue de le tigre? de le jene! E che ci avrai ner core? Er travertino? Ma come?! Dopo tutto quer ch'ho fatto, Che t'ho scoperto un monno e te l'ho dato, Mo' me voi fà passà pure pe matto? Ma sarai matto tu, brutto impostore, Vassallo, porco, vile, scellerato; Viè de fora, che me te magno er core! |
XLIII Ma come? Dopo tanto e tanto bene, Dovresti baciare dove cammino, E invece? Mi fai mettere in catene? Mi tratti come fossi un assassino? Tu sei Gasperone... Spadolino... 1 Che cosa hai nelle vene? Sangue di tigre? di jena! Cosa avrai mai nel cuore? Il travertino? 2 Ma come?! Dopo tutto quel che ho fatto, Che ti ho scoperto un mondo e te l'ho dato, Ora mi vuoi far passare anche per matto? Ma il matto sarai tu, brutto impostore, Gaglioffo, maiale, vile, scellerato; Vieni fuori, che ti mangio il cuore! 3 |
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XLIV Cusì j'avrebbe detto a quel'ingrato. Invece quello, quello ch'era un santo, Rimase fermo lì, cor core sfranto, Senz'uno che l'avesse consolato. E quelli che je s'erano rubato La scoperta, l'onori, tutto quanto, Nun je diedero pace, insino a tanto Che loro non lo veddero schiantato. Eh, l'omo, tra le granfie der destino, Diventa tale e quale a un giocarello Che te capita in mano a un ragazzino: Che pô esse er più bello che ce sia, Quando che ci ha giocato un tantinello, Che fa?, lo rompe, e poi lo butta via. |
XLIV Così avrebbe detto a quell'ingrato. Invece costui, che era un santo, Rimase fermo lì, col cuore in pezzi, Senza che nessuno lo consolasse. E quelli che gli avevano rubato La scoperta, gli onori, tutto, Non gli diedero pace fino al momento Che lo videro schiantato. Eh, l'uomo, fra gli artigli del destino, Diventa tale e quale a un giocattolo Che finisca in mano a un bambino: Fosse anche il più bello che ci sia, Quando ci ha giocato per un po', Che fa?, lo rompe, e poi lo getta via. 1 |
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XLV E poi sêmo sur solito argomento, Ch'hai voja a fà, ma l'omo è sempre quello! Ponno mutà li tempi, ma er cervello De l'omaccio ci ha sempre un sentimento. Ma guarda! Si c'è un omo de talento, Quanno ch'è vivo, invece de tenello Su l'artare, lo porteno ar macello, Dopo more, e je fanno er monumento. Ma quanno è vivo nu' lo fate piagne, E nun je fate inacidije er core, E lassate li sassi a le montagne. Tanto la cosa è chiara e manifesta: Che er monumento serve per chi more? Ma er monumento serve per chi resta. |
XLV E poi siamo alle solite, C'è poco da fare, l'uomo è sempre lo stesso! Possono cambiare i tempi, ma il cervello Dell'uomo malvagio ha un unico sentimento. Ma guarda! Se c'è un uomo di talento, Quando è vivo, invece di tenerlo Sull'altare, lo portano al macello, Poi muore, e gli fanno il monumento. Ma non lo fate piangere mentre è in vita, Non gli angustiate il cuore, E lasciate le pietre alle montagne. 1 Tanto la cosa è chiara e manifesta: Il monumento serve forse per chi muore? Ma il monumento serve per chi resta. |
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