~ Roma leggendaria ~ - 1 - Clemente e Sisinnio |
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San Clemente, non lontano dal Colosseo, è una delle chiese di Roma più interessanti, conosciuta per i suoi pregevoli mosaici e per una cappella decorata con pregevoli affreschi del XV secolo. Ma soprattutto per ciò che cela nel sottosuolo.
Al livello stradale sorge la Basilica Superiore, dedicata a Clemente, il quarto papa (88-97); fu costruita nel 1108 sui resti della Basilica Inferiore, l'edificio originale che risale al 350 circa.
il nartece di San Clemente... |
Quando nel 1084 il condottiero normanno Roberto Guiscardo saccheggiò Roma, molti edifici rimasero seriamente lesionati e tra questi anche San Clemente; dopo il ritiro degli assedianti, la chiesa si trovava in condizioni così precarie che anziché essere restaurata, fu sepolta e riempita di terra; sulle sue rovine fu poi costruito un secondo edificio. La Basilica Inferiore fu rinvenuta solo nel 1861. Fu allora che si scoprì che anche il primo edificio era stato a sua volta edificato sopra strutture romane più antiche, che oggi si possono visitare come parte degli scavi sotterranei. Ne fa parte anche un mitreo del III secolo, luogo di culto sacro al dio Mitra; tale culto, di origini persiane, si era diffuso a Roma, dove aveva un buon numero di seguaci. |
...dà accesso al cortile della chiesa |
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Ma ancora più in profondità sono i pochi resti di un vicolo databile al II secolo aC. Pertanto la chiesa di San Clemente e il suo sottosuolo offrono un vero spaccato di circa 1300 anni di storia romana, cioè dall'età repubblicana fino al medioevo. Una peculiare quanto interessante testimonianza è ancora visibile nella Basilica Inferiore, la quale fu scoperta solo nel 1861: uno dei primissimi esempi di italiano volgare scritto, benché nel medioevo il latino fosse ancora la lingua ufficiale. La basilica antica è ora completamente spoglia di decorazioni e pitture, tranne qualche pilastro dove si vedono ancora degli affreschi risalenti probabilmente al tardo XI secolo, in cattive condizioni a causa dell'umidità del luogo. Uno di essi narra della leggenda di Sisinnio. |
(↑ in alto) particolare del mosaico della Basilica Superiore e l'altare del mitreo sottostante la Basilica Inferiore (a destra →) |
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Costui era un prefetto romano la cui moglie Teodora, secondo la tradizione, era divenuta a sua insaputa una seguace della religione cristiana.
I primi cristiani erano perseguitati e il loro culto vietato, poiché la religione ufficiale dell'antica Roma, il paganesimo, professato dalla maggior parte dei dirigenti imperiali, reputava la religione cristiana un'autentica minaccia per la cultura e per le tradizioni romane.
← una fedele riproduzione dell'affresco, che ne esalta i colori oggi perduti
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Il pannello inferiore dell'affresco contiene la parte più simpatica. Qualche tempo dopo, provando pietà per le condizioni di Sisinnio, Clemente si reca al suo palazzo per guarirlo. Ma qui il prefetto, adirato, chiama a sé i suoi servi e ordina loro di scaraventare fuori di casa il pontefice. Grazie ad un altro prodigio, Clemente rimane libero, mentre i tre servitori, che fanno del loro meglio per obbedire al loro signore, al posto del papa si ritrovano a tirare una pesantissima colonna e sono ovviamente incapaci di smuoverla! Come in un moderno film, in cui l'eroe si esprime in un linguaggio educato mentre i cattivi sono caratterizzati da una parlata dialettale, Clemente fa il suo commento in latino, che tradotto suona così: "a causa della durezza del vostro cuore, avete meritato di trascinare pietre". |
l'affresco originale nella Basilica Inferiore |
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Ma Sisinnio e i suoi tre uomini (i cui nomi originali in latino apprendiamo dal testo essere Albertel[lus], Gosmari[us] e Carvoncellus si esprimono nella lingua del popolo, il volgare, comunemente parlato a quei tempi ma mai usato per testi scritti. |
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Il servo all'estrema sinistra esclama: FALITE DERETO CO LO PALO CARVONCELLE, cioè "fagliti dietro col palo, Carboncello" (probabilmente un soprannome), il prefetto, furioso per i loro scarsi risultati, dall'estremità opposta grida loro: FILI DE LE PUTE TRAITE, cioè "figli di puttana, tirate!".
L'insolita testimonianza certifica che all'epoca il dialetto di Roma stava già prendendo forma: nel nome Carvoncelle infatti si evidenzia il betacismo b → v tipico del romanesco di prima fase (si veda in proposito la pagina sulla Cronica della metà del Trecento), mentre la desinenza vocativa -e è ancora quella della seconda declinazione latina.