~ Roma leggendaria ~
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Bernini contro Borromini



Gianlorenzo Bernini (1598-1680) e Francesco Borromini (1599-1667) furono i due grandi architetti che contribuirono più di qualsiasi altro artista a Roma al patrimonio barocco di questa città. Due maestri assoluti, senza ombra di dubbio, ma con personalità molto differenti.

Gian Lorenzo Bernini (autoritratto)
Bernini era nato a Napoli, nonostante il padre Pietro fosse toscano, ma visse a Roma pressoché per tutta la vita. È considerato il più grande scultore del suo secolo, essendo al tempo stesso un eccellente architetto, un pittore e un valente fontaniere, ma anche commediografo, dunque un artista dell'età barocca davvero a tutto tondo. Il suo precoce talento e la sua fervenza religiosa lo resero ben presto una delle personalità più importanti e famose di Roma, specialmente sotto papa Urbano VIII (1623-44), che cominciò a commissionare le prime opere al giovane Gianlorenzo quand'era ancora cardinale. Per avere un'idea dell'importanza dell'impatto che le opere berniniane hanno avuto sul patrimonio artistico della città basti citare, tra i suoi numerosi progetti, la scenografica sistemazione di piazza San Pietro, circondata dal gigantesco quadruplo colonnato.
Francesco Borromini

A Borromini invece viene riconosciuto di aver introdotto un nuovo linguaggio figurativo nello stile barocco. Le sue facciate e i suoi famosi bizzarri campanili scaturivano da insiemi di moduli geometrici quali rettangoli, quadrati, tondi ed ovali, ripetuti in sequenze alternate, ottenendo spesso soluzioni molto innovative per quel tempo, in contrasto con gli stilemi berniniani di impostazione strettamente religiosa, in base alla quale le proporzioni degli edifici dovevano corrispondere a quelle umane (poiché le proporzioni dell'uomo, secondo la Bibbia a immagine e somiglianza di Dio, venivano considerate universali, armoniche e al tempo stesso divine).
Era nato in Canton Ticino, come svariati altri importanti architetti che operarono a Roma tra il tardo Rinascimento e l'età barocca, tra cui Domenico Fontana (1543–1607), Carlo Maderno (1556–1629), Carlo Fontana (1634?-1714) ed altri, molti dei quali erano imparentati tra di loro, formando un vero e proprio clan. Borromini stesso era lontano parente di Maderno. Il suo vero cognome era Castelli, ma in seguito assunse quello con cui è più conosciuto, non è chiaro se per devozione a San Carlo Borromeo o se dal cognome del secondo marito della madre, Brumino. Quando venne a Roma, chiamato da Maderno, cominciò a comparire nei documenti come Borromini. Ci viene descritto come una persona solitaria, impulsiva, melanconica e dal carattere molto irascibile. La sua fama fu sempre offuscata dalla popolarità di Bernini. Godette del mecenatismo di Innocenzo X (1644-55), ma fu più perché Bernini con quel papa era caduto in disgrazia che per motivi di vera preferenza.
la chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza e l'Oratorio dei Filippini,
due dei capolavori romani di Borromini
Il suo brutto carattere, unitamente alla crescente frustrazione derivante dai successi del rivale, oltre ad una serie di eventi negativi - gli fu tolta una commissione, poi ad uno dei suoi edifici furono arbitrariamente aggiunte alcune parti che ne alterarono l'aspetto originale, e via dicendo - in ultimo lo spinsero al suicidio.
Eppure sappiamo che Bernini e Borromini avevano effettivamente cooperato nella realizzazione di alcuni lavori, il più importante dei quali è l'enorme baldacchino che copre l'altare maggiore in San Pietro, che tuttavia viene ricordato sempre come "il baldacchino di Bernini".

Queste diverse realtà fecero nascere acredine tra i due architetti e il loro conflitto divenne leggendario, tanto da ispirare credenze popolari sulla loro rivalità.


la fontana di Bernini e la chiesa di Borromini
si fronteggiano al centro della piazza
Al centro di piazza Navona sorge una delle opere più famose di Bernini, la Fontana dei Fiumi (1652). La struttura, che è sormontata da un obelisco romano ad imitazione di quelli egiziani, è decorata da quattro grandi figure allegoriche in rappresentanza dei principali fiumi delle quattro regioni del mondo allora conosciute: il Danubio (per l'Europa), il Nilo (per l'Africa), il Gange (per l'Asia) e il Rio della Plata (per le Americhe).

Sul lato occidentale della piazza, di fronte alla fontana, sorge la chiesa di Sant'Agnese in Agone, la cui costruzione ebbe luogo quasi negli stessi anni; i lavori erano cominciati nal 1652 sotto la guida di Girolamo Rainaldi e solo un anno dopo gli era subentrato Borromini, che portò avanti la costruzione fino al 1657, quando abbandonò il cantiere cedendolo a sua volta al figlio di Girolamo, Carlo Rainaldi. Ma nella tradizione, questa chiesa viene sempre accostata al nome dell'architetto ticinese.
Sant'Agnese ha un aspetto imponente a dispetto della sua brevità: la sua profondità è infatti sono una quarantina di metri, sviluppandosi maggiormente in larghezza. La facciata è concava per dare più risalto alla cupola e per consentire alla scalinata che dà accesso alla chiesa di non sporgere nella piazza.

Vuole una tradizione popolare che Bernini avesse disegnato due delle figure allegoriche della fontata per burlarsi del rivale; in particolare, una delle due che guardano verso la chiesa, il Rio della Plata, avrebbe la mano sollevata come gesto di protezione dall'imminente caduta dell'edificio. Invece un'altra delle figure, il Nilo, nasconderebbe la testa sotto un velo per non vedere "l'orrenda opera" di Borromini: in realtà il capo velato è un riferimento allegorico al fatto che a quei tempi le origini del Nilo erano ancora sconosciute, essendo state scoperte solo nel XIX secolo.
Alla base del campanile di destra, invece, una piccola statua di Sant'Agnese (anche detta dai romani la sora Agnesina) si porta una mano al petto: ciò veniva letto dal popolo come un gesto di rassicurazione sulla stabilità della chiesa.
Ovviamente tutto ciò è solo leggenda, poiché la chiesa fu terminata qualche anno dopo la fontana stessa, quando le statue erano già al loro posto da tempo e Bernini, per quanto critico, non avrebbe più potuto alterarne la forma.

il Rio de la Plata →

il Nilo
Neppure i seguaci di Borromini risparmiarono critiche alla fontana di Gian Lorenzo, sostenendo che essendo cava nella parte centrale, non avrebbe retto alla pesante guglia e sarebbe crollata. Infatti questo schema, pur frequente nelle opere di Bernini, contravveniva i canoni architettonici dell'epoca (cfr. anche Il Pulcino della Minerva).
Allora l'arguto artista inviò nottetempo i suoi assistenti e fece loro legare quattro sottilissime cordicelle all'obelisco, sostenendo che così non sarebbe più caduto: una delle sue numerose burle con cui metteva in ridicolo i rivali. Bernini sapeva perfettamente ciò che stava facendo: l'obelisco è ancora lì, stabilmente al suo posto dopo oltre 350 anni.

Sant'Agnese

Ma gli episodi tra i due architetti non si fermano qui: un altro succoso aneddoto riguarda la costruzione del palazzo di Propaganda Fide, a piazza Mignanelli.

la casa in via della Mercede dove visse Bernini
Nel 1626 a Bernini era stato commissionato l'ampliamento del palazzo, ma alla morte di Urbano VIII i lavori erano passati a Borromini (con gran gioia dell'astioso Francesco). In quello stesso periodo, però, Bernini viveva in una casa situata proprio di lato al costruendo palazzo. Ebbene, i due grandi architetti si sbeffeggiarono a vicenda scolpendo l'uno sul palazzo in costruzione un bel paio di orecchie d'asino, indirizzate a Bernini, mentre quest'ultimo scolpì personalmente su una mensola del proprio edificio ... un organo genitale maschile, che puntava dritto verso il cantiere di Borromini. Per un certo tempo queste due "appendici" furono visibili anche dalla stessa strada ove questo accadde, via della Mercede, finché per motivi di pubblica decenza i due architetti provvidero a scalpellarli via.

Anche nella morte, così come in vita, ai due grandi toccarono riconoscimenti assai diversi, sebbene nessuno dei due possa vantare una tomba faraonica.
Bernini fu sepolto con tutti gli onori in Santa Maria Maggiore, una delle quattro basiliche più importanti della Cristianità (agli esordi della sua carriera aveva avuto casa e bottega proprio lì accanto), a lato dell'altare maggiore.
Borromini, invece, che si era riservato una cappella nella minuscola chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane da lui stesso costruita, fu respinto perché suicida; le sue spoglie riposano nella chiesa di San Giovanni de' Fiorentini, sotto una lapide piccola e piuttosto sobria, senza altre parole che il nome, accanto a quella di Carlo Maderno.

(da sinistra) le tombe di Gianlorenzo Bernini e quella di Francesco Borromini (dietro alla quale è la lapide di Carlo Maderno)