~ Roma leggendaria ~
- 6 -

un demonio con la faccia di un papa

la vendetta di un famoso pittore



Al termine della rutilante via Veneto, presso piazza Barberini, sorge una chiesa la cui dedica originaria è a Santa Maria della Concezione, ma che a Roma è più conosciuta come "la chiesa dei Cappuccini", i frati il cui saio ha un cappuccio marrone e bianco, dal quale - strano ma vero - prese il nome il popolare cappuccino del bar.
Molti fra romani e turisti conoscono questa chiesa solo per ciò che di più strano in Roma essa offre al visitatore: il vecchio cimitero al di sotto dell'edificio, una cripta consistente in uno stretto corridoio che collega una serie di cappelle, le cui pareti e la cui volta sono letteralmente ricoperti da ricche decorazioni in stile barocco.

la "chiesa dei Cappuccini" di via Veneto
Ma per realizzare le belle figure non furono usati né stucco né marmi, bensì teschi, denti, femori, e qualsiasi altro osso proveniente da oltre 4.000 scheletri, che una volta appartenevano a frati Cappuccini. Questa forma di decorazione oggi può apparire decisamente macabra, ma un tempo era tutt'altro che raro che le chiese addobbassero le cripte con gli scheletri degli appartenenti all'ordine o alla confraternita di riferimento, per i quali era un vero onore poter contribuire alle composizioni con i propri resti. In questo caso, oltre alle ossa sfuse, sono stati ricomposti anche alcuni scheletri interi: appesi in varie pose, indossano il tipico saio dei Cappuccini.
luogo inadatto agli impressionabili

Il tocco finale è il motto del cimitero, che rammenta laconicamente: noi eravamo quello che voi siete, e quello che noi siamo voi sarete.

Senza dubbio è un luogo imperdibile per gli amanti del brivido. Il cimitero, tuttavia, distrae i visitatori dalla vera e propria chiesa sovrastante, dove nella prima cappella a destra è esposto un magnifico dipinto di Guido Reni a cui quasi nessuno presta attenzione; raffigura l'arcangelo Michele nell'atto di schiacciare col piede la testa di Satana.

Assieme a Bernini e Borromini, Guido Reni fu uno dei maggiori artisti della prima metà del XVII secolo. Nato a Bologna, era venuto a Roma per completare il suo praticantato, e in questa città si stabilì e rimase attivo per gran parte della sua vita.
Reni viene ricordato non solo per la sua maestria nel dipingere, ma anche per il suo carattere stravagante.
Era attraente, molto ricco, vestiva sempre in modo elegante, ma soffriva di manie persecutorie; in particolare, viveva nel continuo timore di essere avvelenato. Credeva anche nella magia e nella stregoneria. Era particolarmente attratto dal gioco d'azzardo, e spesso passava l'intera notte a giocare a carte.


← l'arcangelo Michele schiaccia Satana

Guido Reni

In quegli anni, due fra le famiglie più importanti e nobili di Roma erano i Barberini e i Pamphilj; quanto fosse elevato il loro rango lo si comprende facilmente dal fatto che l'allora papa Urbano VIII (Maffeo Barberini, 1568-1644) apparteneva alla prima delle due famiglie, mentre tra i cardinali figurava un membro della seconda, Giovanni Battista Pamphilj.
Le relazioni tra le due famiglie erano tutt'altro che buone e il motivo della ruggine era il continuo tentativo da parte di ciascuna di accrescere il proprio potere temporale.
Anche il fratello del papa, Antonio Barberini, era un cardinale, appartenente all'ordine dei Cappuccini. In quegli anni la loro chiesa principale a Roma era San Niccolò (oggi non più esistente), piuttosto piccola e risalente al medioevo. Pertanto, poco dopo la sua elezione, il cardinal Barberini finanziò la costruzione di una chiesa nuova e più grande per l'ordine di cui egli stesso faceva parte e per una delle cappelle fu data commissione a Guido Reni di dipingere un arcangelo Michele.
gli stemmi delle due famiglie:
Barberini (a sinistra) e Pamphilj

Secondo una leggenda, che forse contiene più di un briciolo di verità, a Reni era giunta voce che il cardinale Giovanni Battista Pamphilj lo aveva diffamato, o aveva in qualche modo offeso la sua reputazione.

papa Innocenzo X (G.B.Pamphilj)
Così il permaloso artista, approfittando dell'occasione offertagli dal quadro che stava dipimgendo, decise di vendicarsi per mezzo del suo proprio talento, al tempo stesso compiacendo il committente, che apparteneva alla famiglia antagonista al suo detrattore.


particolare del dipinto di Reni
Il cardinal Pamphilj aveva un volto lungo, stempiato, con la barba rada e uno strano sguardo, che l'artista giudicò perfetto come modello per ...Satana! Senza dubbio, la faccia che l'arcangelo Michele schiaccia col piede è quasi identica a quella di Giovanni Battista Pamphilj. Ciò divenne ancora più imbarazzante qualche anno dopo, quando nel 1644 lo stesso fu eletto papa Innocenzo X.

Quando il quadro venne esposto nella chiesa, il cardinale ovviamente protestò per un tale oltraggio; si dice che l'artista abbia ammesso l'incredibile somiglianza, ma che si sia giustificato sostenendo che Satana gli era apparso in una visione, dunque ne conosceva bene le fattezze, e se il cardinal Pamphilj aveva la gran sfortuna di somigliargli, non poteva certo esserne data colpa al pittore.
Così Giovanni Battista Pamphilj dovette romanamente abbozzare, ossia accettare suo malgrado l'onta di apparire in veste di Satana. E, dopo quasi quattro secoli, quel dipinto è ancora lì al suo posto.