~ curiosità romane ~ - 4 - le targhe dei "mondezzari" |
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targa del 1727 a via Monte della Farina |
Un problema spinoso, non meno grave delle alluvioni descritte nella pagina precedente, era lo smaltimento dei rifiuti urbani. Infatti fino alla metà del XIX secolo, tanto per il popolino quanto per la servitù delle famiglie più ricche, era una comune abitudine disfarsi quotidianamente delle immondizie domestiche semplicemente portandole in strada o in piazza e abbandonandole al primo angolo incontrato. Solo quando il pattume creava un vero e proprio cumulo (un mondezzaro secondo il lessico dell'epoca), giungeva un carretto per portarlo via, ma ciò poteva avvenire anche dopo settimane! |
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A ciò si aggiungeva il fatto che le strade venivano ripulite dal vero e proprio tappeto di fango ed escrementi equini solo una volta ogni otto giorni; tale compito spettava ai galeotti, che per questo motivo venivano periodicamente condotti in catene per le strade di Roma. Tali enormi cataste di pattume finivano con l'attirare molti cani e gatti randagi; i cosiddetti "ammazzacani" (versione arcaica degli attuali accalappiacani) se ne sbarazzavano lasciando in quei luoghi bocconi avvelenati: così questi cumuli finivano per accrescersi ulteriormente, persino con carogne in decomposizione. |
una famosa targa in via Mario de' Fiori (non lontano da piazza di Spagna), datata 1733; oltre al divieto di lasciare immondizie sul posto, la targa indica anche i "mondezzari" legittimi più vicini a questa strada |
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un divieto del 17 giugno 1764, in vicolo della Torretta, in Campo Marzio |
Tra le molte conseguenze di tale drammatica situazione igienico-sanitaria, quella più immediata era certamente il fetore che da queste cataste si sprigionava a grande distanza nelle vie circostanti, specialmente nei mesi più caldi. Anche in un secolo non certo famoso per le misure igieniche quale fu il '700, tutto ciò doveva risultare davvero molesto per chi abitava nei palazzi presso i quali si creavano tali "raccolte". Già dalla fine del secolo precedente, qualche divieto di accumulare rifiuti, con relativa minaccia di severe sanzioni pecuniarie e corporali, era comparso sui muri di alcune chiese importanti, quali Sant'Agostino, San Carlo al Corso, San Teodoro, ed altre. |
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Tale deterrente probabilmente ebbe gli effetti sperati, perché verso la metà del XVIII secolo cominciarono ad essere emanati degli editti, dei quali si dava notizia al popolo per mezzo di targhe, relativi anche alle strade e in particolare agli angoli di molti palazzi signorili. In questi avvisi si leggeva che era fatto divieto di gettare immondizie presso gli stessi luoghi e dunque di farvi il mondezzaro. Chi emanava tali editti era un'alta carica amministrativa (comunque un membro del clero) che presiedeva all'ordine delle vie cittadine, il Presidente delle Strade; questi delegava il compito di sorvegliare che il provvedimento fosse rispettato al Maestro delle Strade. | testo succinto e stesura alquanto incerta per questa targa in via di Monserrato |
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targa all'angolo tra via Frattina e via del Gambero |
Benché il contenuto di tutte queste targhe fosse sostanzialmente costante, il testo presentava delle variazioni, con lunghezza oscillante dalle cinque o sei righe delle varianti più stringate a quasi venti in quelle più prolisse. A volte erano redatte in modo piuttosto approssimativo (cfr. l'esempio qui in alto), ma a quell'epoca erano comunque molto pochi coloro che sapevano leggere. Così, tra il 1717 e il 1771, sui muri del centro storico comparve un gran numero di targhe recanti il fatidico ammonimento a non sporcare il luogo dov'erano affisse. Trattandosi quasi sempre di cantoni di palazzi appartenenti a famiglie importanti, è lecito supporre che le stesse facessero pressione sul Presidente delle Strade, affiché emanasse il provvedimento presso i rispettivi domicili. Le stesse targhe riportavano anche le pene previste in caso di contravvenzione al divieto: da una multa in denaro alla cattura personale, o carceratione, fino alle pene corporali. Entità e modalità delle stesse venivano decise a discrezione dello stesso Presidente delle Strade. |
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Lo scopo di queste sanzioni multiple era di colpire tanto il mandante quanto l'esecutore materiale del misfatto: quest'ultimo (spessso un servo) era solitamente soggetto alle pene corporali, mentre l'altro (il padrone) avrebbe dovuto pagare la salata multa, poiché come recita più d'una targa, alla pena pecuniaria sia tenuto il padre per li figli e li padroni per li servitori. | targa in via dei Cappellari, presso l'arco di Santa Margherita |
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targa del mondezzaro presso la chiesa di S.Teodoro, datata 1703, con la minaccia di scomunica per i trasgressori |
Inoltre, per convincere la popolazione alla delazione nei confronti degli anonimi sporcaccioni, alcuni editti contenevano la norma che una parte della multa versata dal reo sarebbe stata data all'accusatore, il cui nome ovviamente veniva coperto da segreto. Per mantenere pulite le strade presso le chiese, invece, si faceva leva sulla sacralità del luogo. Uno dei più antichi divieti ancora al suo posto, dietro al Foro Romano, come pena per chi avesse lasciato immondizie di qualsiasi tipo, o causato odori sgradevoli davanti alla chiesa di San Teodoro e alle sue recinzioni, recava addirittura la scommunica (sic). |
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In quanto a sanzioni corporali, invece, fino ai primi dell'800 per i reati minori, tra i quali figurava l'avere fatto il mondezzaro, venivano comminati tratti di corda, un efferato supplizio comunemente adottato dalla giustizia papalina, che consisteva nel legare i polsi del condannato ad una carrucola, per poi strattonarlo un certo numero di volte, provocandone talora la lussazione delle spalle. Tutto ciò avveniva ovviamente in pubblico, col risultato di punire il colpevole ma anche di ammonire il resto del popolo. In diverse vie e piazze principali sorgevano in bella vista alti pali destinati a tale scopo, di cui oggi fortunatamente non resta traccia. I divieti rimasero in vigore anche più a lungo, fino alla caduta dello Stato Pontificio (1870); il rigore che gli amministratori civici mettevano nell'applicare le sanzioni ispirarono a Belli uno dei suoi ironici sonetti, tra le cui note aggiunse l'arguta osservazione che segue: |
palo della "iustitia", con tanto di carrucola, nella scomparsa piazza Giudia presso il ghetto (incisione di G.Vasi) |
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« Per questi editti di sasso, divenuto più nero della scrittura che vi fu incisa, può ancora accadere che qualche fantesca maledica chi non le insegnò l'alfabeto. »