~ curiosità romane ~
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le inondazioni del Tevere


Passeggiando per i rioni storici di Roma è facile imbattersi in un gran numero di antiche targhe, di marmo o di pietra, affisse ai muri di edifici privati e di chiese. Molte di esse costituiscono la testimonianza di due problemi importanti che in passato affliggevano la città. Uno di questi viene descritto nella pagina presente, l'altro costituisce l'argomento della successiva. Oggi il corso del principale fiume di Roma è incanalato da imponenti muraglioni che risalgono alla fine del XIX secolo.
Ma in epoche precedenti, quando le case erano costruite direttamente sulle rive, a ridosso dell'acqua, la città era soggetta alle inondazioni, alcune delle quali particolarmente severe. In occasione di tali calamità ai maggiori edifici cittadini venivano applicate delle targhe, a futura memoria dell'evento, specialmente quando il livello raggiunto dalle acque era elevato. E a giudicare dal numero di quelle rimaste, il fenomeno doveva essere tutt'altro che raro!

un'inondazione (dipinto di E. Roesler-Franz, fine '800): le case erano sommerse
fino al primo o persino al secondo piano e le vie erano solcate da barche a remi


targa sul lato occidentale di Santo Spirito in Sassia,
in ricordo di un'inondazione nel Natale del 1598:
« ...FIN QUI CREBBE IL TEVERE NELLA STESSA
NOTTE DELLA NASCITA DEL SIGNORE »
Fonti letterarie contengono testimonianze di inondazioni a Roma sin dal V secolo aC. Tuttavia nel corso dell'età classica, ed anche per tutto il medioevo, la città non veniva allagata in media più di una volta ogni 50-100 anni. Nel I secolo l'imperatore Claudio aveva persino aperto un breve canale artificiale presso la città di Portus (che ancora esiste, col nome di canale di Fiumicino), in modo da migliorare il deflusso delle acque lungo l'ultimo tratto di Tevere.
targa presso la chiesa di Sant'Eustachio:
« NELL'ANNO 1495 IL TEVERE,
A CIELO SERENO, CREBBE
FINO A QUESTO SEGNO
ALLE NONAE (5) DI DICEMBRE
ALESSANDRO VI PAPA - ANNO III »

Poi, a partire dal tardo medioevo, alcune trasformazioni che in parte ebbero conseguenze sul corso del fiume indussero un aumento di frequenza delle inondazioni e i danni che quest'ultime provocavano si fecero sempre più seri.

La più antica targa di cui si abbia notizia risaliva al 2 febbraio 1230; era affissa sul muro di Santa Maria in Traspontina. Ma quando questa chiesa venne demolita e ricostruita lì vicino, nel 1564, la targa andò perduta.
Il più antico esemplare esistente è datato 6 novembre 1277; lo si vede sotto un piccolo arco ad un'estremità dell'Arco dei Banchi, uno stretto passaggio sulla riva del fiume di fronte a Castel Sant'Angelo, che collega via del Banco di Santo Spirito alla vicina corso Vittorio Emanuele. Una volta si trovava presso l'antica chiesa dei Santi Celso e Giuliano, sul lato opposto della medesima stradina, finché l'edificio non fu ricostruito attorno al 1730. Un'altra targa in ricordo della stessa alluvione si trovava nell'anzidetta chiesa di Santa Maria in Traspontina, ma anche di questa si sono perse le tracce.

targa datata 8 ottobre 1530,
presso Santa Maria sopra Minerva:
« FIN QUI CREBBE IL TEVERE E GIÀ
DEL TUTTO SOMMERSA
SAREBBE STATA ROMA SE LA VERGINE
NON AVESSE QUI RECATO LA SUA CELERE OPERA »

la più antica testimonianza
esistente di una piena:
« FIN QUI ARRIVO' IL TEVERE MA,
TORBIDO, PRESTO SI RITIRÒ
NELL'ANNO DEL SIGNORE 1277,
NELLA VI INDIZIONE, IL VII GIORNO
DEL MESE DI NOVEMBRE,
ESSENDO LA SEDE VACANTE »

Facendo ricorso a documenti, incisioni, ed altre fonti storiche, si è potuto stabilire che un totale di 122 targhe furono affisse fino al 1937, l'anno in cui Roma subì l'ultima inondazione. È abbastanza sorprendente il fatto che solo poche di esse sono andate perdute, o non occupano più la posizione originale a causa delle trasformazioni dell'arredo urbano.
La gran parte di queste targhe risale ad epoche comprese tra i secoli XVI e XVIII; su quelle più antiche veniva spesso raffigurata una mano indicante col dito il livello raggiunto dai flutti, l'anno relativo e, a volte, un breve commento.


targa datata 30 novembre 1422 sulla facciata di Santa Maria sopra Minerva:
« NELL'ANNO DEL SIGNORE 1422 - NEL GIORNO DI SANTO
ANDREA L'ACQUA DEL TEVERE CREBBE FINO
ALLA SOMMITÀ DI QUESTA LAPIDE · AL TEMPO DEL SIGNORE
MARTINO V PONTEFICE ~~ ANNO VI ~~ »


Targhe delle inondazioni si possono trovare ovunque nella parte storica della città, ma in alcuni punti ve ne furono affisse numerose: in particolare il muro esterno di Castel Sant'Angelo, il porto fluviale di Ripa Grande e la chiesa di Santa Maria Sopra Minerva; quest'ultima sorge presso il Pantheon, in uno dei punti più bassi di Roma, dove l'acqua raggiungeva altezze più elevate. I due seguenti passi, tratti da due cronache della fine del Quattrocento, il Memoriale di Paolo dello Mastro e Diario della Città di Roma di Stefano Infessura, testimoniano una delle alluvioni più importanti, di cui è mostrata la targa qui in alto a destra:
Recordo io Pavolo predetto che in nell’anno 1422 a dii ultimo di novembre, lo die di Santo Andrea apostolo lo fiume di Roma crescevo sì forte chi allacao in molti lochi, cioè allo altare granne de Santo Cielzo, et ionze a quello lione che stao rempuosto in nello palazzo dello conte de Tagliacuozo lo menore, e coperze l'archi di ponte Santi Petri; et in Santa Maria Retonna rimase priva (sic) per più de uno mese, perchè se aparao la chiavica che è dentro e fece molto danno per Roma perchè la crescenza fu si subita che l'omo non ve poteo reparare. Lo crescere e llo screscere durao tre die.
[Memoriale di Paolo dello Mastro, II]

Dell'anno Domini 1422 die 30 novembre, in festo sancti Andreae, si fu una piena d'acqua sì grande a Roma, che allagò la maggior parte di Roma, et fece grandissimo danno, et tanto che non se poteria contare, et di questo ne fu cascione Braccio da Montone, perchè partendosi molto scorrucciato di Roma quando perdè lo Stato di Roma, ruppe le marmora dello laco di Pedeluco, et questo lo fece per dispetto delli Romani; et di questa pur ne resta la memoria in una preta nella faccia della ecclesia della Minerva.
[Stefano Infessura, Diario della Città di Roma]
Io, l'anzidetto Paolo, ricordo che nell'anno 1422 nell'ultimo giorno di novembre, il giorno di Sant'Andrea apostolo, il fiume di Roma crebbe così tanto che allagò molti luoghi, cioè presso l'altare maggiore di San Celso, e giunse fino a quel leone che sta collocato nel palazzo del Conte di Tagliacozzo il minore [Palazzo Orsini, ora Taverna?], e coprì gli archi di Ponte San Pietro [Ponte Sant'Angelo]; e Santa Maria Rotonda [Santa Maria ad Martyres, il Pantheon] rimase piena per più di un mese, perché si ostruì la chiavica all'interno, e fece molto danno per Roma perché l'innalzamento [del livello idrico] fu così improvviso che l'uomo non vi poté porre rimedio. La crescita e il deflusso durarono tre giorni.

Nell'anno del Signore 1422, il giorno 30 novembre, la festa di sant'Andrea, vi fu a Roma una piena d'acqua così grande che allagò la maggior parte di Roma, e fece grandissimo danno, tanto da non potersi calcolare, e di ciò fu causa Braccio da Montone, perchè partendo da Roma molto corrucciato quando perse lo Stato di Roma, ruppe i marmi del lago di Piediluco, e fece ciò per dispetto ai Romani; e di questa pur ne resta la memoria in una lapide sulla facciata della chiesa della Minerva.

piccole targhe in via Canova (a sin.) e in via dell'Arancio (a destra) riferite
alll'alluvione del 2 febbraio 1805: entrambe recano incisa un'eloquente barca a remi

In media, il livello (profondità) del Tevere è di 6.5 metri; l'attuale piano stradale invece si trova circa 9 metri più in alto (cioè l'altezza approssimativa dei muraglioni tra i quali il fiume scorre nell'attravere la città). Grazie a quest'ultimi, oggi un'inondazione avrebbe luogo solo nel caso in cui l'acqua raggiungesse i 15 metri. Ma anticamente, quando i muraglioni non eran stati ancora costruiti, già soli 12 metri erano sufficienti per cominciare ad allagare la città, di solito iniziando dal Ghetto ebraico e a volte l'acqua cresceva ancora di più.

Per visualizzare meglio il livello raggiunto in questi frangenti, nei primi anni dell'800 furono introdotti gli idrometri, cioè scale graduate affisse ad un muro o alla parete di un edificio; tuttavia tracce di un simile strumento di età romana, rinvenute presso Ponte Sisto, fanno ritenere che questi esistessero già nell'età classica.
La suddetta chiesa è l'unico posto dove ancora oggi sono visibili diverse targhe, mentre a causa delle trasformazioni in epoche recenti negli altri due luoghi non se ne vedono più, benché alcune di esse siano ora conservate nel Museo di Castel Sant'Angelo.

targhe alluvionali a Santa Maria sopra Minerva

Presso il vecchio porto di Ripetta ne era stato collocato uno assai alto, datato 1821; era formato da vari segmenti individuali, posizionati strategicamente ad altezze diverse così che a seconda del livello raggiunto dai flutti la scala graduata poteva essere letta rimanendo coi piedi all'asciutto.


l'idrometro presso San Rocco
Il porto fu demolito alla fine dell'800 e l'unica parte superstite dell'idrometro rimase quella sommitale, che era affissa ad una vecchia casa presso la riva del fiume. Qualche anno dopo anche la casa fu demolita e l'idrometro venne trasferito su un fianco della chiesa di San Rocco, dov'è tutt'ora. Riporta incisi i livelli raggiunti dall'acqua durante ciascuna alluvione (comprese quelle occorse nei secoli precedenti), la peggiore delle quali si registrò nel 1598: oltre 4 metri sopra l'attuale livello stradale! Anche la residua colonna del porto di Ripetta riporta incise date di inondazioni.

colonna superstite dal porto di Ripetta →
Quando Ponte Cavour fu edificato sul sito del vecchio porto (1896-1901) un nuovo idrometro andò a rimpiazzare quello preesistente, lungo la rampa di scale che scende alla banchina del fiume (cfr. le illustrazioni seguenti).


schema dell'idrometro presso Ponte Cavour
Un altro se ne trova in via dell'Arancio, dirimpetto all'anzidetto ponte. Idrometri esistono anche a Ponte Milvio e persino in edifici privati, come Palazzo Corsini, nel rione di Trastevere e nel convento degli Agostiniani a via del Corso. Probabilmente diversi altri sono andati perduti.

idrometro di Ponte Milvio →
durante l'acqua alta nel dicembre 2005
(da sin.) gli idrometri a Ponte Cavour, quello in via dell'Arancio e quello presso il piccolo ninfeo dell'Acqua Acetosa

Ma per quale motivo le inondazioni erano così frequenti?
Oltre alla già ricordata assenza di mura presso le rive, l'altra ragione principale era la larghezza irregolare del letto del fiume; in particolare, lungo il suo corso erano state prodotte due strettoie.
Una era presso Castel Sant'Angelo (qui a sinistra), davanti al quale papa Alessandro VI aveva fatto aggiungere un tozzo torrione, costruito nel tardo XV secolo, poi rimosso nel 1628; a causa di questa trasformazione sulla riva occidentale era stato accumulato un piccolo terrapieno e due archi del ponte erano stati ostruiti. Qui la corrente diventava anche particolarmente turbolenta a causa della doppia ansa formata dal fiume, ma Ponte Sant'Angelo, la cui struttura è sostanzialmente ancora quella originale (II secolo), essendo costruito a regola d'arte non è mai crollato.

il Tevere presso Castello (in blu)
nella pianta di A. Tempesta, 1593
L'altro punto era presso Villa Farnesina (in basso e a destra), la grande proprietà dei Farnese situata in Trastevere, i cui giardini nel corso del tempo erano stati ampliati, provocando un cospicuo restringimento dell'ampiezza del fiume.


veduta del Tevere da Ponte Sisto (Ettore Roesler Franz):
i giardini di Villa Farnesina (a sin.) sporgono nettamente
verso il centro del fiume, riducendone l'ampiezza

Villa Farnesina (in verde)
nella pianta di G.B. Nolli, 1748

All'inizio della stagione piovosa, cioè in ottobre, le riserve acquifere sotterranee, parzialmente prosciugatesi durante l'estate, venivano nuovamente saturate; solo dopo di ciò, qualsiasi ulteriore incremento della portata del Tevere dovuta alle piogge si sarebbe ripercossa essenzialmente sul livello del fiume, giustificando la maggior frequenza delle inondazioni dal tardo novembre a metà dell'inverno, come testimoniano le date su molte targhe. Quando l'acqua raggiungeva le strade seguiva l'orografia urbana, scivolando verso i rioni altimetricamente più bassi.
Inoltre, l'acqua poteva anche risalire la Cloaca Maxima, la fogna antico-romana il cui sistema di canali è ancora presente nel sottosuolo, di solito arrivando ad allagare piazza della Rotonda (presso il Pantheon), uno dei punti più bassi di Roma, spandendosi poi alle strade circostanti.

lo sbocco della Cloaca Maxima presso la riva del Tevere


immagine di un'alluvione all'inizio del XX secolo
A volte ampie zone della città finivano sott'acqua, in particolare l'area pianeggiante del Campo Marzio (cioè la parte occidentale dell'antica Roma, che oggi è il centro storico) e le valli comprese tra i molti rilievi cittadini, come mostra la pianta sottostante. Vi erano luoghi, come il ghetto ebraico, dove l'acqua poteva arrivare al terzo piano delle case.
Oltre a tutto ciò, nel corso di un'alluvione le numerose piccole mole che una volta erano ormeggiate lungo il fiume (cfr. anche C'era una volta a Roma...) si sganciavano facilmente e seguendo i flutti arrivavano al più vicino ponte: qui ne ostruivano i fornici, in parte o del tutto, aggravando in tal modo la tracimazione ed anche la pressione esercitata dall'acqua sul ponte stesso. A tale proposito, un sonetto in giudaico-romanesco del poeta Crescenzo Del Monte racconta di un'alluvione del 1846, di cui tra gli abitanti del ghetto era rimasta memoria:




L'ALLUVIONE

Me pare mo quanno nascé Ruènne,
lo figlio - che li morze - de Richetta,
che c'era fiume 'ngkètte: e lo viabbènne
me venne a fa' commare co' 'a barchetta.

Fu l'anno de la mola: e me convenne,
p' i' a la milà, passà' da gnora Betta
e pe' un ponte sboccà' 'n casa Coènne,
ch'abbitaven' allora a la Piazzetta.

...La mola? Fu una notte de teróre!
La fiumana 'a strappò in men d'un minuto
e bùuum...! ì a sbàtte a ponte! àah! chi gelore!

E tre òmmeni che c'ereno serati
chi terore a sentilli: aiùuto...! aiùuto...!
fintanto che non fureno salvati.

  Crescenzo Del Monte, 18 dicembre 1915


L'ALLUVIONE

Mi sembra oggi quando nacque Ruben,
il figlio - che poi morì - di Enrichetta,
che c'era l'alluvione in ghetto: e il padre del neonato 1
venne a chiedermi per comare 1 con la barchetta.

Fu l'anno della mola: e mi convenne,
per andare alla circoncisione, passare dalla signora Elisabetta
e per un ponte 2 sbucare in casa Cohen,
che allora abitavano nella Piazzetta. 3

...La mola? Fu una notte di terrore!
La corrente la strappò in meno di un minuto
e buuum...! Andò a sbattere contro il ponte! 4 Ah! Che paura!

E tre uomini che vi erano chiusi dentro, 5
Che terrore a sentirli: aiuuto...! aiuuto...!
fintanto che non furono salvati.
1. - Il padre del neonato andava a chiedere a chi parla di fare da madrina (comare) alla cerimonia di circoncisione.
2. - Un ponte di fortuna, di assi, tra una casa e l'altra.
3. - Piazza delle Tre Cannelle (cfr. pagina 7).
4. - Ponte Cestio, che collega l'Isola Tiberina alla sponda destra del fiume (opposta al ghetto).
5. - I lavoranti delle mole spesso vi dormivano.





Oggi il rischio di inondazione è molto basso, grazie ai muraglioni (circa 12 metri di altezza) che proteggono la città su entrambi i lati del Tevere. La decisione di erigerli venne presa dopo l'ultima seria esondazione del 1870 (esistono molte targhe a riguardo) e la loro messa in opera cominciò nel 1875. Da allora Roma è stata inondata di nuovo solo tre volte, l'ultima delle quali nel 1937 (foto a destra).

fotografia scattata nel 1937 presso via Portuense,
durante l'alluvione del 17 dicembre, di cui a sinistra
è mostrata la targa presso San Bartolomeo all'Isola Tiberina

il corso del Tevere e l'orografia della città:

     COLLI
1 · Campidoglio
2 · Palatino
3 · Quirinale
4 · Viminale
5a 5b 5c · Esquilino
6 · Celio
7a 7b · Aventino
8 · Gianicolo
9 · Vaticano

     ZONE E COSTRUZIONI
A · Colosseo
B · Foro Romano
C · Campo Marzio
D · Pantheon
E · Mausoleo di Ottaviano Augusto
F · Castel Sant'Angelo
G · San Pietro e il Vaticano

Tuttavia il prezzo pagato per questa operazione non fu indifferente: varie costruzioni vecchie di secoli costruite sulle rive del fiume dovettero essere demolite, come pure i due porti fluviali di Ripa Grande e Ripetta. E assieme agli edifici, andarono perdute per sempre anche molte vedute caratteristiche, come dimostrano le illustrazioni in basso a destra.
Perfino alcuni antichi ponti, tra cui il Sant'Angelo e il Cestio (cfr. anche L'Isola Tiberina in questa stessa sezione), dovettero subire trasformazioni per adeguarsi alla nuova larghezza del letto del fiume, con conseguente perdita delle loro forme e dimensioni originali.

la costruzione dei muraglioni in corso, in una foto del 1890 c.ca:
a sinistra è evidente il taglio operato agli edifici preesistenti lungo il fiume

(↑) veduta del porto di Ripetta alla fine dell'800 in
un dipinto di E.Roesler Franz e lo stesso luogo oggi (↓)


Nonostante tutto, sebbene il pericolo sia stato ormai ridotto al minimo, non è stato ancora del tutto eliminato: stagioni particolarmente piovose, eventualmente abbinate a incidenti simili a quelli descritti in precedenza, che coinvolgano i barconi ormeggiati presso le rive (come nell'illustrazione a sinistra), possono ancora mettere a repentaglio la solidità dei ponti e provocare l'innalzamento del livello dell'acqua fino alla sommità dei muraglioni.

barche incagliate ai fornici di Ponte Sant'Angelo durante l'acqua alta del dicembre 2008