LE MURA DEI PAPI
parte II

il giro completo del Vaticano


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Tra l'aguzzo bastione occidentale e quello successivo la strada si allarga: qui sorge un'altra porta antica conosciuta come Porta Pertusa [rif. pianta 6], quasi a suggerire un ingresso stretto o secondario sul lato delle mura che guardava verso la landa desolata, del quale era alquanto improbabile che i papi dovessero servirsi. Difatti questa porta è rimasta quasi sempre chiusa. L'elemento di maggior interesse, però, è l'alta Torre di San Giovanni che sovrasta la porta dall'interno del territorio vaticano: è uno dei torrioni costruiti alla metà del XV secolo sotto papa Niccolò V come protezione supplementare per la cinta muraria antica (a quei tempi, quest'ultima aveva già 500 anni di età).
Negli anni '50 del secolo scorso la torre fu convertita in un alloggio per ospiti importanti del Vaticano. Dal 2014 è sede della Segreteria per l'economia.

la piccola Porta Pertusa sovrastata dalla poderosa Torre di San Giovanni


la porta lungo la linea ferroviaria, ora chiusa
Si continua a seguire la strada in discesa, dove si restringe nuovamente e diventa alquanto ripida. Ben presto tra i pini al di sopra del muro comincia a fare capolino la famosa cupola di San Pietro, una veduta molto suggestiva.

Presso un incrocio di tre strade proseguire lungo il muro diventa impossibile, perché in questo punto la ferrovia raggiunge il confine del Vaticano.

la cupola fa capolino da dietro il muro


Si scenda lungo la scalinata a destra, poi si passi sotto gli archi dell'alto viadotto ferroviario, chiamato del Gelsomino; infine, si volti subito per la prima stretta strada a sinistra: questa raggiunge una seconda scalinata che risale verso il muro. Alla sommità di quest'ultima, un piccolo ingresso sulla sinistra permette di raggiungere la porta che un tempo veniva attraversata dai treni diretti in Vaticano. La linea ferroviaria è ora in disuso; fu utilizzata fino agli anni '60, quando i papi ancora viaggiavano in treno. La porta è ormai perennemente chiusa (tranne in occasioni speciali) e l'intera area dove passano le rotaie è circondata da un'inferriata.
Prima di tornare a seguire il muro, è consigliabile percorrere una cinquantina di metri del passaggio pedonale che corre lungo il viadotto, parallelo al binario dismesso. Fino a qualche anno fa qui passava il secondo binario della linea ferroviaria, poi sostituito dal percorso pedonale.

la cupola di San Pietro, vista dal viadotto ferroviario →


una delle finestre della cupola
A circa metà del viadotto ci si volti verso San Pietro: si godrà dello spettacolo mozzafiato dell'enorme cupola che si staglia contro il cielo, al di sopra degli edifici circostanti (qui a destra).
I fortunati che hanno con sé un binocolo si sorprenderanno certamente nello scoprire che, lungo il lato curvo della cupola, alle finestre della fila centrale, niente affatto minuscole come appaiono a occhio nudo, fanno ombra dei magnifici mascheroni di forme differenti, come quello mostrato a sinistra, una decorazione di gusto tipicamente rinascimentale.

Tornati al muro, si continui a seguirlo in discesa, lungo via della Stazione Vaticana. Quasi subito si giunge a un moderno varco che dà accesso al territorio vaticano: la Porta del Perugino. Qui ci si trova a non più di 100 m dalla basilica, perfettamente in linea col cuppolone: anche questo è un ottimo punto di osservazione per ammirare l'enorme mole bianca disegnata da Michelangelo.

Circa 50 metri più a valle si vede un'altra porta chiusa; un piccolo stemma di Clemente XI (1700-21) è affisso sul suo basso fornice, parzialmente interrato a causa del sollevamento del piano stradale nel corso degli ultimi secoli: questa era Porta Fabrica, [rif. pianta 7], anche detta Porta delle Fornaci, attraverso cui entravano in Vaticano tutti i materiali da costruzione necessari alla realizzazione della basilica di San Pietro. Le molte fornaci che sorgevano nell'area antistante il muro, da cui uscivano milioni di mattoni (non solo per la basilica) utilizzavano l'argilla estratta dalle locali cave, rimaste in funzione fino all'800; questa zona infatti porta il nome di Monti della Creta e di tale attività è rimasta qualche traccia anche nella toponomastica locale, come ad esempio via della Cava Aurelia e via dell'Argilla.
Porta Fabrica o delle Fornaci, appena visibile

Poco dopo il completamento della basilica, Porta delle Fornaci fu murata e rimase per sempre chiusa. Questa piccola porta, però, ha lasciato una curiosa traccia linguistica: a quei tempi, le merci che entravano in città erano sottoposte a tassazione, ma i materiali usati per la basilica venivano esentati da qualsiasi pagamento; per ottenere tale privilegio erano marcati "A U F" (dall'espressione latina Ad Usum Fabricae, cioè "ad uso della costruzione"). Il dialetto romano corruppe la sigla in auffa, che vuol dire "gratis, senza pagare", mentre in italiano l'analoga espressione a ufo prese un significato simile, ma con una connotazione più negativa, come a sottintendere la volontà di sottrarsi ad un pagamento dovuto (un biglietto, un pedaggio, un conto, ecc.).

← l'area nel '600: davanti a Porta delle Fornaci (al centro) si trovano fornaci e pile di mattoni;
appena oltre è Porta Cavalleggeri ed un torrione, col alle spalle il Tribunale dell'Inquisizione

Superata Porta Fabrica, il muro forma un angolo a sinistra: qui il materiale usato per la sua costruzione passa piuttosto bruscamente dai mattoni al tufo, riconoscibile per i blocchetti più spessi, di color sabbia e di dimensioni leggermente irregolari.
Ciò si spiega col fatto che l'ultimo tratto dell'antico muro costruito sotto Leone IV venne restaurato (o interamente ricostruito?) da Alessandro VI poco dopo il 1490; quando una settantina d'anni dopo Pio IV fece edificare la sua cinta muraria, questa parte era ancora sufficientemente solida da poter essere utilizzata, nonostante la struttura un po' più grossolana. Inoltre, essendo anche leggermente più basso del muro cinquecentesco, gli fu aggiunta alla sommità una fascia in laterizio tradizionale per livellarne l'altezza.

Mentre in fondo alla strada già si vede l'estremità settentrionale del colle Gianicolo, sopra il traforo, si passa accanto ad una fontanella pubblica appoggiata al muro, la cui vasca è stata ricavata da un sarcofago romano (anche la testa di leone, che in origine fungeva da bocchetta centrale ed ora è a secco, è un'opera pregevole); due targhe con iscrizioni in latino ricordano papa Pio IV per averla installata alla metà del '500, e papa Clemente XI per averla riattivata nel 1713, dopo un periodo di inefficienza.

Adiacente alla fontana è un arco cieco [rif. pianta 8] dal fornice lavorato a bugnato; vi campeggia uno stemma di Alessandro VI (dei Borgia), ed un altro simile si trova affisso sul muro appena più in alto. Questa era un'altra antica porta, chiamata in origine Porta Turrionis perché sorgeva accanto all'ultimo dei torrioni rotondi eretti da Nicolò V, sul lato opposto della strada, ora presso un incrocio molto trafficato (illustrazione qui in basso). In seguito fu rinominata Porta Cavalleggeri quando la caserma di questo corpo di guardie sorse da quelle parti.
Nei primi del '900 il traffico si fece più intenso, così il muro venne tagliato fino alla torre, in modo da offrire più spazio al passaggio dei veicoli. L'antica porta, che sorgeva proprio al centro dell'attuale incrocio, fu quindi leggermente spostata dal sito originario così da poter essere conservata.

Porta Cavalleggeri, nella sua posizione attuale;
sul muro a breve distanza si vede la fontanella

Solo metà del torrione è rimasta in piedi; da piazza del Sant'Uffizio si può prendere visione del lato mancante (che ora si trova nel terreno di un ente religioso e quindi non è direttamente accessibile): l'antico muro fatto di blocchetti di tufo è ancora visibile e da questo lato, nella parte superiore, ne sporgono verso l'interno sei mensolette in travertino sormontate da piccole grondaie: su di esse potrebbe aver poggiato un camminamento di legno per le sentinelle, prima della costruzione della torre.


la torre costruita da Niccolò V; si noti il moderno taglio del muro (a sinistra)

il muro lungo la metà scomparsa del torrione, con le mensolette in alto

Alle spalle del torrione un tempo sorgeva il più temuto degli istituti vaticani: il Tribunale dell'Inquisizione (è chiaramente visibile nell'antica pianta mostrata in precedenza).

Per chi avesse voglia di fare altri 200 metri a piedi, il giro ha un ultimo spunto da proporre, sul versante opposto del Gianicolo.

il bastione inclinato di Sangallo e l'incompiuta Porta Santo Spirito
Si segua il traforo sotto il colle, recentemente allargato.
Appena all'uscita, sul lato sinistro della strada si noterà il profilo aguzzo di un altro robusto bastione, che dopo aver scavalcato il colle forma una profonda rientranza terminante con un alto formice: questa è Porta Santo Spirito [rif. pianta 9]. Attorno al 1545 papa Paolo III commissionò il disegno tanto del bastione che della porta ad Antonio da Sangallo il Giovane, un valente architetto specializzato in progettazioni militari. Michelangelo entrò in aspro conflitto con Sangallo, criticandone fortemente il progetto. Forse questo fu il motivo per cui il lavoro rimase incompiuto; infatti la parte superiore del fornice non fu mai costruita e qualche tempo dopo la porta venne coperta piuttosto grossolanamente.

L'incredibile spessore delle mura si può intuire osservando le due finestrelle situate ai lati della porta, chiuse da una grossa grata: questo era senz'altro un ingresso invulnerabile alla cittadella vaticana.


Chi volesse interrompere qui il giro delle mura può seguire la strada che attraversa Porta Santo Spirito, raggiungendo quindi via della Conciliazione e da lì piazza San Pietro.