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Rione II - TREVI

~~~ 1ª parte ~~~

piazza San Pietro in Vincoli
Mosè (dalla tomba di Giulio II)
    NOME
    Monti fa riferimento ai tre colli compresi entro i suoi confini: Esquilino, Viminale e una parte del Quirinale. Fino agli inizi del Novecento anche il Celio ne faceva parte, prima che il rione omonimo si separasse da Monti. Tutti e tre fanno parte dei famosi sette colli sui quali, secondo la tradizione, Roma fu fondata.
    Il suo nome medioevale Regio Montium et Biberate si riferiva agli stessi colli e ad una strada principale chiamata via Biberatica che attraversava i Mercati Traianei.


    STEMMA
    Tre monti, ripetuti tre volte, in riferimento a quelli anzidetti.
    stemma del rione Monti

    CONFINI
    piazza del Colosseo; via dei Fori Imperiali; piazza Madonna di Loreto; vicolo San Bernardo; via Magnanapoli; via XXIV Maggio; via del Quirinale; via delle Quattro Fontane; via Agostino Depretis; piazza Esquilino; via Esquilino; piazza Santa Maria Maggiore; via Merulana; piazza di San Giovanni in Laterano; complesso del Laterano (entro le mura aureliane) *; via della Ferratella; piazza di Porta Metronia; via della Navicella; via Santo Stefano Rotondo; via Oliviero Plunkett; via di San Giovanni in Laterano.
    * oggi il complesso di San Giovanni in Laterano è isolato; si può aggirare seguendo via dell'Amba Aradan e via dei Laterani, o alternativamente piazzale Appio, via Sannio, via Farsalo e piazzale Ipponio


pianta di riferimento di Monti ELEMENTI DI INTERESSE
(i numeri neri fra parentesi quadre nel testo si riferiscono alla pianta qui a sinistra)


Monti è il rione più esteso di Roma, che fino al tardo Ottocento comprendeva anche una gran parte dell'attuale Esquilino (XV) e Celio (XIX). Le sue strade sono state per la maggior parte ricostruite o ridisegnate alla fine del XIX secolo, pur avendo conservato molte importanti testimonianze del passato, che spaziano da resti databili all'età imperiale a chiese e basiliche del Medioevo e del Rinascimento.
Da un punto di vista orografico è un rione particolarmente collinoso, come ricorda il suo stesso nome, estendendosi dal versante meridionale del Quirinale al Viminale e poi all'Esquilino, comprendendo anche una piccola porzione del Celio. L'Esquilino è un colle più esteso degli altri, con tre picchi separati, chiamati Cispio, Fagutale e Oppio (cfr. pianta qui in basso), a ciascuno dei quali corrispondono siti di interesse del rione.

pianta di riferimento di Monti La sua strana forma, con un'appendice a sud-est attorno a San Giovanni in Laterano [11], dipende dal fatto che dapprima per la creazione dell'Esquilino (1874), poi per quello del Celio (1921), il territorio originale di Monti fu rosicchiato da ambo i lati, rimanendone centralmente una propaggine di collegamento al resto del Rione I.

L'enorme patrimonio storico ed artistico del rione fa di Monti quasi una piccola città a sé stante nel cuore della più ampia cinta urbana. Di ciò è testimonianza il particolare privilegio concesso nei secoli passati al locale caporione di far parte degli amministratori cittadini (cfr le note generali). Il popolo di Monti, assai orgoglioso della propria condizione, ha sempre rivendicato di essere "più romano" degli abitanti di qualsiasi altro rione; qui un tempo si parlava addirittura una varietà del dialetto romanesco, detta monticiano, che però è ormai andata perduta.

Il giro del rione non ha una direzione specifica: quello che segue è un itinerario suggerito in base alle numerose tematiche di cui è ricco il rione, ma non va inteso in alcun modo come un percorso prefissato.

Si può cominciare, ad esempio, dalla sua estremità occidentale, occupata dal vasto complesso [1] edificato sotto l'imperatrore Traiano (110 c.ca) formato dal foro (che comprendeva un ampio piazzale, una basilica, due biblioteche e un tempio, di cui purtroppo non rimane che qualche colonna e qualche traccia di pavimentazione marmorea) e dal mercato situato sul retro. Le rovine di quest'ultimo, invece, sono discretamente conservate e restituiscono un impressionante spaccato della vita di tutti i giorni nell'antica Roma: le numerose botteghe, distribuite su più livelli, fanno apparire il luogo, già in attività quasi 2.000 anni or sono, come l'antesignano dei moderni centri commerciali; era attraversato per l'intera lunghezza dalla via Biberatica, una strada lastricata tutt'ora visibile.
i Mercati Traianei
l'antica via Biberatica attraversa i Mercati Traianei

piantina dei Fori Imperiali Il mercato costeggia l'area dei Fori Imperiali, cioè la serie di fori che prendono il nome dal dittatore Giulio Cesare e dagli imperatori Traiano, Augusto, Nerva e Vespasiano; assieme si estendono per circa 400 metri in direzione del Colosseo [4]. Furono tutti costruiti in un arco di tempo di circa 150 anni, dal 46 aC al 113 dC, nell'area rimasta edificabile lungo il lato nord-orientale del Foro Romano. Il complesso fatto costruire da Traiano, l'ultimo in ordino cronologico, è anche il più esteso degli altri: per la sua costruzione, infatti, l'architetto Apollodoro di Damasco tagliò parzialmente il vicino colle Quirinale e ne spianò le pendici; infatti il mercato a più livelli situato alle sue spalle fu edificato in quel punto proprio per agire da contrafforte e puntellare il colle tagliato, impedendogli di franare.

← l'estensione dei Fori Imperiali (in blu) rispetto al tessuto urbano moderno:
A) Foro di Traiano, B) Foro di Cesare, C) Foro di Augusto, D) Foro di Nerva,
E) Foro di Vespasiano (Tempio della Pace); l'area più in basso è il Foro Romano

due vedute dei resti dei Fori Imperiali: il Foro di Traiano (a sinistra) e il Foro di Augusto

L'unico reperto di questi fori ancora pressochè perfettamente conservato è la famosa colonna dell'imperatore Traiano [2] ricoperta da rilievi che la percorrono a spirale. È composta da diciotto enormi cilindri di marmo bianco impilati l'uno sull'altro, con una scala che ne percorre l'interno e prende luce da minuscole finestrelle situate lungo il fusto. L'altezza del monumento, inclusa l'enorme base, è di 40 m, ma la sola colonna misura poco meno di 30 m, corrispondendo esattamente a 100 piedi romani. I rilievi che si snodano lungo il suo fusto, dalla base verso la sommità, narrano la storia delle campagne militari di Traiano contro i Daci (abitanti dell'odierna Romania).
vicolo San Bernardo
la Colonna Traiana
Scavata all'interno della base è la cella dove verosimilmente furono conservate le ceneri dell'imperatore.
Un tempo in cima al monumento si ergeva una statua bronzea dell'imperatore, ma nei secoli andò perduta; nel tardo Cinquecento fu rimpiazzata con una statua di San Pietro, che faceva coppia con quella di San Paolo collocata sull'analoga colonna di Marco Aurelio nel rione Colonna. piazza della Madonna di Loreto piazza della Madonna di Loreto
↑ in alto: particolare dei rilievi;
← a sin.: la statua di San Pietro con le chiavi, sulla sommità della colonna


Alla fine del Cinquecento, quando i Fori erano ormai in rovina e in larga parte sepolti, l'area divenne proprietà di un cardinale, Michele Bonelli (un nipote di Pio V) più noto come cardinale alessandrino, in quanto originario dei dintorni della città piemontese. Sui resti romani costui edificò un intero quartiere, che prese il nome dallo stesso cardinale.

il Quartiere Alessandrino, oggi scomparso, evidenziato in giallo, attorno al 1920:
via dell'Impero (poi via dei Fori imperiali) fu aperta lungo la linea rossa
Il Quartiere Alessandrino rimase in piedi fino all'inizio del XX secolo. Poi, tra il 1924 e il 1932, fu raso al suolo per l'apertura dell'ampia via dei Fori Imperiali, che inizialmente si chiamò via dell'Impero. Al tempo stesso nell'area fu condotta una campagna di degli scavi, che riportò alla luce diversi resti dei Fori. Oggi ne sono visibili le fondazioni dei vecchi fabbricati ed alcuni loro scantinati, ai margini della vera e propria area archeologica, lungo via Alessandrina, che ne era l'asse viario, e oggi è una striscia di asfalto che attraversa le rovine.


Dalle spalle dei Mercati Traianei, i resti della Torre delle Milizie, inclinati ma ancora imponenti, dominano il complesso: questa è una delle più alte torri medievali della città, edificata alla metà del Duecento, la cui porzione sommitale però crollò solo un centinaio d'anni dopo essere stata terminata in seguito al disastroso terremoto del 1368. Secondo una tradizione popolare, questo è il sito dove Nerone avrebbe suonato la lira durante il grande incendio del 64 dC, godendosi il panorama di Roma in fiamme.
via dei Fori Imperiali com'è oggi

Durante il medioevo diverse centinaia di torri costellavano il panorama romano (quasi tutte più basse di questa); ogni famiglia potente ne possedeva almeno una e tanto più importante era la casata, tanto più alta e massiccia era la costruzione.
Circa un centinaio di esse furono demolite nel 1257, quando un senatore di Roma di origini bolognesi, Brancaleone degli Andalò, tentò di sedare la guerra civile che ormai si protraeva da secoli tra le famiglie nobili che parteggiavano per l'imperatore e quelle fedeli al papa. Il senatore subì per questo due attentati e fu persino imprigionato per alcuni mesi. Tornato in carica, fece abbattere per decreto le torri di diverse famiglie coinvolte nelle lotte. Il papa, che nel frattempo era fuggito ad Anagni (a una sessantina di km a sud-est di Roma) emise contro il il senatore la scomunica, ma poi la revocò quando Brancaleone minacciò di radere Anagni al suolo.

← i Mercati Traianei, sovrastati da Torre delle Milizie

Oggi restano in piedi circa trenta torri, dislocate in vari punti del centro storico; Monti è il rione dove se ne trova il maggior numero.
Un'altra famosa è Torre dei Conti [5] (XIII secolo), all'estremità meridionale dei Fori Imperiali; una volta era alta il doppio di adesso ed era quindi considerata una delle meraviglie di Roma, citata anche da Petrarca. Altre due coeve si trovano sulla sommità del Cispio [6], una di fronte all'altra: la più alta delle due appartenne agli Arcioni e in seguito ai Capocci, l'altra ai Cerroni e fu poi rilevata dai Graziani.
Torre delle Milizie

la mutila Torre dei Conti

Torre degli Arcioni, poi Capocci

Il retro del Foro di Augusto è occupato da una grossa costruzione tardo-medievale, la Casa dei Cavalieri di Rodi [3]. Quest'ordine, detto anche dei Cavalieri Ospitalieri, nacque nel XII secolo, all'epoca delle crociate; inzialmente si occupava solo di curare i pellegrini in viaggio verso la Terrasanta, ma in seguito anche di fornire loro una scorta armata, compito svolto congiuntamente ai Cavalieri Templari. Poi, caduta Gerusalemme, gli Ospedalieri dovettero cercare rifugio dapprima a Cipro, infine a Rodi, dove assunsero la denominazione dall'isola. Ufficialmente soppressi i Templari nel 1312, i loro beni passarono agli Ospedalieri, che tra il XIV e il XV secolo divennero uno degli ordini più potenti, anche da un punto di vista economico. Dopo la riforma protestante e lo scisma anglicano, i Cavalieri di Rodi cambiarono nuovamente sede, approdando a Malta nel 1530: da allora sono noti come Cavalieri di Malta. Cacciati dall'isola nel 1798 da Napoleone I, l'ordine si sciolse per ricostituirsi nel corso del XIX secolo con la denominazione Sovrano Militare Ordine di Malta, che ancora oggi si occupa di gestire strutture a carattere ospedaliero e assistenziale.
salita del Grillo
la Casa dei Cavalieri di Rodi
dall'arco di Salita del Grillo
La Casa dei Cavalieri di Rodi trae origine da un'antica chiesa del IX secolo, San Basilio, costruita sulle rovine del Tempio di Marte Ultore, nel Foro di Augusto ormai in rovina.
Dal XIII secolo la chiesa e il suo convento passarono in mano agli Ospitalieri. La struttura, di modeste dimensioni, nel 1470 circa fu notevolmente ingrandita per volere del papa Paolo II, incorporando il lato esterno del muro di cinta del Foro di Augusto nonché un complesso di edifici romani situato alle sue spalle. Tutte le finestre della casa, infatti, hanno uno stile tipicamente veneziano, essendo il suddetto pontefice originario della città lagunare, e recano il suo stemma di famiglia. Fu realizzata inoltre anche una grande loggia (che oggi si affaccia su via dei Fori Imperiali), con affreschi attribuiti a Pinturicchio. via dei Fori Imperiali
Casa dei Cavalieri di Rodi, particolare di una finestra
in stile veneziano, con lo stemma di Paolo II

Nel 1566 la sede degli Ospedalieri fu traslocata all'Aventino; la Casa dei Cavalieri di Rodi divenne un convento di suore domenicane dette Neofite, in quanto avevano il compito di convertire le giovani ebree al cattolicesimo. Solo nel 1946 l'edificio fu restituito ai proprietari di un tempo (ormai S.M.O.M.).

Il retro della Casa dei Cavalieri di Rodi guarda verso la ripida Salita del Grillo, che prende nome dalla famiglia del celebre marchese, vissuto nel Settecento, di cui il cinema ha tramandato un'immagine molto romanzata; il palazzo omonimo, del XVIII secolo, è collegato ad un'altra torre medievale (Torre del Grillo) per mezzo di un arco.

L'area situata alle spalle dei Fori Imperiali era detta Subura ovvero Suburra [7] (dal latino sub urbs, cioè "ai margini della città").
piazza della Suburra
targa del tardo Quattrocento
nel cuore della Suburra
In epoca romana era un quartiere malfamato sorto su un terreno paludoso, nei cui tuguri trovavano ricovero fuorilegge e prostitute.
L'aspetto attuale della Suburra risale ai secoli XV-XVII, quando vi furono nuovamente costruite vere e proprie case. I profondi cambiamenti subiti dal rione Monti alla fine del XIX secolo risparmiarono in parte questa porzione di Monti, che qui conserva molte costruzioni antiche. Le sue tipiche stradine strette e a volte tortuose, in perenne pendenza a causa del terreno collinoso, sono tagliate da poche vie lunghe e diritte, aperte da papa Sisto V alla fine del Cinquecento. Una di esse è via Panisperna (illustrazone a destra); nei secoli passati la locale chiesa di San Lorenzo, nel giorno dedicato a questo santo, era solita offrire ai poveri pane e prosciutto (in Latino panis et perna), da cui è originato il toponimo della via, il cui tracciato a saliscendi segue il profilo dei monti del rione.

via Panisperna in continuo saliscendi
dal picco del Cispio a quello del Fagutale

In cima al Fagutale, cioè il picco del colle Esquilino rivolto più a occidente, è situata la chiesa di San Pietro in Vincoli  [8], edificata originariamente nel V secolo; conserva le catene con cui secondo la tradizione fu tenuto legato San Pietro durante le sue detenzioni in carcere, priima in Palestina e poi a Roma. Le reliquie sono conservate in una teca di cristallo sotto l'altare maggiore. Ma ciò che attrae maggiormente i visitatori in questa chiesa è la tomba di Giulio II, una delle maggiori opere di Michelangelo, che comprende la celebre statua seduta di Mosè.
piazza Piazza San Pietro in Vincoli
le catene di San Pietro
Il papa commissionò all'artista questo sfarzoso monumento per la propria sepoltura nei primi del Cinquecento, mentre era ancora in vita. Avrebbe dovuto essere collocato nella nuova costruenda basilica di San Pietro in Vaticano, i cui lavori erano appena cominciati. Il progetto originale prevedeva ben 47 statue; ma mentre la sua realizzazione procedeva, il maggiore interesse del pontefice verso la fabbrica di san pietro ed altre commissioni affidate a Michelangelo, quali i dipinti del soffitto della Cappella Sistina, lo costrinsero a modificare il progetto diverse volte, riducendo le figure (alcune di quelle incompiute sono ora a Firenze e nel museo parigino del Louvre). Alla morte del papa (1516) la tomba era ancora incompiuta. Ma la famiglia Della Rovere non voleva affatto continuare a spendere fortune sul monumento del loro avo; ciò ne rallentò ulteriormente il corso dei lavori, che giunsero a conclusione solo nel 1545, quando gli allievi di Michelangelo scolpirono le statue ancora mancanti. La collocazione definitiva del monumento, a cui delle numerose figure iniziali ne rimanevano soltanto sei, non fu più nella basilica vaticana, bensì in questa chiesa.
La figura di Mosè era stata originariamente progettata in posizione frontale, simmetrica, ancora secondo canoni tardomedievali; ma poi, trovandola troppo convenzionale per i suoi gusti, Michelangelo ne mutò la postura in corso d'opera, in una più dinamica. L'estrema difficoltà di utilizzare lo stesso blocco di marmo, già in parte scolpito, per ottenere una figura differente fu affrontata da Michelangelo con grande abilità; le dimensioni della nuova statua furono leggermente ridotte, la testa venne parzialmente ruotata, per cui la vecchia punta del naso divenne lo zigomo della nuova figura, la gamba sinistra fu flessa all'indietro per mascherare il fatto di essere leggermente più piccola dell'altra.
Il corpo di Giulio II, imbalsamato e conservato nella basilica vaticana mentre procedevano i lavori per la tomba, subì gravi lesioni durante il sacco di Roma del 1527; ciò che dei suoi resti poté essere recuperato venne finalmente sepolto presso questo monumento nel 1610.
Narra la leggenda che lo scorbutico Michelangelo, seppure compiaciuto per il risultato finale del suo lavoro, colpì il ginocchio della statua con un martello al grido di "Perché non parli?". In realtà il monumento, tante volte "rabberciato", rappresentò per l'artista uno dei maggiori motivi di rammarico.
piazza San Pietro in Vincoli
la tomba di Giulio II

Alla piazza dove sorge l'anzidetta chiesa di San Pietro (dalla quale si può vedere un'altra delle torri medievali del rione, quella degli Annibaldi, edificata nel Duecento sui resti di un ninfeo romano) si sale da via Cavour per mezzo di una ripida rampa di scale; quest'ultima taglia sotto un antico complesso di edifici, consistente in un palazzo del XVI secolo e di un'ennesima torre, coeva alla precedente. Nell'antica Roma questo era il sito del vicus sceleratus, dove secondo la tradizione si riteneva che nel 535 aC Tullia, figlia di Servio Tullio (sesto re di Roma) e moglie di Tarquinio il Superbo (settimo re), sarebbe passata col cocchio sul corpo del suo stesso padre, deposto da Tarquinio, uccidendolo.

le cosiddette case dei Borgia
Le cupe memorie legate a questo luogo probabilmente ispirarono un'altra credenza popolare a proposito dell'edificio sovrastante la scalinata: si narrava che tra le sue mura la famosa Lucrezia Borgia, figlia del papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia), avesse avvelenato diversi suoi amanti. Infatti il complesso è ancora noto come "case dei Borgia". Non vi è prova storica, però, che alcuno dei membri di questa famiglia abbia mai realmente abitato in questo luogo. L'abitazione apparteneva alla famiglia Cesarini, che nel corso degli anni la donò al locale convento.
Torre degli Annibaldi


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