~ Monografie Romane ~

Acquedotti
· I parte ·


LE MOLTE "ACQUE" DI ROMA


il celebre panorama dell'Aqua Claudia, nel Parco degli Acquedotti, tra via Appia Nuova e via Tuscolana

L'acqua, per una città, è stata da sempre una delle risorse più importanti, e l'antica Roma era famosa per la sua grande disponibilità di fontane pubbliche, terme, bacini artificiali e serbatoi, stadi per battaglie navali (naumachiae), canali d'irrigazione, ed altre strutture simili. In un arco di tempo di oltre 500 anni furono realizzati per il fabbisogno urbano di Roma undici acquedotti maggiori, oltre ad un considerevole numero di diramazioni. É stato calcolato che la portata complessiva di tali acquedotti, messi insieme, superava di parecchio la quantità giornaliera di acqua su cui oggi può contare la città moderna.

Tale abbondanza, che non fu mai raggiunta in nessun'altra parte del mondo, valse a Roma il nome di regina aquarum, cioè regina delle acque.
É interessante notare che i Romani non davano un nome all'acquedotto in sé, ma all'acqua che portava, per cui la gran parte di essi veniva chiamata aqua (Aqua Appia, Aqua Marcia, Aqua Iulia, ecc.), spesso col nome del regnante o del funzionario che li avevano fatti realizzare o avevano presieduto alla loro costruzione.

Sin dai tempi in cui Roma fu fondata, gli abitanti poterono utilizzare l'acqua del Tevere, che scorreva lungo il confine urbano occidentale (oggi taglia la città moderna in due metà), e sul suo principale affluente, l'Aniene, che incontra il fiume maggiore circa 4 km a nord delle più antiche mura cittadine, in una località ora circondata da nuovi quartieri.

il corso del Tevere e dell'Aniene (linee blu), confrontati con l'estensione di Roma
in epoche diverse: III secolo aC (linea celeste), IV secolo dC (linea rossa), XX secolo

Durante l'età dei re, e per un certo periodo dell'età repubblicana, la popolazione fece fronte alle proprie necessità raccogliendo l'acqua direttamente da questi fiumi, da canali, e da un certo numero di fonti minori quali pozzi e cisterne d'acqua piovana.
Nel IV secolo aC le dimensioni della città e la crescita della popolazione, compresi i molti immigranti, i mercanti stranieri e gli schiavi, richiesero una disponibilità maggiore.

Infatti nell'anno 312 aC il censore Appio Claudio fece costruire il primo acquedotto; raccoglieva l'acqua da sorgenti localizzate fra le 7 e le 8 miglia ad est della città, sebbene la lunghezza complessiva del suo percorso misurasse non meno di 11 miglia (le ragioni di tale andamento tortuoso saranno chiarite nella II parte).
La realizzazione degli acquedotti successivi seguì ad una media di uno ogni 60 anni circa, ma nel 52 dC due di essi vennero costruiti quasi allo stesso tempo.

L'ultimo ad essere costruito, nel 226, fu l'Aqua Alexandrina, che prendeva nome dall'imperatore Alessandro Severo. Anche questo raccoglieva l'acqua da sorgenti non lontane dalla via Praenestina, a est di Roma, ed anche questo nell'avvicinarsi alla città si incanalava sottoterra, ma il suo tratto sotterraneo non è mai stato identificato.

La lunghezza degli acquedotti veniva espressa in passus ("passi"), una misura corrispondente a 1,482 m. In modo più approssimato, erano misurati in milia passus, cioè miglia romane, il cui effettivo significato era "migliaia di passi", pari a 1,482 Km.

Nell'antica Roma gli acquedotti erano gestiti da un curator aquae ("soprintendente delle acque"), un'alta carica a cui era deputato tutto ciò che riguardava le risorse idriche della città. In particolare, alla fine del I secolo uno di questi dirigenti, chiamato Sesto Giulio Frontino, scrisse un trattato molto dettagliato dal titolo De aquae ductu urbis Romae ("sugli acquedotti della città di Roma"), che rappresenta la principale fonte di informazioni sulle opere idriche locali in epoca romana.

Quella che segue è una lista degli acquedotti antichi, secondo il loro ordine cronologico; mostra anche quale parte di città essi servivano. La posizione delle loro sorgenti si riferisce alla distanza e all'orientamento rispetto al centro della città (il Campidoglio), espressi in miglia romane.



ACQUEDOTTO

RIFERIMENTO DEL NOME
ANNO DI
COSTRUZIONE
SEDE DELLE
SORGENTI
LUNGHEZZA DEL
CONDOTTO
POSIZIONE DELLO
SBOCCO PRINCIPALE
AQUA APPIA censore Appio Claudio Cieco 312 aC 7-8 miglia ad est 11.2 miglia Circo Massimo (sud ovest)
rami per molti quartieri
ANIO VETUS [1] "Aniene vecchio" 269 aC 29 miglia ad est 43 miglia Porta Esquilina
(sud est)
AQUA MARCIA pretore Quinto Marcio Re 144 aC 36 miglia ad est 61.7 miglia colle Quirinale
(nord est)
AQUA TEPULA "acqua tiepida", dalla sua temperatura 125 aC 10 miglia a sud est 12 miglia Porta Collina
(nord est)
AQUA IULIA la gens dell'imperatore Ottaviano 33 aC 12 miglia a sud est 15.4 miglia Porta Viminalis (nord est)
rami per molti quartieri
AQUA VIRGO "acqua vergine", da una leggenda 19 aC 8 miglia ad est 14.1 miglia Campo Marzio
(nord ovest)
AQUA ALSIETINA Lacus Alsietinus
(oggi Lago di Martignano)
2 aC 14 miglia a nord ovest 22.2 miglia Trastevere
(ovest)
AQUA CLAUDIA imperatore Claudio 52 dC 38 miglia ad est 46.4 miglia Porta Praenestina (sud est)
rami per molti quartieri
ANIO NOVUS "Aniene nuovo" 52 dC 38 miglia ad est 58.7 miglia condivideva lo sbocco
con l'Aqua Claudia
AQUA TRAIANA imperatore Traiano 109 dC 13 miglia a nord ovest 38 miglia  [2] colle Gianicolo
(ovest)
AQUA ALEXANDRINA imperatore Alessandro Severo 226 dC 14 miglia ad est 15 miglia  [2, 3] Pantheon, Campo Marzio
(nord ovest)
[1] - Il nome originale era Anio;  Vetus ("vecchio") venne aggiunto oltre 200 anni dopo, quando fu costruito l'Anio Novus.
[2] - Lunghezza approssimativa, perché l'acquedotto fu costruito dopo la morte di Sesto Giulio Frontino e [3] il percorso è ancora in parte ignoto.



La portata di ciascun acquedotto era espressa in quinariae. È stato calcolato che 1 quinaria equivaleva a 0,48 litri al secondo. Il più potente degli undici acquedotti, l'Anio Novus, portava 4.738 quinariae, il che vuol dire una disponibilità di quasi 200 milioni di litri al giorno!

La più antica testimonianza grafica della rete idrica appare nella Forma Urbis Romae, un'antica e molto dettagliata pianta della città databile agli inizi del III secolo dC, incisa nella pietra in scala 1:240, della quale alcuni frammenti sono ancora conservati. Uno di questi, in particolare, raffigura lo sbocco di un dotto idrico, con la dicitura AQVEDVCTIVM.

in alto: una pianta del 1590 mostra un tratto non più esistente
dell'Aqua Virgo (evidenziata in giallo), sul colle Pincio;
a destra: una pianta del 1472 raffigura una parte dell'Arcus Caelemontani (un ramo, vedi III parte), dietro al Colosseo
Diverse piante di Roma rinascimentali e barocche, invece, mostrano vedute a volo d'uccello tridimensionali delle molte parti degli acquedotti ancora esistenti tra il XV e il XVII secolo.
Grazie a queste fonti e agli scavi archeologici è stato possibile disegnare il percorso di molti acquedotti romani antichi sebbene, a causa dello sviluppo della città, nel corso dei secoli assai poco di tali maestose strutture sia rimasto in piedi.