~ Monografie Romane ~

Fontane
· I parte ·
fontane antiche
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IL MEDIOEVO

Al tempo della Guerra Gotica (535-553), Roma fu posta sotto assedio più volte. Il più lungo fu quello durato circa un anno da parte del re ostrogoto Vitige, che fece tagliare gli acquedotti ancora funzionanti (se ne può leggere la testimonianza storica nella monografia Acquedotti. Gran parte delle fontane si seccarono, divenendo inutili ed ingombranti rovine dalle quali ricavare gratuitamente materiale da costruzione.
Durante il medioevo molti abitanti dovettero nuovamente attingere acqua dal fiume, come già avevano fatto i loro antichi predecessori mille anni prima. Ciò, unitamente agli eventi storici di quegli anni, ebbe un impatto demografico devastante: la popolazione cittadina, che al culmine delletà imperiale contava circa un milione e mezzo di persone, si ridusse ad appena poche decine di migliaia.
puteali: (a sin.) XI secolo, in San Bartolomeo,
(a destra) XII secolo, sotto il portico di San Marco
Possiamo ben immaginare quanto la carenza idrica dovesse essere causa di condizioni igieniche terribili, che frequentemente si traducevano in epidemie.
Nel corso di questi secoli bui, oltre al fiume, le uniche fonti d'acqua erano rappresentate dalle pochissime cannelle ancora raggiunte dall'Aqua Virgo (l'acquedotto che più degli altri rimase in funzione abbastanza regolarmente, ma che raggiungeva solo una piccola area alle pendici del colle Quirinale), quelle che attingevano da altri acquedotti temporaneamente restaurati (nessuno dei quali però rimaneva attivo per più di 100-200 anni prima che le condutture si ostruissero nuovamente, oppure cominciassero a perdere, o esplodessero) e un certo numero di pozzi che raccoglievano l'acqua piovana e a volte sfruttavano vene sotterranee.

Quest'ultimi erano situati soprattutto presso chiese, conventi e monasteri, dove venivano usati per diversi scopi. In particolare fornivano ai molti ospizi ed ospedali, tenuti da strutture religiose, la quantità d'acqua che poteva garantire il mantenimento di un minimo di igiene. Erano anche usati per irrigare i giardini situati presso i conventi dove i monaci coltivavano le erbe medicinali necessarie alle loro pratiche sanitarie.
Fra gli scopi religiosi, invece, c'era il riempimento dei grandi fonti battesimali, nei quali, per il rito arcaico, il battezzato si bagnava in effetti fino alla vita.

A parte i pozzi, durante l'alto medioevo era un uso comune delle chiese maggiori disporre di una fonte d'acqua (una fontana, o un bagno) situato in un giardino o cortile entro il proprio terreno, dove i fedeli potevano rinfrescarsi e compiere le abluzioni rituali prima di accedere all'edificio sacro.

pozzo del IX secolo nel chiostro della
cattedrale romana, San Giovanni in Laterano


il cantaro nel cortile di Santa Cecilia
Questi giardini erano anche detti "paradisi". Solitamente l'acqua zampillava da un grosso vaso o coppa con manici a spirale, detto càntaro, per cui l'intera fontana veniva definita tale. Venivano presi dalle rovine delle antiche terme o ville, dove giacevano abbandonati. Qualcuno di questi vasi ancora esiste, ma l'unico a trovarsi davanti a una chiesa, rievocando da vicino l'originale ambientazione medioevale, è presso la basilica di Santa Cecilia: sebbene nel tempo questo luogo abbia subito delle modifiche, al centro del giardino l'acqua ancora zampilla da un cantaro di marmo, raccogliendosi in una bassa vasca quadrata.

Il più famoso dell'antichità fu quello di San Pietro. Nella forma classica del vaso, venne posto in sede forse attorno al IV secolo, non molto dopo la costruzione della stessa chiesa, sebbene tradizione vuole che ne vada dato merito a papa Simmaco (498-514).
La struttura del vecchio San Pietro era quella di una tipica basilica paleocristiana.
Dal largo spiazzo che ora corrisponde a piazza San Pietro, una scalinata conduceva ad un cortile quadrato antistante la chiesa, circondato da colonne; lì nel mezzo era situata la fontana (illustrazione a destra).

Per rifornire di acqua il "paradiso", già dall'epoca di papa Damaso (366-384) un sistema di condotte era stato scavato sotto il colle Vaticano così da raccogliere l'acqua da un certo numero di piccole sorgenti, note già da tempi più antichi ma mai sfruttate al meglio. Ciò in pratica rappresentava un mini-acquedotto, che permetteva alla basilica di San Pietro di fronteggiare le necessità per scopi religiosi, sebbene il volume d'acqua che il sistema garantiva non fosse né abbondante, né tantomeno costante.

il cortile di San Clemente un tempo
era un "paradiso", sebbene la fontana
attuale non sia più quella originale

il primitivo San Pietro, con la fontana a
baldacchino nel cortile (sulla sinistra);
sul retro, lavori in corso per la nuova chiesa

Circa 400 anni più tardi, forse sotto papa Adriano I (772-795), una fontana bronzea di epoca romana, dalla forma di un'enorme pigna, venne presa dalle rovine delle Terme di Agrippa, dietro il Pantheon, e usata in sostituzione di quella a forma di vaso. Infatti fu papa Adriano a operare un completo restauro dell'Aqua Traiana, l'antico acquedotto che passava lungo il vicino colle Gianicolo, e grazie al quale l'area del Vaticano avrebbe avuto nuovamente sufficiente acqua a disposizione. È molto probabile che la sua inaugurazione abbia rappresentato una valida occasione per rinnovare la vecchia fontana di età romana.
La nuova pigna versò acqua per altri due secoli, finché l'acquedotto cessò nuovamente di funzionare.

un cantaro nel Museo Nazionale Romano


la fontana di San Pietro, in un disegno a penna di anonimo del 1525 c.ca
Nei periodi in cui l'Aqua Traiana non era attiva, probabilmente si ricorreva all'antico sistema dei dotti romani (se non erano a secco), e in occasioni particolari, quali ricorrenze religiose importanti, quantità di acqua sufficienti per consentire ai pellegrini di lavarsi e rinfrescarsi potevano essere attinte a mano dal vicino Tevere.
Cronache medioevali come i famosi Mirabilia Urbis Romae (XII secolo) menzionavano la fontana di San Pietro fra le cose notevoli della città. Dall'enorme pigna l'acqua scaturiva attraverso le centinaia di forellini di cui è costellata la sua superficie (cfr. l'illustrazione in fondo alla pagina). Pochi disegni rinascimentali ci mostrano la fontana al centro di una vasca quadrata, coperta da un baldacchino sorretto da otto colonne (che in origine erano quattro) e riccamente decorato da marmi di vario tipo; in particolare, sulle lunette in alto poggiavano pavoni di bronzo, forse provenienti dal mausoleo di Adriano, che la descrizione offerta dalla cronaca cita come "grifoni" coperti da una foglia d'oro.

BRANO TRATTO DA  LE MIRACOLE DE ROMA, XIII SECOLO



De lo Cantaro de Santo Pietro.
In paradiso de Santo Pietro ène lo Cantaro, lo quale fece Simachus papa. Et fo adhornato de colopne de porphiro. Et intorno era de tabole de marmo. Et de sopre erano IIIIor griphoni narate. Et lo celo era de rame, et adhornato de flori narati. Et de sopre IIIIor delphini de rame, li quali gettavano l'acqua per la vocca. Et in medio de lo Cantaro era una pignea narata, la quale fo cohopertime de Santa Maria Rotonda. Ne la quale pignea de sopre fo la statova de dea Cybeles, matre de tutti li dii. La quale pignea, per connutto de plombo, per tutta gettava l'acqua ad quelli ke la voleano. Et quella acqua per connutto gia fi ad la gulia, ad lo banio de Nero imperatore.
Del Cantaro di San Pietro.
Nel paradiso di San Pietro si trova il Cantaro costruito da papa Simmaco. Ed era adornato da colonne di porfido. E intorno vi erano lastre di marmo. E sopra vi erano quattro grifoni dorati. E la parte superiore era di rame, e adornata di fiori dorati. E su di essa quattro delfini di rame, i quali gettavano l'acqua con la bocca. E nel mezzo del Cantaro era una pigna dorata, già la copertura di Santa Maria Rotonda. Sulla quale pigna poggiava la statua della dea Cibele, madre di tutti gli dei. La qual pigna, attraverso un condotto di piombo, zampillava tutt'intorno acqua a chi ne voleva. E quell'acqua attraverso un condotto scorreva fino alla guglia, presso le terme dell'imperatore Nerone.

È anche citata da Dante Alighieri nell'Inferno, venendo paragonata alla faccia di un gigante:
La faccia sua mi parea lunga e grossa
come la pina di San Pietro a Roma,
e a sua proporzione eran l'altre ossa;
[XXXI, 58-60]


Quando San Pietro fu completamente riedificato (1506-1614), la fontana e il baldacchino vennero smantellati, e gran parte dei materiali preziosi riutilizzati per altri scopi. Le sole parti che ne rimasero furono i pavoni e la pigna, che attorno al 1565 Pirro Ligorio collocò nel nicchione del Cortile di Belvedere, in seguito rinominato della Pigna.

la pigna originale e le copie dei due pavoni
I pavoni che si possono ammirare nel cortile sono ora delle copie; quelli originali, che ancora mantengono i loro riflessi dorati (come si legge nell'antica cronaca), sono conservati nel Braccio Nuovo del Museo Chiaramonti (Musei Vaticani).
dettaglio dei fori d'uscita
dell'acqua sulla pigna

uno dei pavoni
bronzei originali

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FONTANELLE
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