~ monografie romane ~

Fontane
· III parte ·
fontane maggiori

PAGINA 1





La III parte si occupa delle fontane maggiori. A scanso di equivoci, è bene sottolineare che quelle incluse in queste pagine sono sicuramente più grandi dei semplici beveratori e delle altre varietà descritte nella II parte come "fontanelle", ma non per questo tutte enormi o imponenti. Ciò che le distingue principalmente è il fatto di essere state realizzate tenendo presente tanto la finalità artistica quanto quella pratica.

Quando l'acqua doveva essere attinta dai pozzi e dalle cisterne la gente forse ne apprezzava l'utilità più che l'aspetto; infatti venivano solitamente chiamate "fontana di..." dal nome del luogo dove si trovavano piuttosto che con un nome riferito al soggetto raffigurato. Ma oggigiorno una fonte pubblica non è più una necessità primaria e la funzionalità delle fontane è stata chiaramente superata dal loro puro valore estetico: anche quando restano a secco (per manutenzione, restauro, o altri motivi) le fontane maggiori rimangono ugualmente dei monumenti godibili alla vista.

dettaglio della Fontana delle Tartarughe →

Poiché tanto i piccoli beveratori che le fontane maggiori per funzionare richiedono l'acqua, a Roma entrambe le tipologie poterono essere concepite solo dopo aver soddisfatto due condizioni fondamentali: il ripristino degli antichi acquedotti e la costruzione di una rete sotterranea di condotte per portare l'acqua ai diversi rioni. Tutto ciò ebbe inizio nel 1570.

due tritoni della Fontana del Moro
Per tale motivo nelle pagine che seguono le fontane vengono elencate secondo un criterio prevalentemente cronologico, che segue l'ordine di riapertura degli antichi acquedotti e, per ciascuno di quest'ultimi, i luoghi che l'amministrazione cittadina scelse come più adatti a ricevere la nuova preziosa risorsa: l'acqua corrente.

Oltre alle fotografie, vengono mostrate anche antiche piante di Roma e incisioni, in quanto illustrano il contesto urbano originale nel quale furono inserite le fontane (in alcuni casi assai diverso da quello odierno) e testimoniano i cambiamenti di forma e di posizione a cui molte di esse andarono incontro nel corso degli anni.

La prima pagina, invece, descrive tre antichi progenitori delle fontane che possiamo ammirare oggi, i quali erano già in funzione prima che la nuova rete di condutture fosse realizzata e la cui forma ha notevolmente influenzato molte di quelle costruite nei secoli a seguire.

Infine, pagina 1 accenna brevemente anche ai principali fontanieri che lavorarono a Roma, esperti architetti dei secoli XVI, XVII e XVIII i cui nomi vengono frequentemente citati nelle pagine successive; a dispetto delle molte fontane, il loro numero è davvero esiguo.


INDICE DELLA III PARTE

in questa pagina:
  • LE FONTANE NEL TARDO MEDIOEVO
  • LA COSTRUZIONE E I COSTRUTTORI


  • altre pagine
    (indice cliccabile)

    pagina 2
    l'attivazione
    dell'Acqua di Salone
    pagina 3
    le fontane
    di piazza Navona
    pagina 4
    le fontane di piazza Colonna,
    piazza della Rotonda,
    piazza San Marco
    pagina 5
    la Fontana delle Tartarughe
    le fontane di Campo de' Fiori
    pagina 6
    le fontane dell'Acqua Felice
    la Fontana del Mosé
    pagina 7
    le fontane di
    piazza del Quirinale
    e Campo Vaccino
    pagina 8
    le fontane costruite
    sul Campidoglio
    pagina 9
    le fontane semipubbliche
    la fontana di
    piazza dell'Aracoeli
    pagina 10
    le fontane davanti a Villa Medici,
    in piazza Madonna dei Monti,
    presso l'obelisco laterano
    pagina 11
    le rimanenti fontane
    dell'Acqua Felice


    pagina 12
    XVII secolo: la costruzione
    dell'Acqua Paola
    pagina 13
    le fontane del rione Borgo
    pagina 14
    altre fontane
    ad est del Tevere


    pagina 15
    fontane alimentate
    da altri acquedotti
    pagina 16
    il magnifico
    Gianlorenzo
    pagina 17
    la madre
    di tutte le fontane


    pagina 18
    altre fontane
    del XVIII secolo
    pagina 19
    il XIX secolo
    pagina 20
    il XX secolo
    dal 1900 al 1930

    pagina 21
    il XX secolo
    dal 1930 ai nostri giorni
    pagina 22
    conclusioni



    LE FONTANE DEL TARDO MEDIOEVO
    (XV SECOLO)

    Prima del XVI secolo si conoscevano pochissime fontane, a causa della penuria di acqua corrente che per tutto il corso del medioevo, per circa 1.000 anni, rappresentò per Roma uno dei problemi maggiori.
    L'unico acquedotto ancora in funzione, benché solo parzialmente, era l'Aqua Virgo, le cui sorgenti erano situate ad est, nonostante raggiungesse la città da nord, a causa del percorso tortuoso del suo viadotto. Il flusso idrico era di molto inferiore a quanto era stato nell'antichità e lo speco originale era danneggiato, cosicché venivano usate nuove sorgenti, più vicine a Roma ma anche meno abbondanti e meno pulite (cfr. anche Aquedotti, pagina 6).
    L'acquedotto terminava in un luogo centrale, sotto al colle Quirinale, presso un incrocio a tre vie (in latino trivium), riportato da vecchie cronache come Treio, donde l'altro nome di "acqua di Trevi" ancora in uso oggi, sebbene alcuni ne sostengano l'origine dal toponimo Trebium, antico nome della località delle prime sorgenti.
    L'acqua fuoriusciva da tre bocche individuali, ciascuna delle quali provvista di un semplice catino, senza alcuna decorazione particolare. Le testimonianze grafiche di quest'antica fontana sono assai scarse; una di esse è un medaglione dipinto da Taddeo di Bartolo (1410 c.ca), che raffigura una mappa semplificata degli antichi monumenti e rovine di Roma. In pochi riconoscerebbero questa modesta struttura come il nucleo di ciò che oggi è una delle più famose glorie cittadine, la Fontana di Trevi, descritta in una pagina successiva.

    i tre catini originali (freccia)

    la fontana dopo le modifiche di Nicolò V

    Solo alla fine del medioevo papa Nicolò V ne migliorò la forma sostituendone i tre catini con una lunga vasca rettangolare e aggiungendovi una grande iscrizione marmorea, il cui testo diceva: papa Nicolò V, dopo aver abbellito la città con insigni monumenti, nel 1453 restaurò l'Aqua Virgo dal suo antico stato di abbandono. Questo aspetto restò praticamente immutato per oltre due secoli.


    Nella periferia occidentale della città sorgeva la basilica di San Pietro. L'Aqua Traiana, che nell'antichità aveva rifornito questa parte di Roma, era stata restaurata alla fine dell'VIII secolo, ma era rimasta in funzione solo per altri 200 anni.
    Il Vaticano poteva ancora contare su una modesta fornitura di acqua, grazie ad un numero di condutture molto antiche, scavate per la prima volta all'età di papa Damaso (366-84); quest'acqua proveniva da sorgenti minori che erano state trovate da qualche parte sotto i vicini colli del Gianicolo e del Vaticano.
    Le condutture rifornivano la fontana principale del cortile di San Pietro (cfr. I parte pagina 2) e probabilmente anche due più piccole, situate non molto lontano dalla basilica. Il loro stato di manutenzione era buono grazie agli interventi che di tanto in tanto erano stati apportati, soprattutto da parte di due papi: l'anzidetto Nicolò V (1447-55) e Giulio II (1503-13).

    la forma della prima fontana
    presso San Pietro, ricostruzione
    da disegni della metà del '500

    Una delle due fontane attive sorgeva nell'ampia area davanti alla basilica, oggi piazza San Pietro; la sua elegante forma si conosce grazie ad alcuni disegni del XVI secolo che mostrano vedute del luogo.
    Consisteva in due catini rotondi di diversa dimensione, in cui l'acqua era versata dall'elemento sommitale, decorato con quattro figurine, il tutto poggiante su una base circolare con tre gradini. Stando ad antichi documenti, fu costruita attorno al 1490. Un decennio più tardi, forse fra i vari lavori per il Giubileo del 1500, papa Alessandro VI fece aggiungere al catino superiore alcune bocchette a forma di testa di toro (l'animale che campeggiava nello stemma della sua famiglia, i Borgia), ma l'aspetto della fontana rimase sostanzialmente immutato.
    l'antica basilica di San Pietro e la fontana (freccia), metà del XVI secolo

    Una ancora più antica compare presso la chiesa di Santa Maria in Trastevere in una pianta del 1472 (nella quale davanti a San Pietro non sorgeva ancora alcuna fontana). Essendo abbastanza simili nella forma, è probabile che la fontana di Trastevere abbia rappresentato una fonte d'ispirazione per quella descritta in precedenza.
    (a sin.) Santa Maria in Trastevere in una pianta del 1472 e
    (a destra) una ricostruzione ingrandita della fontana;
    presso San Pietro non c'era ancora alcuna fontana
    La chiesa di Santa Maria sorge sullo stesso lato del Tevere di San Pietro, circa 1.5 Km più a sud, pertanto la fontana era quasi sicuramente collegata alle medesime condutture antiche che raccoglievano l'acqua dalle sorgenti del Gianicolo.
    Nella pianta la sua vasca appare di forma squadrata, ma ciò potrebbe essere dipeso dalla necessità di semplificarne i tratti a causa delle dimensioni miniaturizzate dell'originale: infatti molti fonti battesimali e pozzi medievali erano ottagonali e questa stessa forma venne anche mantenuta da diverse fontane del XVI secolo. Inoltre, nelle piante disegnate nel '500 sembra avere otto lati.

    Costruita attorno alla metà del '400, c'è chi sospetta che possa aver rimpiazzato un'altra fontana ancora più antica, la cui datazione potrebbe risalire addirittura all'antica Roma. Infatti l'Aqua Alsietina, cioè l'acquedotto che l'imperatore Ottaviano aveva fatto cotruire per il suo stadio navale in Trastevere (cfr. Curiosità Romane, pagina 4), assai vicino a questa piazza, potrebbe facilmente aver alimentato anche una fontana, sebbene l'acqua che conduceva fosse non potabile.
    Ma ammesso che una fontana così antica fosse realmente esistita, sarebbe stata quasi secca: l'Aqua Alsietina aveva cessato di funzionare già verso il IV secolo, quando il livello della superficie del Lago di Martignano, da cui l'acqua veniva attinta (vedi Acquedotti, III parte pagina 3), era sceso rapidamente al di sotto dell'imboccatura dell'acquedotto. Quindi nel XV secolo una fontana a Trastevere avrebbe potuto funzionare solo con la poca acqua proveniente dalle sorgenti del Gianicolo, la cui pressione era anche piuttosto modesta.
    Per questa ragione, verso il 1500, il catino più alto fu rimosso, così da ridurre l'altezza del bocchettone. Il risultato lo vediamo nelle piante del XVI secolo (purtroppo fonti visuali più dettagliate non sono disponibili). Secondo l'illustre romanista Cesare D'Onofrio al rimanente catino furono anche applicate delle teste di lupo, con riferimento al cardinale Lopez, titolare di Santa Maria in Trastevere e della sua diocesi, il cui cognome aveva assonanza col vocabolo lupus.

    1600: la fontana senza catino superiore,
    davanti a Santa Maria in Trastevere
    (vista da dietro)

    Nel corso dei secoli successivi tanto la fontana davanti a San Pietro che quella di Trastevere furono sottoposte a modifiche. La prima esiste ancora, benché la sua forma non sia più la stessa, mentre la seconda, anch'essa rimaneggiata, fu definitivamente sostituita nel 1873. Poiché la loro evoluzione risentì della riapertura dell'Aqua Traiana, nel 1612, se ne parla ancora a pagina 12 e a pagina 13.
    L'importanza di queste antiche fontane sta nel fatto che le loro linee classiche catturarono l'attenzione degli architetti rinascimentali, fungendo da modello di ispirazione per la costruzione di numerose altre, fino al volgere dell'età barocca (XVII secolo).




    LA COSTRUZIONE E I COSTRUTTORI

    Dopo la riapertura dei primi acquedotti, avvenuta nel tardo '500, la costruzione di fontane divenne un'attività nuova e assai spesso richiesta. I proprietari di palazzi e ville, gli amministratori cittadini, i papi, chiunque potesse permettersele, ne voleva. Furono sviluppate particolari conoscenze nel campo dell'idraulica e qualche architetto divenne uno specialista nel fondere l'arte e la scienza, ottenendo risultati in cui la bellezza e l'utilità si combinavano brillantemente.
    La realizzazione di una fontana era un complesso lavoro di squadra, che coinvolgeva un certo numero di artisti ed artigiani.
    Di solito l'architetto era responsabile del risultato finale; era colui che progettava la fontana, ne stabiliva la forma e il prezzo col committente, ma teneva a mente anche la pressione dell'acqua, la sua portata, l'altitudine del luogo prescelto, la distanza dal ramo principale dell'acquedotto ed altri parametri tecnici.
    Assai spesso un altro artista disegnava ad alta risoluzione le singole statue, gruppi e rilievi previsti dal progetto (di rado era lo stesso architetto a farlo); a volte il suo livello artistico era assai elevato, come nel caso delle fontane realizzate da Giacomo Della Porta, i cui disegni preparatori portavano la firma del pittore professionista Jacopino del Conte.
    marmi e pietre usati più di frequente
    1 · travertino
    2 · marmo bianco
    3 · portasanta
    4 · bigio africano
    5 · basalto
    6 · granito
    I disegni venivano poi passati a uno o più abili scalpellini, che materialmente scolpivano le statue, i rilievi, ecc.  In qualche caso anche questa mansione veniva svolta da artisti di riguardo, come nel caso della Fontana delle Tartarughe, i cui gruppi bronzei sono dello scultore Taddeo Landini.
    Ma con pochissime eccezioni, l'unico nome a cui andava - e continua ad andare - il merito (in qualche caso il demerito) di aver realizzato la fontana è solo quello dell'architetto progettista.

    Il tipo di marmi o di altre pietre impiegate nella costruzione di una fontana dipendeva tanto dai costi quanto dalla disponibilità; se una qualità veniva giudicata troppo cara, o se un blocco adatto ad essere scolpito non si rendeva disponibile, spesso ci si accordava per usare un marmo diverso. I principali materiali usati erano il travertino (il più economico, ma anche uno dei più durevoli, quindi quello più diffusamente più usato), il costoso marmo bianco, il portasanta dal colore rossastro (proveniente dall'isola greca di Chio) e il bigio africano. Altre pietre, quali il basalto e il granito, a volte erano presenti sotto forma di statue o catini di epoca antico-romana o egiziana, rinvenuti e riciclati in vario modo durante l'arco del Rinascimento. Anche il bronzo veniva talvolta usato per statue e altri elementi aggiuntivi.
    Gran parte del marmo impiegato nella costruzione delle fontane di Roma non veniva estratto da cave, come sarebbe facile supporre; proveniva invece dalle rovine di molte strutture antiche (terme, fori, ecc.) presenti un po' ovunque nella città, che venivano smantellate per essere tagliate in blocchi, che venivano poi scolpiti nuovamente per assecondare le esigenze del nuovo progetto. Fino a tutto il XVII secolo, molti degli odierni siti archeologici più importanti furono letteralmente saccheggiati dai papi e dai loro architetti.

    GIACOMO DELLA PORTA  (1533 - 1602)
    Nato a Genova, Della Porta fu uno dei più importanti architetti e scultori del XVI secolo. A Roma lavorò in un incredibile numero di chiese e palazzi, spesso proseguendo le opere incompiute di Vignola (il suo maestro principale) e di Michelangelo e talvolta apportando modifiche ai loro progetti.
    Durante l'ultimo trentennio del '500 fu soprintendente della nuova fabbrica di San Pietro, la cui cupola portò a termine. Dopo la riapertura del primo acquedotto divenne il primo fontaniere ufficiale e certamente quello più prolifico che Roma abbia mai avuto: sono sue quattordici fontane maggiori, che costruì in piazza del Popolo, piazza Colonna, piazza Navona (due), piazza della Rotonda, piazza San Marco, Campo de' Fiori, piazza Mattei, piazza Madonna dei Monti, piazza Giudia, piazza Montanara, piazza Campitelli e due delle fontane sul Campidoglio. Anche il mascherone per il beveratore di Campo Vaccino fu scolpito da questo architetto (vedi II parte, pagina 1), così come pure una fontanella semipubblica, oggi non più esistente.
    Della Porta viene spesso accusato dalla critica moderna di essersi attenuto a canoni piuttosto monotoni, che comprendono sempre l'uso di uno o più catini superiori [1], sorretti da un balaustro decorato [2], al centro di una vasca [3], solitamente di forma geometrica complessa, poggiante su tre o quattro gradini [4], così da compensare le frequenti asperità o i dislivelli del terreno.
    Questo modulo era chiaramente ispirato alle fontane tardo-medievali descritte in precedenza e nonostante l'apporto di Della Porta alle antiche forme in termini di fantasia e tecnica, né lui né alcuno dei fontanieri della sua epoca apportarono modifiche sostanziali a questo schema, finché Pietro e Gianlorenzo Bernini con le loro creazioni ruppero le convenzioni secolari, facendo segnare l'inizio dell'età barocca.

    schema tipico delle fontane dellaportiane


    DOMENICO E GIOVANNI FONTANA   (1543-1607 e 1540-1614)
    Domenico fu il più celebre esponente di un'intera famiglia di architetti del Canton Ticino. Ancora giovane, venne a Roma per lavorare nella villa del cardinale Peretti (che sarebbe poi diventato papa Sisto V). Più tardi si occupò della lanterna e della navata centrale di San Pietro, prendendo il posto di Della Porta come soprintendente, assieme a C.Maderno.

    l'opera di D. Fontana non più esistente
    Assecondando i molti progetti urbanistici di Sisto V, D.Fontana aprì nuove strade principali che attraversavano in linea retta i vecchi quartieri; trasferì anche quattro antichi obelischi ad altrettante nuove sedi di collocazione ed edificò il nuovo Palazzo del Laterano.
    L'unica fontana ancora esistente che fu interamente progettata da questo architetto è quella del Mosè, mostra dell'Acqua Felice.

    Invece il fratello maggiore di Fontana, Giovanni, curò la supervisione dell'acquedotto dell'Acqua Felice e partecipò con Flaminio Ponzio alla realizzazione dell'enorme fontana dell'Acqua Paola, sul colle Gianicolo. Cooperò anche con Vasanzio per la fontana di Ponte Sisto. Un'opera più piccola ma piuttosto elaborata, interamente di G.Fontana (qui a sinistra), sempre sul Gianicolo, fu rimossa nel XIX secolo, avendo forse subito pesanti danni nel corso di una battaglia.

    Altri membri della famiglia che lavorarono a Roma furono Carlo (nipote di Domenico, 1638-1714), Francesco (figlio di Carlo, 1668-1708) e Mauro (figlio di Francesco, 1701-67). Carlo aggiunse la vasca alla fontana dell'Acqua Paola e operò qualche modifica a quella antica davanti a Santa Maria in Trastevere; egli è anche spesso citato per la seconda fontana in piazza San Pietro, sebbene ciò sia oggetto di una controversia, in quanto alcuni eminenti studiosi sostengono essere Bernini il vero autore.

    GIOVANNI VASANZIO  (JAN VAN SANTEN, o VAN ZANTEN   1550 - 1621)
    Un architetto, intagliatore e incisore olandese di Utrecht, il cui nome fu italianizzato quando giunse a Roma. Qui studiò con Flaminio Ponzio, col quale in seguito collaborò. Sebbene all'inizio del '600 Paolo V lo volle come "fontaniere", cioè come supervisore ufficiale della costruzione delle fontane romane, viene ricordato principalmente per quella di grandi dimensioni presso Ponte Sisto e per averne disegnate alcune altre minori per il Vaticano.

    CARLO MADERNO   (1556 - 1629)
    Un'altro membro del clan dei Fontana: infatti era il nipote di Domenico. Maderno cominciò la sua carriera come scalpellino. Quando lo zio lo chiamò a Roma, egli si distinse nella costruzione della chiesa di Santa Susanna. In seguito, ricevuto l'incarico dei lavori in San Pietro assieme a Domenico Fontana, realizzò l'enorme facciata della basilica.
    Prese anche parte ai lavori di costruzione di diversi palazzi di Roma, fra i quali quello del Quirinale e il famoso "cembalo" dei Borghese (vedi I Rioni, Campo Marzio).
    Inoltre a lui va il merito di aver realizzato la prima delle due fontane di piazza San Pietro, riconvertendo quella tardo-medievale di cui questa pagina si è occupata in precedenza. È di Maderno anche la fontana situata davanti alla basilica di Santa Maria Maggiore e quella per piazza Scossacavalli (poi trasferita in fondo a corso Rinascimento dopo la scomparsa della piazza).
    È degno di nota che anche uno dei nipoti di Carlo Maderno divenne un famoso architetto a Roma, benché realizzò solo una fontanella murale in Vaticano: Francesco Castelli, il cui cognome in seguito mutò in Borromini (1599-1667).

    il catino della fontana davanti a Santa Maria Maggiore

    GIROLAMO
    RAINALDI   (1570 - 1655)
    Un'altra dinastia di architetti fu la famiglia Rainaldi. Dopo gli insegnamenti ricevuti da suo padre Adriano, Girolamo venne a Roma, dove ebbe modo di incontrare tanto Domenico Fontana che Giacomo Della Porta; la loro influenza fu tale che i moduli architettonici di Rainaldi rimasero sempre tardo-rinascimentali, nonostante al volgere del XVII secolo l'arte romana fosse già entrata nell'età del barocco.
    Il suo edificio più famoso è Palazzo Pamphilj, ma fra le altre opere si segnala anche la curiosa voliera per la Villa Borghese. Le sue sole fontane sono la coppia di vasche antiche davanti a Palazzo Farnese.
    Suo figlio Carlo (1611-1691) inizialmente cooperò con Girolamo nella realizzazione del Palazzo Nuovo sul Campidoglio, poi lavorò da solo alla facciata di Sant'Andrea della Valle, progettò le chiese gemelle di piazza del Popolo, ma non costruì alcuna fontana.

    GIANLORENZO BERNINI   (1598 - 1680)
    Architetto, scultore, pittore, sceneggiatore e scenografo, il vero maestro del barocco romano. Il suo insegnante fu il padre Pietro (1562-1629), autore della fontana della Barcaccia.
    Dopo i primi lavori per il cardinale Borghese, divenne l'artista preferito da Urbano VIII fra i molti attivi in Roma; per questo papa Bernini costruì il famoso baldacchino in San Pietro. Ma nella sua lunga vita artistica attraversò il pontificato di ben altri cinque papi, distinguendosi soprattutto in opere di scultura e di architettura.
    Come fontaniere, lo si ricorda per capolavori quali il Tritone di piazza Barberini e la grande Fontana dei Fiumi di piazza Navona, dove ingrandì anche un'opera preesistente di Della Porta. Alcuni lo ritengono autore della seconda fontana di piazza San Pietro, ma su ciò le opinioni sono discordanti.

    ← il tritone che dà il nome alla fontana omonima

    NICOLA (o NICCOLÒ) SALVI   (1697 - 1751)
    Allievo dell'architetto Antonio Canevari, sarebbe rimasto un personaggio sconosciuto se il suo unico capolavoro non fosse diventato addirittura uno dei simboli di Roma: la Fontana di Trevi. Tanto basta perché il suo nome figuri nell'albo doro dei fontanieri famosi.


    altre pagine nella III parte (indice cliccabile)
    1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
    12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22
    il cavallo irrequieto della Fontana di Trevi



    I PARTE
    FONTANE ANTICHE

    II PARTE
    FONTANELLE