III parte - il lato meridionale

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La strada continua gradualmente a salire fino a un incrocio, dove raggiunge Porta Latina [rif. pianta 3].
La forma attuale di questa piccola porta è il risultato delle modifiche apportatevi dall'imperatore Onorio agli inizi del V secolo, con un rivestimento di pietra bianca a proteggere la più fragile struttura di laterizio. La torre di sinistra però venne ricostruita nel XII secolo (uno sguardo più attento ne rivela la differenza di trama dei mattoni).
Sul lato esterno, la chiave di volta del fornice è decorata con il monogramma cristiano Chi-Ro,  ☧ (cioè una "P" che incrocia una "X", dalle prime lettere del nome Cristo in greco) inciso rozzamente nella pietra; una decorazione simile a questa si trova sul lato opposto della porta, parzialmente coperta da rami d'albero e vegetazione spontanea, e raffigura una stella a sei punte, anche questo un antico simbolo cristiano. L'imperatore Onorio, che era un fervente religioso, fece incidere i due simboli sulla porta a protezione della stessa.

Porta Latina: si noti la cortina in pietra bianca,
applicata nel V secolo come protezione aggiuntiva

il Chi-Ro sulla chiave di volta
Nonostante le sue dimensioni ridotte, la porta sorgeva all'origine di un'importante strada, via Latina, che correva verso sud-est per raggiungere Labici (vedi la ANTICHI DINTORNI DI ROMA); lì si congiungeva con via Labicana (o Casilina), che lasciava Roma da Porta Maggiore (cfr. parte II pagina 2) e proseguiva verso Casilinum, non lontano da Napoli.
Il nome di via Latina, e più in generale l'aggettivo "latino", derivano dall'area geografica chiamata Lazio verso la quale conduceva questa strada. Il nome Lazio, che ora indica l'estesa regione dell'Italia centrale, in origine si riferiva solo alla pianura compresa fra i Colli Albani e la costa tirrenica, a sud di Roma.

Volendo si può brevemente visitare l'antica chiesa situata pochi metri all'interno delle mura, San Giovanni a Porta Latina, che conserva degli interessanti affreschi del XII secolo.

l'oratorio di San Giovanni in Oleo
Appena varcata la porta noterete anche un minuscolo tempietto ottagonale che sorge lungo la strada: questo è il luogo dove, secondo la tradizione popolare, San Giovanni era stato messo a morte per immersione nell'olio bollente ma dove aveva superato indenne il supplizio (donde il nome di oratorio di San Giovanni in Oleo). L'attuale struttura risale al primo Rinascimento ed è opera di Donato Bramante; ulteriori aggiunte barocche, circa 150 anni dopo, gli furono apportate da Francesco Borromini.
affreschi di San Giovanni a Porta Latina: Adamo ed Eva

L'itinerario verso la porta successiva passa a fianco di alcuni torrioni più spessi, alcuni dei quali grossolanamente ricostruiti nel medioevo. Assai presto il muro curva a destra: le costruzioni del quartiere Appio-Latino si arrestano bruscamente, e il panorama urbano diviene quasi campagna.

Circa 200 metri più avanti il muro giunge alla porta più meridionale dell'antica Roma, una delle più importanti, e anche una delle più belle: Porta San Sebastiano [rif. pianta 4].

Porta San Sebastiano
Chiamata in origine Porta Appia, il nome mutò verosimilmente nel medioevo, assumendo quello delle celebri catacombe dedicate a San Sebastiano, a circa 2 Km. da qui.
La porta sorge lungo la famosa via Appia, un'importante strada romana ancora oggi in uso. I suoi primi 7 km.  sono accessibili alle automobili, e qualche traccia del lastricato originale si vede ancora lungo il percorso; poi, il traffico in uscita viene deviato verso via Appia Nuova, proveniente da Porta San Giovanni (descritta in precedenza), mentre i pochi altri resti della strada originale romana si perdono un po' alla volta nella campagna suburbana.

La struttura di Porta San Sebastiano non è molto differente dalla piccola Porta Latina, ma il suo aspetto complessivo è di certo più imponente. Anche in questo caso la porta romana subì alcune modifiche ad opera di Onorio, nel V secolo, tra cui la riduzione dei due fornici originali ad uno solo, probabilmente per motivi di sicurezza.

Come prima cosa è consigliabile allontanarsi dalla porta per qualche decina di metri lungo via Appia, per cogliere al meglio l'aspetto generale di questo complesso, come sarebbe apparso ai viandanti o ai mercanti che raggiungevano Roma da sud: un colpo d'occhio davvero notevole, anche considerando il fatto che sorge in cima ad un tratto di strada leggermente in salita.
Quindi, tornati ai piedi della porta, si guardi con attenzione la cortina di pietra bianca, la cui parte inferiore, però, è di marmo.
Elementi curiosi, spesso trascurati, sono numerosi "bozzi" tondeggianti in rilievo, che sporgono dalla cortina alla base delle due torri: variabili per dimensione, sembrano sparsi a casaccio. Si tratta di decorazioni apotropaiche, aventi cioè un ruolo scaramantico contro le avversità. Anche la precedente Porta Latina ne ha di simili, ma quelli di Porta San Sebastiano sono molto più evidenti.
Più in basso, ad altezza d'uomo, si notano anche diversi nomi incisi dai passanti nei secoli scorsi, alcuni dei quali con la data, o con simboli cristiani, o con indicazioni, come quelli mostrati qui in basso.
"di qua si và a S[an] Gio[vanni]" dice l'iscrizione a destra,
lasciata da un tale Angelo Bordoni, che sbagliò a scrivere il suo stesso nome

rilievi tondeggianti sotto le torri


l'arcangelo inciso sotto Porta San Sebastiano
L'elemento di maggior interesse di questa porta, però, lo si può vedere sotto l'arco, sul pilastro di sinistra (quello occidentale), appena oltre il solco dove scorreva il portone a saliscendi che una volta chiudeva l'accesso: un'incisione che raffigura un arcangelo nell'atto di uccidere un drago con la lancia, mentre regge un globo nell'altra mano, e un'iscrizione in latino datata 1327. Il testo, tradotto a destra, commemora una battaglia che qui ebbe luogo, fra Roberto re di Napoli e un'armata locale composta in gran parte da gente del popolo.
Le truppe del re, menzionate semplicemente come "forestieri", appartenevano ai Guelfi, partito simpatizzante del papa, mentre i locali, che vinsero lo scontro, erano Ghibellini, la fazione dalla parte dell'imperatore.
NELL'ANNO 1327, 11A INDIZIONE, IL PENULTIMO GIORNO DEL MESE DI SETTEMBRE, FESTA DI SAN MICHELE, ENTRÒ IN CITTÀ GENTE FORESTIERA, E FU SCONFITTA DAL POPOLO ROMANO, QUI STANTE IACOBO DE' PONZIANI, CAPORIONE

All'interno della porta, sulla sinistra, si trova il piccolo Museo delle Mura Aureliane, aperto giornalmente (tranne il lunedì) dalle 9 alle 19, o alle 1:30 di domenica e nelle altre festività. Un certo numero di reperti illustrano la storia del muro, ed è anche possibile camminarne un tratto, fino alla successiva Porta Ardeatina (descritta a pagina 3): al momento, questa è l'unica parte del camminamento romano che è possibile visitare.


Appena dietro Porta San Sebastiano, davanti al museo, si trovano i resti di un antico arco [rif. pianta A], chiamato col nome del tribuno Marco Livio Druso (tardo II secolo aC), ma che in realtà fu costruito nel III secolo dC; apparteneva ad un ramo dell'Acqua Marcia non più esistente, l'Acqua Antoniniana, che si staccava dall'acquedotto principale al III miglio della via Latina, e costeggiando la parte meridionale della città si dirigeva ad occidente, puntando verso le Terme di Caracalla, situate circa 800 metri ad ovest di Porta San Sebastiano. L'unico altro frammento visibile di questo ramo si trova anella vicina piazza Galeria (vedere la pianta del giro).

l'Arco di Druso

Prima che fossero costruite le mura aureliane, la via che passa sotto l'Arco di Druso, ora chiamata via di Porta San Sebastiano, era il primo tratto della via Appia; quest'ultima aveva origine da Porta Capena, l'accesso più meridionale delle antiche mura serviane, situata a circa 800 metri più a nord (vedi anche le mura serviane la pianta di riferimento delle antiche strade romane): ciò rende un'idea di quanto, verso il 270 dC quando Aureliano ricostruì la cinta muraria, l'area urbana di Roma si fosse notevolmente allargata.