III parte - il lato meridionale

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Lasciando Porta San Sebastiano, la strada cambia nome in viale di Porta Ardeatina, e si dirige verso un largo incrocio con viale Cristoforo Colombo, quasi un'autostrada urbana diretta verso il quartiere più meridionale di Roma, l'EUR, e poi verso la costa.

i moderni fornici (a sinistra) e la piccola Porta Ardeatina
Questo segmento nell'aprile 2001 ha subito un crollo dovuto alle infiltrazioni di acqua lungo la rete di sottili spazi scavati fra i mattoni dalle radici della vegetazione spontanea; è stato completamente restaurato e messo in sicurezza.

Appena prima di raggiungere l'ampio e trafficato slargo, si noterà che il terrapieno alla base del muro, fattosi più scosceso, sale verso una semplice apertura rettangolare: questa è la Porta Ardeatina originale [rif. pianta 5], una posterula, ora non più in uso da quando nel XX secolo a causa del crescente traffico furono aperti diversi fornici ben più ampi presso l'incrocio. La porta, che prende il nome dalla direzione della strada, verso Ardea (oggi un quartiere periferico), si può raggiungere più facilmente dal lato interno, semplicemente girando alle spalle del primo fornice moderno.

Sull'altro lato della strada (fate attenzione, qui le automobili corrono veloci!), viale di Porta Ardeatina ben presto raggiunge un bastione lunghissimo [rif. pianta 6], che misura oltre 200 metri, realizzato da Antonio Sangallo il Giovane nella prima metà del XVI secolo.
← il bastione di Sangallo
(evidenziato in giallo) in
una pianta del XVII secolo



veduta attuale del bastione →
Questo era uno dei molti bastioni che avrebbero dovuto essere aggiunti alle mura della città, un progetto ambizioso voluto da papa Paolo III, qualche anno dopo il sacco di Roma ad opera delle truppe mercenarie di Carlo V (1527), che tuttavia fallì per mancanza di fondi.
Un altro bastione ad opera di Sangallo, architetto specializzato in strutture militari, è quello che protegge Porta Santo Spirito, non lontano dal Vaticano (vedi illustrazione), anch'essa opera dello stesso architetto, menzionata nel giro delle mura dei papi, II parte).
Per la costruzione di questo bastione Sangallo dovette demolire le rovine delle mura più antiche: in effetti, questa è l'unica porzione della cinta aureliana ad essere stata completamente ricostruita.

presso una torre romana (la cui base fu rinforzata in seguito) il muro
cinquecentesco (a destra) si unisce a quello più antico, di struttura diversa
Si nota chiaramente come, a differenza del muro romano, questo ha una struttura inclinata, così come hanno anche le mura dei papi, sul lato occidentale del Tevere (cfr. anche la pagina di INTRODUZIONE). Altri tipici elementi che differiscono dal muro di Aureliano sono il cordolo bianco che corre lungo la parte superiore del muro e degli ampi finestroni dai quali venivano sparati i cannoni.
schema dei due tipi di muro
visti in sezione
Presso l'aguzzo sprone del bastione è un voluminoso e bellissimo stemma di papa Paolo III, che reca i sei gigli della famiglia Farnese.
Verso la fine del bastione, dove il muro cinquecentesco lascia di nuovo posto a quello romano, si apprezza chiaramente il contrasto tra le due differenti strutture.
(↑ in alto) la trama eterogenea del muro

(↓ in basso) tratto in opus vittatum; la parte
superiore è stata ricostruita in epoca più tarda
Poi per un tratto abbastanza lungo la trama in laterizio del muro antico è fortemente discontinua, alternandosi a parti ricostruite in modo irregolare, oppure in calcestruzzo (cioè pietre e malta) o addirittura con pietroni squadrati di grossa dimensione: questa eterogeneità testimonia che in passato il muro subì frequenti crolli e/o danneggiamenti da parte degli assalitori, richiedendo così opere di restauro condotte secondo tecniche diverse a seconda dell'epoca. Nella maggior parte dei casi, le trame più grossolane corrispondono ad interventi condotti in epoca medievale. Due dei pontefici il cui patrocinio ai suddetti lavori è testimoniato dai loro stemmi alla sommità del muro sono Niccolò V (1447-55) e Clemente VII (1523-34); quest'ultimo era un esponente della famiglia fiorentina dei Medici.
stemma di Paolo III
All'incrocio con via Guerrieri, due moderni fornici aperti nel XX secolo mettono in comunicazione il traffico sugli opposti lati del muro.
All'incirca da questo punto in poi, nella parte bassa della struttura si può osservare una tipica tecnica edilizia romana detta opus vittatum o anche opus listatum, consistente in fasce orizzontali di laterizio, dello spessore di circa quattro o cinque mattoni, alternate a tratti realizzati con blocchi di tufo, a volte piccoli e regolari disposti in filari diagonali, altre volte (come in questo caso) di dimensioni più irregolari e disposti orizzontalmente.

Subito oltre il doppio fornice il muro forma un angolo retto, per poi curvare gradualmente verso destra: qui è stata realizzata una scaletta per consentire ai pedoni di scavalcare il muro e raggiungere il lato interno (via Giotto), che si trova ad un livello ben più alto di quello seguito dal versante esterno. Se lo si desidera, seguendo a ritroso questa strada per circa 350 metri fino all'incrocio con viale Guido Baccelli si può godere della veduta sulle grandiose rovine delle vicine Terme di Caracalla.

Dopo la curva la strada comincia a scendere, e quasi subito appare in lontananza l'enorme sagoma bianca di una piramide. Il filare di alberi che corre alla base del muro rende questo tratto di strada piuttosto gradevole.
In fondo alla discesa si apre una piazza vastissima, al centro della quale sorge l'ultimo degli accessi principali alla città, Porta San Paolo [rif. pianta 7], accanto alla suddetta Piramide Cestia [rif. pianta 8].
Porta San Paolo, come le precedenti, fu modificata da Onorio, che ne ridusse il numero di fornici dai due primitivi all'unico attualmente presente. Il lato interno ha ancora l'aspetto originale di età romana. Una piccola immagine recante la scritta "San Pietro prega per noi" fu aggiunta in epoca medievale. La porta ora sorge isolata: il muro, danneggiato da un bombardamento nel marzo 1944 e non più ricostruito per ragioni di traffico, riprende sul lato opposto della vicina piramide.

la Piramide di Caio Cestio e Porta San Paolo: il muro che le univa fino al 1944
fu danneggiato da un bombardamento e mai più ricostruito

Quest'ultima costruzione, uno dei più monumenti più insoliti di Roma, è l'enorme tomba del tribuno Caio (Gaio) Cestio Epulone, membro dei Septemviri Epulones (comitato di sette funzionari incaricati di organizzare i banchetti sacri, da cui il terzo nome del tribuno), morto nel 12 aC. Il monumento fu costruito in 330 giorni, come si legge nell'iscrizione latina sul lato meridionale.

dettaglio del muro di Aureliano
che si congiunge alla Piramide
Nella piccola cella interna, chiusa al pubblico, sono sopravvissute solo alcune tracce degli affreschi originali.

A causa del moderno piano stradale, più alto di quello antico, la piramide ora sembra meno alta e maestosa di quanto non apparisse ai suoi tempi.
Questa non era l'unica piramide in città: le cronache antiche ne menzionano una simile, che sorgeva tra il Circo di Nerone (l'attuale Vaticano) e il Mausoleo di Adriano (ora Castel Sant'Angelo), dove più tardi sarebbe nato il quartiere di Borgo; le fonti antiche la chiamavano Meta Romuli (di cui si parla in C'era una volta a Roma...), ma di questa piramide non è più rimasta traccia.

la Meta Romuli (da una pianta
di Roma antica del 1561)

Come fu anche per l'Anfiteatro Castrense (descritto nella seconda parte del giro), la tomba di Caio Cestio è una di quelle grandi costruzioni che gli architetti di Aureliano trovarono lungo la loro strada nella progettazione del muro e che, essendo sufficientemente robuste, vennero incorporate nella struttura difensiva, come si vede nella foto in alto a sinistra; questo forse le aiutò a sopravvivere meglio di vari altri monumenti nei dintorni, completamente scomparsi, alcuni dei quali finirono distrutti, altri demoliti.

L'area verde alla base della piramide accoglie una delle numerose colonie di gatti randagi presenti in città.

Invece alle spalle della piramide, in una cornice estremamente suggestiva, si estende il cimitero acattolico di Roma, celebre per la varietà dei monumenti funebri, alcuni dei quali sono vere e proprie opere d'arte, dove sono sepolte anche alcune personalità, tra cui i poeti inglesi Percy Bysshe Shelley e John Keats. Il luogo è aperto al pubblico dalle 9 alle 18 (17 in inverno) tranne il lunedì.


↑ uno scorcio del cimitero acattolico, sul lato interno delle mura
e alcune torri dal lato esterno →

Il giro potrebbe terminare su piazzale Ostiense: dalla fermata "Piramide" sul lato opposto della piazza, presso la stazione ferroviaria Ostiense, la metropolitana (linea B) torna verso il centro della città.
Ma per coloro che vogliano seguire la cinta di Aureliano fino all'ultimissimo tratto, ci sono ancora 300 metri da fare. Il muro oltre la piramide ora appare assai pulito, essendo stato da poco accuratamente restaurato. Lo stemma di Niccolò V (1447-55), che si vede alla sommità delle torri, ci ricorda che una simile opera era stata commissionata dal pontefice anche 500 anni fa. Questa è una delle parti meglio conservate, con torri rettangolari a distanza regolare, che offrono una veduta molto caratteristica.

il Cimitero Militare Britannico
Si giunge in breve ad un incrocio dove sono stati aperti dei fornici moderni. Sulla parte interna il camminamento di ronda diventa ancora una volta chiaramente visibile. Qui il muro circoscrive un altro luogo di sepoltura, il Cimitero Militare Britannico dove riposano i caduti delle truppe alleate.

Si noti come anche in questo tratto delle grosse pietre squadrate di tufo, databili al tardo medioevo, sono state usate per integrare il muro di laterizio, verosimilmente crollato: la differenza di struttura è evidentissima, e curiosamente ricorda l'opus quadratum delle mura repubblicane, con l'unica differenza che quello romano antico era costruito a secco, cioè le pietre non erano legate tra di loro con la malta.


Appena qualche metro dopo, il muro entra nel terreno della ferrovia, e non può più essere seguito. L'ultimissimo tratto ne è stato demolito per consentire il passaggio dei treni, ma una volta correva fino alla vicina riva del fiume. Infatti in epoca romana una pesante catena veniva sospesa attraverso il Tevere, da questo lato a quello occidentale, dove il muro si inerpicava lungo il colle Gianicolo. La catena aveva la funzione di porta: tenuta abbassata durante il giorno, veniva sollevata al tramonto, così da impedire l'ingresso a Roma per via fluviale alle navi indesiderate, nelle ore in cui il passaggio rimaneva incustodito.

l'integrazione del muro originale in laterizio

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se il giro delle Mura Aureliane vi è piaciuto, non perdetevi le mura dei papi!