I parte - il lato settentrionale

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Nel tornare dai giardini del Pincio, si attraversa nuovamente il cavalcavia e, appena la ringhiera metallica a destra lo consente, si lascia il viale asfaltato in direzione del galoppatoio di Villa Borghese, seguendone il percorso per circa metà del giro, fino ad arrivare ad una sbarra che impedisce l'ingresso ai veicoli ma che i pedoni possono facilmente aggirare.
Intanto per circa 250 metri le mura aureliane rimangono parzialmente coperte alla vista a causa delle siepi e degli alberi che crescono alla base. Lungo questo breve tratto circondano il lato orientale di Villa Medici, sede romana dell'Accademia di Francia (di cui si parla anche in Curiosità romane a pagina 14 e in Roma leggendaria a pagina 3).
Appena superata la sbarra si vede un segnale con una "M" bianca su fondo rosso: è uno dei numerosi accessi alla stazione Spagna della metropolitana (linea A). Per evitare di cimentarvi in un pericoloso e difficile attraversamento stradale, servitevi del sottopassaggio della stazione, girando subito a destra dopo le scale, poi prendendo la prima uscita a sinistra (come indicato nel riquadro rosso della piantina): in cima alle scale vi troverete sull'altro lato di via del Muro Torto, a breve distanza dal muro.
Notate le torri sporgenti a base quadrata, che scandiscono molti tratti delle mura aureliane; venivano costruite a distanza ravvicinata una dall'altra, in modo che chiunque avesse attaccato la città sarebbe stato sempre entro il raggio d'azione di una di queste postazioni.

una delle torri lungo il muro

La strada continua a salire dolcemente per altri 200 metri prima di raggiungere Porta Pinciana, chiusa fra due grosse torri rotonde.

Porta Pinciana ha la tipica forma di una porta del V secolo
All'inizio del V secolo, quando Roma cominciò a subire attacchi ad opera delle popolazioni barbariche, a copertura di questa, come pure di varie altre porte, fu collocato un rivestimento di pietra bianca, il cui scopo era di irrobustire il vecchio muro in laterizio. Davanti al fornice originale fu inserita una porta a saracinesca, azionata da una camera situata più in alto, i cui binari erano scavati su entrambi i lati nello spessore del rivestimento: presso Porta Pinciana sono ancora facilmente riconoscibili.

Traversando la porta ci si sposta sul versante interno, dove una serie di fornici e di finestre corrono lungo il muro al di sopra della porta: questo è un camminamento grazie al quale i soldati di vedetta potevano spostarsi da una torre all'altra. Il passaggio non è aperto al pubblico.


Qui ha inizio via Veneto, divenuta famosa in tutto il mondo grazie al film di Federico Fellini La Dolce Vita, attorno alla quale tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '60 gravitava fino a tarda notte il jet set italiano ed internazionale.

(↓ in basso) il camminamento sal lato interno di Porta Pinciana
lungo il tratto successivo delle mura (a destra →)

Dal 1620 circa fino alla seconda metà dell'Ottocento, gran parte del territorio di questo quartiere appartenne alla nobile famiglia Ludovisi (poi Boncompagni-Ludovisi): la loro villa si estendeva per 30 ettari. Lungo i viali dei suoi pittoreschi giardini, dichiarati da Standhal come tra i più belli del mondo, si allineavano centinaia di statue antiche e rilievi, tra cui opere di grande pregio artistico. La parte orientale della tenuta infatti si estendeva in parte sull'area un tempo occupata dagli Orti Sallustiani (descritti a pagina 3): nel corso della sistemazione della villa erano riaffiorate da questo antico sito diverse opere marmoree.

Oltre all'edificio padronale, nella parte più occidentale della proprietà sorgeva il Casino dell'Aurora, così detto da un famoso affresco di Guercino (1621) che raffigura la dea dell'alba su un carro volante; l'edificio era stato costruito soprattutto per custodire le numerose sculture antiche della collezione Ludovisi.
Villa Boncompagni-Ludovisi (evidenziata in giallo) in una pianta del 1748; le mura urbane sono mostrate in blu

Dopo essere andata in affitto al re Vittorio Emanuele II dal 1870 al 1883 - divenne infatti la residenza romana di Rosa Vercellana, la donna che fu sua amante per più di venti anni e che nel 1869 infine sposò, senza tuttavia l'attribuzione del titolo di regina - membri della famiglia Boncompagni-Ludovisi cedettero la proprietà ad una società immobiliare e l'intera villa fu smantellata per dare avvio alla costruzione di un nuovo quartiere residenziale, a cui fu dato il nome dei primitivi proprietari, Ludovisi. Anche nel corso di questi lavori di smantellamento affiorarono nuovi reperti importanti, tra cui il celebre Trono del V secolo aC che porta il nome della famiglia.

il Trono Ludovisi, rinvenuto nel 1887 (Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps) →

Rimase in piedi solo il Casino dell'Aurora (qui in basso), la cui posizione attuale è in via Lombardia; purtroppo non è visitabile. Invece la collezione di statue fu trasferita al Museo Nazionale Romano, dove si trova tutt'ora nella sezione di Palazzo Altemps.
Si può evitare l'intenso traffico su corso d'Italia seguendo la tranquilla via Campania, sul lato interno del muro.

il Casino dell'Aurora (↑) e il busto di Belisario (→)
sono tra le pochissime vestigia della scomparsa Villa Ludovisi
Qui si può ancora vedere il camminamento ed inoltre si incontrano lungo la via anche le scarse testimonianze superstiti di Villa Ludovisi: all'altezza di via Marche una nicchia ovale ospita un enorme busto marmoreo, detto di Belisario, famoso generale bizantino del VI secolo (ma forse raffigura l'imperatore greco Alessandro Magno).

Poco più avanti, di fronte all'incrocio con via Abbruzzi una fontanella riporta l'iscrizione Fons Ludovisia.


Appena raggiunto l'incrocio con via Romagna (che si riconosce facilmente dalla presenza di un edificio moderno proprio all'angolo), si passi nuovamente sul versante esterno, dove il muro conserva una curiosa testimonianza dell'aspra battaglia combattuta nel 1870 dalle armate italiane che assediavano Roma, ancora retta dal governo pontificio. Attraversando l'ampia arteria stradale, verso il centro della seconda torre noterete facilmente una lesione nella trama di mattoni [rif. pianta d] prodotta da una cannonata. Osservatela con attenzione: al centro la palla di cannone che l'ha prodotta si trova ancora lì, saldamente incastrata nel muro!
Torniamo su via Campania, e quando la trada giunge al termine, presso via Lucania, giriamo nuovamente all'esterno, finché si incontra l'ampia piazza Fiume, dove il muro ora si interrompe [rif. pianta 3]: qui un tempo sorgeva un terzo accesso alla città, Porta Salaria.

la palla di cannone incastrata nel muro
Gravemente danneggiata nella battaglia del 1870, il suo rudere fu rimosso, e nel 1873 Virginio Vespignani ne costruì una nuova. Anche questa era a fornice unico, ma sul lato interno aveva una galleria i cui fornici erano tre.
Nel nuovo secolo la porta divenne un ostacolo per il crescente flusso veicolare; alla fine, nel 1921 anche la nuova porta fu rimossa, lasciando lo spazio aperto.

Porta Salaria in un'incisione del XVIII secolo

la nuova Porta Salaria di Vespignani attorno al 1900 →


Ora Porta Salaria è ricordata da una grossa lapide, che ben pochi notano perché apposta a terra, nel bel mezzo della trafficatissima carreggiata. Da qui passava la via Salaria, importante via consolare che conduceva verso la Sabina, a nord-est (vedi la mappa degli antichi dintorni di Roma).

Per mezzo della via Salaria i Romani praticavano il commercio del sale con le popolazioni locali; da ciò deriva il nome della strada consolare. Ancora oggi si chiama così e segue la traiettoria originale.

Nel punto dove il muro riprende si nota una vecchia casa addossata contro il suo lato interno, tra via Piave e via Sulpicio Massimo [rif. pianta e]; negli ultimi secoli fu utilizzata dai soldati di guardia alla porta. Nell'Ottocento fu decorata con affreschi in stile medievale.
Nel piccolo giardino antistante, ora chiuso da una ringhiera metallica, si trovava la tomba di Quinto Sulpicio Massimo, un ragazzo romano vissuto nel tardo I secolo dC, così dotato al punto di risultare vincitore in una gara di poesia nonostante la giovane età, ma che poco dopo morì a soli 11 anni.
Sulla pietra tombale in marmo bianco, un tempo incorporata nella porta scomparsa e ora poggiata in alto su alcune rovine, è incisa la sua composizione vittoriosa.

Sempre in questo punto, ma sul lato esterno del muro, quasi alla sommità, si vede un piccolo sporto di forma cilindrica, sorretto da due mensole [rif. pianta f]. Questo era un necessarium, cioè un... gabinetto per i soldati di guardia! Una volta lungo il muro ne esistevano molti simili, ma questo è l'ultimo rimasto.


← monumento funebre di Quinto Sulpicio Massimo

il necessarium; si notino anche qui
i danni lasciati dall'artiglieria nel 1870