I parte - il lato settentrionale

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Il punto di inizio del giro è piazzale Flaminio, facilmente raggiungibile da qualsiasi parte si provenga: è sede di una stazione della metropolitana (linea A), numerose fermate di autobus, il capolinea della linea tranviaria n°2 e perfino il capolinea della ferrovia Roma Nord (Roma-Civitacastellana-Viterbo).

Sul lato meridionale della piazza sorge la possente Porta del Popolo [rif. pianta 1], il varco più settentrionale delle mura Aureliane, lungo l'antica via Flaminia: questa strada, che Caio Flaminio fece costruire nel III secolo aC, correva dritta dal Campidoglio per raggiungere i territori interni più settentrionali, fino ad Ariminum (oggi Rimini) sulla costa adriatica, ad oltre 300 km di distanza. Inoltre un'altra via consolare diretta verso nord, la Cassia, origina dalla Flaminia a qualche chilometro di distanza da questo punto: pertanto in passato un viaggiatore diretto a Roma da qualsiasi località situata a settentrione sarebbe entrato in città attraversando questa porta.

(a sin.) il lato esterno di Porta del Popolo com'è oggi e (a destra) la primitiva conformazione
a fornice unico e con torri laterali che ebbe fino al 1879, in un'incisione di Giuseppe Vasi della metà XVIII secolo

Le strade summenzionate sono attualmente ancora in uso ed hanno mantenuto i loro nomi originali. Invece la porta, che inizialmente si chiamava Flaminia, nel mediovo prese ad essere chiamata Porta del Popolo e le origini di tale nome sono tutt'ora dibattute.
Secondo una prima teoria, in quest'area una volta crescevano dei pioppi (in latino populi), mentre l'altra teoria vuole che il nome derivasse dalla chiesa che sorge accanto al lato interno della porta. Qui nel 1099 papa Pasquale II aveva fatto costruire una cappella il cui scopo era quello di scacciare il fantasma di Nerone che, secondo una leggenda, infestava i dintorni di questo luogo (cfr. anche Roma leggendaria, pagina 8). Era intitolata a Santa Maria del Popolo, in quanto le spese per la sua realizzazione erano state pagate dall'amministrazione civica ovvero, in altri termini, col denaro del popolo di Roma. La cappella fu poi ingrandita nel Duecento, divenendo una chiesa, e nella seconda metà del Quattrocento fu ricostruita nelle sue forme attuali. Altri dettagli si trovano nella sezione I rioni.

Sempre in epoca medievale, un altro nome che gli fu dato è Porta di San Valentino perché circa 1 km più a nord la via Flaminia raggiunge le catacombe dove il famoso santo fu sepolto.

Fino alla metà del Cinquecento la forma della porta rimase la stessa che aveva in età romana: un semplice fornice costruito in laterizio, più basso di quello attuale, fiancheggiato da due torrioni semicircolari; il suo lato esterno era coperto da una spessa cortina di pietra bianca, una modifica che attorno all'anno 400 l'imperatore Onorio aveva fatto apportare a tutti i principali accessi alla città.
Il livello del terreno, tuttavia, col passare del tempo si era notevolmente innalzato, cosicché nel XVI secolo la porta appariva in parte interrata.
San Pietro e San Paolo, scolpiti da Francesco Mochi (1630 c.ca)


il lato interno di Porta del Popolo
Tra il 1562 e il 1565, papa Pio IV la fece completamente ricostruire secondo lo stile rinascimentale. Inizialmente ne era stata data la commissione a Michelangelo, che però all'epoca era già occupato e quindi l'incarico venne girato ad un altro architetto di fama, Nanni di Baccio Bigio.
dettaglio della merlatura
sul lato esterno
La nuova forma della porta era ispirata ad un enorme portale decorato, simile a quello che sfoggiavano i molti palazzi abitati da famiglie aristocratiche o facoltose. In tal modo Porta del Popolo combinava la sua funzione tradizionale, cioè quello di posto di controllo armato lungo una delle principali vie d'accesso alla città, con un disegno ornamentale che quasi ne mascherava la funzione difensiva.
Nel corso dello stesso secolo furono edificate altre due porte secondo un modello analogo: Porta Pia (descritta a pagina 3) e Porta San Giovanni (III parte, pagina 1), ma nessuna delle due sorse al posto di una struttura originale romana, come invece avvenne per questa.
Nanni di Baccio Bigio progettò la nuova Porta del Popolo come un alto fornice centrale incassato tra due tozze torri a sezione quadrata (cfr. l'incisione mostrata in precedenza).
Sul lato esterno, le quattro colonne centrali (di due colori differenti) provengono dall'antica basilica di San Pietro, che in quegli anni stava venendo demolita e ricostruita nelle forme della basilica attuale.

il lato interno di Porta del Popolo nel 1655: si notano →
tracce residue delle torri romane ai lati del fornice e l'assenza di rifinitura nella parte superiore, che Bernini stava completando

Sull'attico è inserito lo stemma di Pio IV, con una targa che ricorda come il papa avesse innalzato la porta e lastricato un tratto della via Flaminia. La merlatura che corre sul margine superiore della porta ha una forma alquanto fantasiosa, somigliando a piccoli busti militari stilizzati, rivestiti dall'armatura.
Attorno al 1630 furono aggiunte alla porta le statue di San Pietro e San Paolo, santi patroni della città. Realizzate da Francesco Mochi, rinomato scultore dell'età barocca, erano state destinate alla basilica di San Paolo fuori le Mura; ma essendo state per qualche motivo rifiutate, furono collocate qui.
Dal 1805 al 1825 le statue subirono un trasferimento, venendo rimosse per andare a decorare la testata nord di Ponte Milvio; dopo essere rimaste lì per venti anni, furono sostituite con altre due grandi statue di Mochi, e gli apostoli furono riportati a Porta del Popolo, dove si trovano tutt'ora.

lo stemma di Pio IV (lato esterno) e l'impresa di Alessandro VII aggiunta da Bernini sul lato interno
Quando nel 1655 la regina Cristina di Svezia venne a Roma, invitata da papa Alessandro VII, Gianlorenzo Bernini fu incaricato di creare una grande impresa araldica della famiglia Chigi (a cui apparteneva il papa) da collocare sul lato interno dell'attico, assieme ad un'iscrizione in latino: « che il tuo ingresso sia felice e fausto ».

Nel 1879, per fronteggiare il crescente traffico che attraversava la porta, l'architetto Virginio Vespignani demolì le torre laterali, sostituendole con due fornici più piccoli di quello centrale; in questa stessa circostanza furono aggiunte alla porta altre quattro colonne, simili per forma a quelle originali antiche.
Durante questi lavori vennero alla luce alcuni resti dell'originale struttura romana, che confermò come questa un tempo fosse davvero la Porta Flaminia, permettendo anche di stabilire l'altezza dell'antico piano stradale, piuttosto basso rispetto a quello attuale.

Tornati nel piazzale Flaminio, guardando verso la porta, sulla destra il muro si esaurisce quasi subito, mentre sul lato opposto segue l'altura del Pincio.
Questo tratto di muro, così come la strada che si snoda alla base, è stata chiamata Muro Torto per via di un parziale crollo della struttura in laterizio, presso il primo gomito, avvenuto poco dopo la sua costruzione: lo storico Procopio di Cesarea nel VI secolo già scriveva che i Romani lo chiamavano Murus Ruptus (Guerra Gotica I, XXIII).

il Muro Torto

Prima della costruzione della cinta muraria di Aureliano, questo tratto, come anche il successivo, era il muro di sostegno di una grande villa (Horti Aciliorum) che si estendeva sulla sommità del Pincio, comprendendo i terreni alle spalle dell'attuale Villa Medici e Trinità dei Monti. Comprendeva anche una piscina e un ninfeo. Fu edificata nel II secolo dopo Cristo e apparteneva in origine alla famiglia degli Anicii, ma due secoli dopo passò ai Pincii, da cui deriva l'attuale nome del colle (cfr. Curiosità romane). Il lato occidentale e settentrionale delle sostruzioni della villa entrarono a far parte della cinta di Aureliano.


il confine dei giardini del Pincio, un tempo Horti Aciliorum;
il grosso torrione al centro non è un'antica postazione difensiva,
bensì un ascensore pubblico del 1900 c.ca, ora in disuso
I terreni presso questo tratto di muro, quindi immediatamente al di fuori dei confini della città, un tempo erano usati per seppellirvi coloro le cui spoglie mortali non trovavano accoglimento presso le chiese urbane, come i non cristiani, le prostitute e i condannati a morte che rifiutavano di pentirsi prima dell'esecuzione. Tale usanza diede a questa zona una fama sinistra, che assieme alla suddetta leggenda del fantasma di Nerone spiega perché nel medioevo il muro crollato veniva indicato anche col nome di Muro Malo.

È consigliabile seguire il manto erboso tenendosi a destra del sentiero, costeggiando la strada, da dove si può seguire a vista l'andamento del muro. Quest'ultimo raggiunge molto presto un'altezza di circa 20 metri, circondando il ripido colle Pincio sul lato orientale, poi su quello settentrionale.

Nell'antichità le famiglie importanti avevano qui le loro ville con giardino: una delle più grandi era quella dei Pincii, donde il nome che nei secoli è rimasto a questa località.
Dopo una curva stretta, anche il terreno della villa diventa un po' più ripido; il dislivello con via del Muro Torto si fa cospicuo. Stiamo salendo verso il cavalcavia che collega Villa Borghese ai giardini del Pincio. Fino ai primi del Novecento da questo lato non esisteva alcuna via di collegamento tra la villa (allora proprietà privata) e la sommità del colle, che era raggiungibile solo dall'altro versante. Divenuto un parco pubblico - il re d'Italia lo acquistò dalla famiglia Borghese nel 1901 - entro qualche anno fu realizzato il cavalcavia, che consentiva una comoda e suggestiva via d'ingresso ai giardini, incrociando dall'alto via del Muro Torto.
Una rapida digressione lungo questi viali ombrosi, decorati da oltre duecento busti marmorei di artisti e scienziati italiani famosi (maggiori dettagli in Curiosità romane, pagina 14) non porterà via molto tempo. Traversate il ponte, e seguite il primo viale a destra: qui si incontra dopo poche decine di metri un curioso orologio ad acqua [rif. pianta a], costruito nel 1807: ha una struttura esterna per la maggior parte di legno, mentre all'interno ha un complesso e delicato meccanismo mosso appunto dall'acqua, realizzato dal domenicano Giovanbattista Imbriaco (i romani ovviamente scherzano sul cognome dell'autore).

l'orologio ad acqua
Subito a sinistra, un altro viale conduce verso uno dei luoghi più suggestivi della città, piazzale Napoleone [rif. pianta b], con una spettacolare vista su Roma. Qui una lunga balconata si affaccia su piazza del Popolo; subito al di là dell'alto obelisco egiziano, un rettifilo attraversa il Tevere e corre per quasi 2 km in direzione del Vaticano, dove la cupola di San Pietro sovrasta ogni altro edificio cittadino. Sulla sinistra, l'orizzonte è affollato di altre cupole appartenenti alle molte chiese antiche del centro storico.


la terrazza in piazzale Napoleone

A destra, in lontananza, si leva alto il ripetitore della RAI, che segna la sommità di Monte Mario, il rilievo più alto della città.

Tornando verso il ponte, è interessante visitare i giardini del Pincio (cfr. la pagina relativa in Curiosità Romane), dove sorge anche un obelisco romano [rif. pianta c] (maggiori dettagli nella monografia Obelischi).