II parte - il lato orientale

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Partendo da piazzale Labicano si possono fare due brevi digressioni per visitare alcuni reperti romani di un certo interesse situati nelle immediate vicinanze.
  1. Appena svoltato l'angolo a sinistra della porta, dove una grossa lapide ricorda i lavori di restauro e la scoperta della tomba di Eurisace da parte di Gregorio XVI, il muro si raccorda con un'interessante sequenza di arcate [rif. pianta c], che seguono l'attuale via Statilia in direzione del Laterano. Questo è ciò che rimane dell'antico acquedotto di Nerone (o più propriamente Arcus Neroniani), che raccoglieva acqua dagli archi di Claudio per portarla al palazzo imperiale sul Palatino.

in alto e in basso a sinistra: l'acquedotto neroniano
Si può seguire l'aquedotto per circa 200 metri; all'incrocio con via di Santa Croce in Gerusalemme entra nei terreni di Villa Wolkonsky, residenza dell'Ambasciatore britannico, dove quindi diviene inavvicinabile. Dove l'acquedotto venne tagliato sono ben visibili in sezione alcune condutture in terracotta che raccoglievano l'acqua dal dotto principale (ne è mostrata un'immagine nella monografia sugli Acquedotti, nella II parte). Sul lato opposto della strada non perdete altri resti interessanti: qui dietro una cancellata di ferro si trovano due tombe [rif. pianta d] costruite in tufo, di personaggi di ceto medio.

le tombe in via Statilia

dettaglio dei ritratti
La prima all'estrema sinistra risale al tardo II secolo aC ed è ornata da scudi rotondi incisi sulla facciata. La seconda, più ampia, è di età di poco successiva (inizi I secolo aC), ha due finestre che danno luce ad altrettante celle separate all'interno e due pannelli che raffigurano i ritratti dei cinque defunti ivi sepolti.

  1. Tornati in piazzale Labicano seguite via Giolitti, dirimpetto alla porta: in breve la strada giunge alle rovine di una grande sala [rif. pianta e] dalla struttura in laterizio ma originariamente rivestita di marmo, risalente al IV secolo; il nome dato al sito, Tempio di Minerva Medica, si lega al locale ritrovamento nel Cinquecento di una statua di Minerva con un serpente, simbolo della medicina. Prima di allora era ritenuto il Tempio di Gaio e Lucio, donde il nome corrotto le Galluzze con cui il sito veniva indicato nel medioevo. Recenti studi hanno appurato che il sito apperteneva agli Horti Liciniani, i giardini della villa della potente gens Licinia (di cui un esponente di spicco fu l'imperatore Publio Licinio Gallieno, che regnò dal 253 al 268); la residenza fu edificata nel III secolo ma venne poi ampliata in quello successivo.

il cosiddetto Tempio di Minerva Medica

Il cosiddetto Tempio di Minerva ne era il ninfeo, una costruzione ornamentale piena di piante, fiori, sculture e fontane, dedicata alle ninfe. La sala aveva un'alta ed ampia volta (parte della quale è ancora rimasta), che crollò ai primi dell'Ottocento. Disegni e stampe eseguiti prima della caduta danno un'idea di come doveva apparire in origine.


(← a sin.) l'interno della costruzione e (↑ in alto) il ninfeo
in un'illustrazione del 1820, prima che crollasse la volta

Nell'angolo di piazzale Labicano da dove origina via Prenestina, qualche metro prima del sottopassaggio ferroviario, è l'ingresso ad una piccola basilica sotterranea [rif. pianta f], scoperta nel 1917, che risale al  secolo dC ed apparteneva ad una setta neopitagorica. Questo sito non è aperto al pubblico, tuttavia un permesso può essere richiesto presso la Soprintendenza Archeologica di Roma, piazza Santa Maria Nova, 53. Grazie alla sua posizione, la basilica è ottimamente conservata, con fini decorazioni in rilievo.

Riprendendo il percorso principale, il muro piega verso sud, seguendo il lato di via Casilina. In questo tratto lo si perde di vista per circa 150 metri, in quanto attraversa un terreno privato che si estende sulla destra al di sopra di un rilievo erboso.
Questo era il tracciato di uno dei più importanti acquedotti dell'antica Roma, l'Acqua Claudia, che in origine raggiungeva Porta Maggiore, come già accennato a pagina 2; ma quando Aureliano fece erigere la cinta muraria, l'ultimo tratto prima della porta ne venne incorporato nella nuova struttura difensiva, ragion per cui i fornici scomparvero.


l'Acqua Felice, poco prima che incontri le mura; lungo questo
tratto l'acquedotto poggia sui resti dello scomparso Circo Variano
Al primo incrocio il muro piega a destra ad angolo retto, lungo viale Castrense; pochi metri dopo, presso una torre, viene raggiunto da un'altra lunga serie di archi [rif. pianta g] con campate alquanto strette (circa 2 metri di ampiezza), appartenenti all'Acqua Felice. Era un'acquedotto rinascimentale, sorto nel 1587, quando papa Sisto V pensò di riutilizzare ciò che rimaneva delle antiche strutture romane per costruire una nuova fonte di approvvigionamento idrico. L'Acqua Felice per buona parte del suo tracciato seguiva i resti dell'Aqua Claudia (tra cui quelli inclusi nel muro citato poc'anzi) e anche dell'Aqua Marcia, che correva parallela alla prima (cfr. la monografia Acquedotti), ma in questo specifico tratto poggia su resti appartenuti allo scomparso Circo Variano, di cui si dirà più avanti. Attraversata la strada, se ne può seguire la serie di fornici che costeggia il parcheggio di un supermercato.

Lungo viale Castrense, dopo un'altra leggera curva, al di sopra del muro compaiono in lontananza le alte statue della basilica di San Giovanni. Qualche metro più avanti si arriva ad un altro interessante edificio intersecato dalle mura di Aureliano, l'Anfiteatro Castrense [rif. pianta h].

l'Anfiteatro Castrense dal lato esterno e il suo interno, adibito ad orto

Nonostante le ridotte dimensioni questo era un vero e proprio anfiteatro per giochi e spettacoli, costruito in mattoni. È di forma ovale come il Colosseo e aveva perfino un velarium, cioè una tenda che veniva tirata a copertura degli spalti.
L'imperatore Elagabalo lo fece costruire attorno al 220, circa cinquant'anni prima che le mura aureliane circondassero la città, nell'area detta Horti Variani ad Spes Veterem, cioè i Giardini Variani presso la Speranza Vecchia (dal nome di un tempio). Sono ancora visibili numerose delle 48 mezze colonne che ne decoravano la superficie esterna, alternate agli ingressi (ora chiusi). In origine l'anfiteatro aveva altri due ordini sovrapposti a quello residuo, che furono demoliti nel 1557. Il suo interno è attualmente adibito ad orto dai monaci cistercensi e, almeno in alcuni periodi dell'anno, è visitabile previo appuntamento.

Presso un passaggio ricavato nel muro, che mette in comunicazione viale Castrense con piazza Santa Croce in Gerusalemme, nell'angolo dove le mura si incontrano con l'anfiteatro, sul lato interno, si trova la minuscola chiesa di Santa Maria del Buon Aiuto [rif. pianta i], il cui nome deriva da una preesistente cappella che riceveva generose elemosine; questa venne ingrandita da papa Sisto IV nel 1476, come ricorda un'iscrizione sopra il portale, pare come ringraziamento perchè il papa un giorno, in visita alla vicina chiesa di Santa Croce, vi aveva trovato ricovero durante un improvviso quanto violento temporale.

l'Anfiteatro Castrense, in una
pianta di Roma antica (1576)

Abbastanza vicino all'anfiteatro, sul lato opposto a quello dove si trova la chiesetta, sorgeva il Sessorium: questo era un grande palazzo, la cui costruzione era stata cominciata da Settimio Severo attorno al 200 ed era poi stata completata da Elagabalo nel 220 circa, che divenne la residenza degli imperatori per circa cento anni, fino a quando nel 330 Costantino I non spostò la capitale dell'impero a Bisanzio. A quel tempo la madre dell'imperatore Costantino, Sant'Elena, convertì parte del palazzo in un luogo di preghiera cristiana, che col passare del tempo divenne l'attuale basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Gli unici avanzi rimasti del Sessorium [map ref. j] appartengono ad una grande aula absidata e sono attualmente situati nel terreno dell'ex caserma dei Granatieri (ora museo storico di quest'arma), sulla sinistra della chiesa.

← gli scarsi resti del Sessorio

Oltre all'anzidetto anfiteatro e al palazzo, il complesso imperiale comprendeva anche un'arena per le corse delle bighe, ora non più esistente, il Circo Variano, che si estendeva alle spalle del Sessorium nell'area chiamata ad Spes Veterem (cioè "presso la Speranza Vecchia", il nome di un tempio); la spina del circo era ornata dall'obelisco che oggi sorge nei giardini del Pincio (cfr la monografia Obelischi). Lungo i pochi resti superstiti del suo lato settentrionale, nel tardo Rinascimento fu costruito un tratto dell'Acqua Felice.

Si segua il lato interno delle mura ben conservate per circa 300 metri, attraverso un giardino pubblico. Qui il livello del suolo è assai più alto di quello esterno, come si può vedere dalle strette feritoie di alcune postazioni difensive.

l'ultimo tratto delle mura prima del Laterano, sul lato interno

Appena si raggiunge un'enorme statua di San Francesco di Assisi, si è finalmente in piazza di Porta San Giovanni. Qui si passi di nuovo sul lato esterno delle mura.
Nel mezzo della larga piazza, fra i molti fornici nuovi aperti nei primi anni del XX secolo, sorge Porta San Giovanni [rif. pianta 6]: questa è una porta "moderna", che Gregorio XIII fece erigere nel 1574 da un allievo di Michelangelo, il siciliano Jacopo (Giacomo) Del Duca.


Porta San Giovanni e il tratto di mura che attraversa piazzale Appio

Assieme a Porta del Popolo e a Porta Pia fa parte del gruppo delle porte rinascimentali le quali, a differenza di quelle antiche romane, abbinavano al mero scopo difensivo militare un'aspetto alquanto ricercato, a fini artistici. Infatti il fornice con la cornice a finto bugnato e l'attico a forma di balaustra mimano il portone d'ingresso di un palazzo cinquecentesco, mentre la chiave di volta è decorata da una curiosa testa di moro.
Si trovava lungo la via Campana (come ci ricorda l'iscrizione che sovrasta il fornice), la quale si dirigeva verso sud, lungo il percorso che oggi corrisponde a via Appia Nuova.


la chiave di volta del fornice

Nel piazzale Appio la seconda tappa del giro giunge al termine. Coloro che desiderano terminare il giro qui, davanti alla porta, su entrambi i lati della piazza, troveranno gli accessi alla stazione della metropolitana "San Giovanni" (linea A).