~ c'era una volta a Roma... ~ - 5 - la Meta Romuli e il leggendario Terebinto |
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Una delle grandi vestigia romane antiche più particolari è la grandiosa tomba di Gaio Cestio a forma di piramide (I secolo aC). Eppure questo non è l'unico monumento con questa forma ad essere stato edificato nella città. Uno assai simile una volta sorgeva appena fuori il confine nord-occidentale della Roma antica. Di questa seconda piramide, che per dimensioni era equivalente alla superstite, se addirittura superiore, non è rimasta traccia. Se fosse più antica della tomba di Gaio Cestio non è dato saperlo, né quale fosse il suo scopo, sebbene è probabile che fosse anch'essa un sepolcro.
Si sa dell'esistenza del monumento principalmente attraverso le succinte descrizioni presenti nelle prime guide di Roma databili ai secoli XII-XIV, redatte in latino medievale ed in volgare, a beneficio dei pellegrini e dei viaggiatori. Purtroppo questi resoconti non erano molto dettagliati, ma danno ugualmente un'idea di quale aspetto avesse il monumento e di dov'era situato.
Presso la piramide due strade principali, la Via Triumphalis e la Via Cornelia, formavano un incrocio appena oltre il Ponte di Nerone (Pons Neronis, o Pons Triumphalis). Appena più a nord il Gaianum era una pista per le corse delle bighe, ma non un vero e proprio stadio. Alcune fonti citano anche una vicina naumachia (stadio per battaglie navali), ma la sua esatta posizione non è mai stata identificata.
Durante il medioevo l'imponenza delle suddette piramidi faceva senz'altro presa sull'immaginazione della gente, che le associavano a Romolo, il mitico fondatore e primo re di Roma, e a suo fratello Remo.
Un minor numero di fonti citano la piramide di Borgo come il sepolcro di Remo (anziché quello di Romolo).
Attorno al 1440-50 Poggio Bracciolini, famoso letterato, ricorda come il poeta avesse erroneamente interpretato la piramide di Gaio Cestio, nonostante l'iscrizione che ha alla sommità:
Esistono diverse raffigurazioni della Meta Romuli in opere d'arte a cavallo tra i secoli XIII e XVII, molte delle quali sono attendibili, perché risalgono al tempo in cui il monumento era ancora esistente. Invece le immagini del Terebinto, assai più scarse, sono pressoché interamente immaginarie, essendo basate sulle pochissime descrizioni di cui si è detto prima le quali, a loro volta, sono con grande probabilità delle leggende.
Il soggetto che più di ogni altro contiene spesso vedute di Borgo sullo sfondo è la crocifissione di San Pietro. Ne è uno dei primi esempi un affresco di Cimabue (1280 c.ca, in basso a sin.), nella Basilica Superiore di Assisi, purtroppo in cattivo stato di conservazione.
Alcuni esperti però sostengono che il monumento a destra sarebbe la Meta Romuli, mentre la piramide a sinistra è quella di Gaio Cestio (cioè la Meta Remi), nonostante la cospicua distanza tra i due fabbricati.
Ciò che potrebbe sembrare paradossale può essere spiegato da una credenza popolare molto diffusa, che durò per tutto il medioevo, secondo cui San Pietro sarebbe stato crocifisso inter duas metas, cioè tra due monumenti, entrambi identificati come "meta". Tale collocazione elusiva poteva essere interpretata in due modi.
Uno era quello di considerare le due "mete" quella di Borgo, cioè la Meta Romuli, e quella di Gaio Cestio, all'epoca detta Meta Remi; è per tale ragione che molti ritenevano che il luogo della crocifissione di San Pietro fosse la sommità del Gianicolo, un punto che in effetti è equidistante dai due monumenti, dove fu fondata anche una chiesa intitolata al santo (cfr. il rione Trastevere). Da questo punto di vista, i monumenti raffigurati nei dipinti anzidetti non mirano a mostrare la loro reale posizione, ma solo a rispecchiare simbolicamente la credenza, cioè San Pietro che viene crocifisso tra di essi.
Del tutto simile per impostazione, ma con un'inquadratura più ravvicinata della scena, è il dipinto di Masaccio (1426), nel quale le due "mete" sono talmente vicine da esservi tra le due a malapena lo spazio per inserirvi la croce.
Tuttavia c'era anche chi confutava questa leggenda, affermando che l'apostolo era stato ucciso da qualche parte nei pressi dello stadio di Gaio e Nerone, che nel I secolo dopo Cristo sorgeva sui terreni a sinistra della basilica di San Pietro (ancora da edificare). Secondo questa scuola di pensiero, le due "mete" tra cui cercare il luogo della crocifissione potevano essere quelle dello stesso stadio oppure, più probabilmente, la Meta Romuli del vicino Borgo e un altro monumento bene in vista, di forma simile, quindi percepito dalla gente come la seconda "meta", ad esempio l'obelisco che una volta demarcava il centro della pista, che era l'unica testimonianza ancora esistente dell'antico stadio. Fino alla fine del Cinquecento la guglia si ergeva su un lato della basilica ed era sormontata da una sfera bronzea (cfr. la monografia Obelischi). Ciò si vede bene in un pannello appartenente a un ciclo di affreschi sulla vita del santo nella basilica di San Pietro a Grado (PI), eseguito nei primissimi anni del Trecento da Deodato Orlandi, a commemorazione del primo anno giubilare del 1300 (in alto a sinistra).
Tanto in un caso che nell'altro, le due raffigurazioni contengono un paradosso cronologico, perché Pietro fu crocifisso nel 64 o nel 67 dC, mentre il mausoleo di adriano fu edificato non prima di settant'anni dopo, quindi ovviamente non potrebbe trovarsi lì.
Inoltre, se la piramide a sinistra fosse quella di Gaio Cestio (cioè la Meta Remi), nel pannello bronzeo di Filarete si troverebbe sulla sponda del fiume sbagliata, sebbene tale raffigurazione potrebbe essere altamente simbolica, come già detto a proposito dei dipinti. Ma anche l'altra interpretazione potrebbe essere verosimile, se si tiene conto che le porte bronzee di San Pietro vennero commissionate a Filarete da papa Eugenio IV, il cui segretario Biondo Flavio si opponeva alla credenza secondo cui l'apostolo era stato crocifisso sul Gianicolo.
La Meta Romuli compare anche nel famoso affresco La visione della Croce (1520-24), di Giulio Romano e altri aiuti di Raffaello, in cui nel panorama sullo sfondo si vede il mausoleo di Adriano.
A differenza delle vedute sullo sfondo di soggetti di natura religiosa, la cui aderenza ala realtà era inquinata dalle credenze medievali, le piante erano basate soprattutto sulla ricognizione delle numerose rovine che giacevano sparse un po' ovunque, nell'aera urbana come pure in quella exraurbana. In effetti, il Terebinto nelle piante non compare mai, né in forma di edificio, né di albero. E poiché la Meta Romuli, la quale invece è spesso raffigurata (cfr. i vari esempi illustrati), fu demolita non prima della metà del Cinquecento, il suo aspetto era probabilmente abbastanza fedele alla rappresentazione in tali piante, nonostante a volte fosse chiamata con nomi differenti.
"Cavallo" è la semplificazione dell'antico toponimo coxa caballi ("coscia di cavallo"), più tardi italianizzato in Scossacavalli, una piazza scomparsa che si trovava proprio nel cuore di Borgo; una vicina strada si chiama ancora oggi via Scossacavalli. Il vero sepolcro degli Scipioni, invece, sorge lungo la via Appia antica.
Gli Horti Agrippinae (Giardini di Agrippina) erano un'area aperta che si estendeva sulla sponda occidentale del Tevere, un tempo esterna ai confini della città, racchiusa tra lo stesso fiume (ad est), il colle Vaticano (ad ovest) e il colle Gianicolo (a sud), corrispondente all'odierno rione Borgo e alla Città del Vaticano. Lì sorgeva anche lo stadio edificato dagli imperatori Gaio (più noto come Caligola) e Nerone, inaugurato nel 56. Un altro edificio imponente presso la riva del fiume era il mausoleo dell'imperatore Adriano, terminato attorno al 135, ora conosciuto come Castel Sant'Angelo, essendo stato trasformato in una fortezza nell'alto medioevo. |
la piramide di Gaio Cestio presso Porta San Paolo |
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↑ dettaglio ingrandito dell'area vaticana, dopo la costruzione del mausoleo di Adriano (135): la Meta Romuli è segnata in rosso e una linea punteggiata indica le principali costruzioni future il sito della piramide di Gaio Cestio (freccia rossa) a confronto con quello della Meta Romuli →
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Durante il medioevo l'imponenza delle suddette piramidi faceva senz'altro presa sull'immaginazione della gente, che le associavano a Romolo, il mitico fondatore e primo re di Roma, e a suo fratello Remo.
la Meta Romuli, tra lo stadio di Nerone e il mausoleo di Adriano (di cui si vede la base quadrata), da una pianta di Roma antica di Pirro Ligorio (1561) |
Quella presso il colle Vaticano era detta Meta Romuli (cioè Meta di Romolo), perché la sua forma richiamava in qualche modo le colonne rastremate dette metae che negli stadi romani segnavano le estremità della pista. Le piramidi edificate a Roma avevano un angolo più acuto di quelle egiziane, cioè erano più strette. Tuttavia lo storico dell'arte Umberto Gnoli, in un'opera sulla topografia di Roma (1939) sosteneva che in latino medievale questo vocabolo aveva un significato di "ostello", per cui il monumento potrebbe essere stato chiamato meta dopo essere stato trasformato in una struttura di ricovero per pellegrini, alquanto numerose nella zona. Infatti nel medioevo molti palazzi e case-fortezza incorporavano antiche rovine superstiti allo scopo di rendere il fabbricato più stabile, dato che le tecniche edilizie dell'epoca erano abbastanza primitive. Secondo una credenza popolare nella piramide era sepolto Romolo, tanto che alcune fonti si riferiscono esplicitamente al monumento in termini di "sepolcro di Romolo". Questa era chiaramente una leggenda. Ma il nome Meta Romuli divenne così comune che nel medioevo la piramide tutt'oggi esistente di Gaio Cestio, nonostante abbia un'iscrizione col suo nome, era conosciuta come Meta Remi (la meta di Remo), o come "sepolcro di Remo", in contrapposizione a quella nell'area del Vaticano, nonostante i due monumenti distassero tra loro circa 4 km (cfr. pianta in alto a destra). |
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Altri nomi con cui la piramide veniva indicata erano Meta di Borgo, dal nome del quartiere che nel corso del medioevo era sorto sull'area suburbana del Vaticano, ed anche Meta di San Pietro, dalla vicina basilica edificata sulla tomba dell'apostolo Pietro, il primo papa. Molte delle fonti medievali che descrivono la Meta Romuli citano anche un secondo alto edificio (o monumento) che apparentemente sorgeva assai vicino alla Meta Romuli, più spesso indicato come Terebinto di Nerone, ma in alcuni casi la sua grafia era Terabinto, oppure Tiburtino (cioè fatto di travertino, in latino marmor tiburtinum), il cui scopo e la cui età sono rimasti sconosciuti. |
veduta di Borgo nel 1493, che mostra la Meta Romuli (al centro) e Castel Sant'Angelo, cioè il mausoleo di Adriano (a destra) |
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Ammesso che tale edificio sia realmente esistito (non ne sono mai state trovate le prove), secondo le fonti letterarie potrebbe essere crollato o essere stato distrutto già nell'età classica, in quanto tutti i testi vi si riferiscono in termini di "un tempo sorgeva...". Tuttavia della sua esistenza doveva esserne convinto l'archeologo Italo Gismondi, l'autore del famoso plastico della Roma imperiale, che inserì accanto alla Meta Romuli un edificio cilindrico di pari altezza. ← l'aspetto odierno del luogo; un tempo nella metà destra dell'immagine sorgevano le vecchie costruzioni, tra cui la primitiva chiesa di Santa Maria Traspontina |
nel plastico di Gismondi presso il mausoleo di Adriano (A) →
sorgono la Meta Romuli (B) e un monumento rotondo (C) di pari altezza che potrebbe rappresentare il misterioso Terebinto Diverse fonti sostengono che il materiale di cui erano rivestiti i due monumenti suddetti fu usato per la costruzione della primitiva basilica di San Pietro (terminata attorno al 335). Di sicuro sappiamo solo che al tempo in cui il Terebinto fu descritto dalle fonti medievali non era già più lì, mentre la Meta Romuli rimase fisicamente presente fino alla metà del Cinquecento. I seguenti brani sono tratti da opere del XII-XIII secolo che descrivono tanto la piramide che il Terebinto. Cliccando sulla piccola icona del libro si possono leggere i testi originali. |
Un minor numero di fonti citano la piramide di Borgo come il sepolcro di Remo (anziché quello di Romolo).
← l'area del Vaticano in una pianta di Pietro del Massaio (1472); sulla sponda ovest del Tevere, in primo piano, si riconoscono da sin.: il sepolcro di Adriano (Castel Sant'Angelo), il muro di Leone IV che circondava il Vaticano, più noto come Passetto, con la Porta Castello (dietro cui svetta la piramide di Borgo indicata come "sepolcro di Remolo" e Porta Viridaria (dietro cui è l'antica basilica di San Pietro con a lato l'obelisco) e a destra uno dei torrioni tondi di Niccolò V
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Attorno al 1440-50 Poggio Bracciolini, famoso letterato, ricorda come il poeta avesse erroneamente interpretato la piramide di Gaio Cestio, nonostante l'iscrizione che ha alla sommità:
Esistono diverse raffigurazioni della Meta Romuli in opere d'arte a cavallo tra i secoli XIII e XVII, molte delle quali sono attendibili, perché risalgono al tempo in cui il monumento era ancora esistente. Invece le immagini del Terebinto, assai più scarse, sono pressoché interamente immaginarie, essendo basate sulle pochissime descrizioni di cui si è detto prima le quali, a loro volta, sono con grande probabilità delle leggende.
Il soggetto che più di ogni altro contiene spesso vedute di Borgo sullo sfondo è la crocifissione di San Pietro. Ne è uno dei primi esempi un affresco di Cimabue (1280 c.ca, in basso a sin.), nella Basilica Superiore di Assisi, purtroppo in cattivo stato di conservazione.
la crocifissione di San Pietro di Cimabue |
Una immagine pressoché identica è raffigurata in uno dei pannelli del Trittico Stefaneschi, una pala dipinta da Giotto (che era un allievo di Cimabue) attorno al 1320, destinata ad uno degli altari dell'antica basilica di San Pietro. Sullo sfondo, a sinistra, si erge un'imponente piramide, cioè la Meta Romuli, mentre sul lato opposto una corrispondente struttura, simile per altezza e per forma, ma apparentemente a sezione esagonale, è sormontata da un albero: questo potrebbe essere il Terebinto. | lo stesso soggetto di Giotto |
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Alcuni esperti però sostengono che il monumento a destra sarebbe la Meta Romuli, mentre la piramide a sinistra è quella di Gaio Cestio (cioè la Meta Remi), nonostante la cospicua distanza tra i due fabbricati.
Ciò che potrebbe sembrare paradossale può essere spiegato da una credenza popolare molto diffusa, che durò per tutto il medioevo, secondo cui San Pietro sarebbe stato crocifisso inter duas metas, cioè tra due monumenti, entrambi identificati come "meta". Tale collocazione elusiva poteva essere interpretata in due modi.
Uno era quello di considerare le due "mete" quella di Borgo, cioè la Meta Romuli, e quella di Gaio Cestio, all'epoca detta Meta Remi; è per tale ragione che molti ritenevano che il luogo della crocifissione di San Pietro fosse la sommità del Gianicolo, un punto che in effetti è equidistante dai due monumenti, dove fu fondata anche una chiesa intitolata al santo (cfr. il rione Trastevere). Da questo punto di vista, i monumenti raffigurati nei dipinti anzidetti non mirano a mostrare la loro reale posizione, ma solo a rispecchiare simbolicamente la credenza, cioè San Pietro che viene crocifisso tra di essi.
Del tutto simile per impostazione, ma con un'inquadratura più ravvicinata della scena, è il dipinto di Masaccio (1426), nel quale le due "mete" sono talmente vicine da esservi tra le due a malapena lo spazio per inserirvi la croce.
← la crocifissione di San Pietro, Deodato Orlandi (inizi XIV secolo) lo stesso soggetto, Masaccio (1426) ↓ |
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Tuttavia c'era anche chi confutava questa leggenda, affermando che l'apostolo era stato ucciso da qualche parte nei pressi dello stadio di Gaio e Nerone, che nel I secolo dopo Cristo sorgeva sui terreni a sinistra della basilica di San Pietro (ancora da edificare). Secondo questa scuola di pensiero, le due "mete" tra cui cercare il luogo della crocifissione potevano essere quelle dello stesso stadio oppure, più probabilmente, la Meta Romuli del vicino Borgo e un altro monumento bene in vista, di forma simile, quindi percepito dalla gente come la seconda "meta", ad esempio l'obelisco che una volta demarcava il centro della pista, che era l'unica testimonianza ancora esistente dell'antico stadio. Fino alla fine del Cinquecento la guglia si ergeva su un lato della basilica ed era sormontata da una sfera bronzea (cfr. la monografia Obelischi). Ciò si vede bene in un pannello appartenente a un ciclo di affreschi sulla vita del santo nella basilica di San Pietro a Grado (PI), eseguito nei primissimi anni del Trecento da Deodato Orlandi, a commemorazione del primo anno giubilare del 1300 (in alto a sinistra).
La composizione della scena è assai simile a quella succitata di Masaccio, che fu dipinta oltre un secolo dopo. Ma in questo caso l'artista ha un po' rimescolato gli elementi architettonici, perché a sinistra si vede una costruzione in muratura rossastra a sezione poligonale e di forma ogivale (tipica delle mete degli ippodromi romani), certamente allusiva allo stadio di Gaio e Nerone, come viene confermato dal monumento bianco al centro, identificabile con l'obelisco vaticano (l'unico che nel XIV secolo fosse ancora in piedi) proprio per via del globo bronzeo alla sommità. Una vera e propria piramide, invece si intravede a destra, a poca distanza, compatibile con la scomparsa Meta Romuli di Borgo. In un ciclo di nove dipinti di Andrea Mantegna chiamato i Trionfi di Cesare (1485-1495 c.ca), il paesaggio sullo sfondo raffigura l'antica Roma e tra i vari monumenti, gran parte dei quali di fantasia, compare una piramide con una sfera alla sommità, che potrebbe rappresentare una specie di "ibrido" tra l'obelisco e la Meta Romuli. L'umanista Biondo Flavio, un segretario di papa Eugenio IV, che scrisse un saggio sulle antichità romane intitolato Roma instaurata ("Roma rinnovata", 1444-48 c.ca), rigettava l'antica credenza a proposito del Gianicolo: |
dettaglio dal settimo dipinto di A.Mantegna dal ciclo dei Trionfi di Cesare |
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Libro primo - 45. Luogo del martirio di San Pietro
Ma essendo giunti alle cose dei santi, esponiamo la nostra opinione a proposito del luogo del martirio e della passione di San Pietro, principe degli apostoli. Poiché che egli le avesse subite presso il terebinto tra due mete è un'opinione concorde: quale sia tale luogo è del tutto sconosciuto, né mancano coloro che tentano erroneamente di conferire tale gloria al Gianicolo.
da Roma instaurata
("Roma rinnovata")
di Biondo Flavio, 1431-1448
Tale citazione fa di nuovo menzione del misterioso Terebinto. Ma gli artisti del XV secolo avevano completamente dimenticato la descrizione testuale del monumento, oppure avevano semplicemente respinto tale interpretazione, cominciando a raffigurarlo come un albero. Terebinto, infatti, è il nome di un albero del genere Pistacia che cresce nell'aera mediterranea ed è anche citato nella Bibbia (Libro dei Giudici 6, 11 e Siracide 24, 16). La crocifissione di San Pietro compare anche in un pannello quadrato in rilievo appartenente alla porta bronzea della basilica di San Pietro (a destra), realizzata nel 1445 dal famoso scultore Filarete. Nel riquadro si riconosce facilmente una piramide nell'angolo in basso a sinistra, nell'angolo opposto c'è un monumento simile, che ricorda nella forma quello dipinto da Cimabue e da Giotto, mentre un terzo edificio al centro, con la base quadrata e la parte superiore cilindrica, è senza dubbio il mausoleo di Adriano. Lo spazio tra quest'ultimo e il monumento a destra è occupato dal tronco di un grosso albero: il Terebinto. Nell'angolo in alto a destra l'imperatore Nerone assiste alla crocifissione seduto su un ricco trono con baldacchino. | pannello della porta di San Pietro col martirio del santo: si noti l'albero di terebinto tra il mausoleo di Adriano e il monumento nell'angolo in basso a destra |
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In un disegno degli inizi del XVII secolo dell'archivista vaticano Giacomo Grimaldi, probabilmente ispirato al pannello bronzeo, gli stessi dettagli vengono chiaramente descritti da didascalie aggiunte sotto: il monumento rastremato a destra viene indicato come Meta, mentre l'albero che gli è accanto è descritto come Terabintus. Il mausoleo di Adriano compare come Castellum Hadriani, poiché il monumento era ormai da lungo tempo stato convertito in fortezza. Stranamente, la piramide a sinistra è priva di didascalia, per cui rimane aperta la disputa se quella a destra sia la Meta Romuli e quella a sinistra la Meta Remi (con Pietro crocifisso sul Gianicolo, a pari distanza tra i due punti), oppure se la Meta Romuli sia quella a sinistra e la generica Meta qualche altro monumento non meglio precisato nell'area di Borgo (con Pietro crocifisso lì nei pressi). ← la crocifissione di San Pietro, Giacomo Grimaldi, inizi del XVII secolo |
Tanto in un caso che nell'altro, le due raffigurazioni contengono un paradosso cronologico, perché Pietro fu crocifisso nel 64 o nel 67 dC, mentre il mausoleo di adriano fu edificato non prima di settant'anni dopo, quindi ovviamente non potrebbe trovarsi lì.
Inoltre, se la piramide a sinistra fosse quella di Gaio Cestio (cioè la Meta Remi), nel pannello bronzeo di Filarete si troverebbe sulla sponda del fiume sbagliata, sebbene tale raffigurazione potrebbe essere altamente simbolica, come già detto a proposito dei dipinti. Ma anche l'altra interpretazione potrebbe essere verosimile, se si tiene conto che le porte bronzee di San Pietro vennero commissionate a Filarete da papa Eugenio IV, il cui segretario Biondo Flavio si opponeva alla credenza secondo cui l'apostolo era stato crocifisso sul Gianicolo.
La Meta Romuli compare anche nel famoso affresco La visione della Croce (1520-24), di Giulio Romano e altri aiuti di Raffaello, in cui nel panorama sullo sfondo si vede il mausoleo di Adriano.
Poichè il soggetto del dipinto è la battaglia di Ponte Milvio tra Costantino e Massenzio (312), che ebbe luogo a circa 4 km più a nord di Borgo, la veduta appare molto più vicina di quanto fosse nella realtà e una seconda piramide in lontananza (a destra del mausoleo) potrebbe raffigurare la Meta Remi. particolare dalla Visione della Croce, di Giulio Romano →
Oltre a tali opere d'arte, informazioni sugli antichi monumenti di Borgo provengono anche da numerose piante e vedute della città. Buona parte di esse risalgono al XVI secolo; per lo più si tratta di nuove piante della città, in quanto in quegli anni l'impianto urbano di Roma era nel bel mezzo di un rapido mutamento, ma alcune sono piante dell'antica Roma, realizzate in seguito al rinnovato interesse per le antichità classiche nel corso del Rinascimento. |
nella pianta di Roma antica di Étienne du Perac (1574) la piramide è indicata Mon[umentum] Semproni |
ad esempio, in due piante di Roma antica, una di Étienne du Perac (1574) e l'altra di Pirro Ligorio (1561), la piramide di Borgo è indicata come Monumentum Semproni, cioè il monumento di Sempronio; la gens Sempronia era una famiglia di grande importanza nell'antichità e aveva numerosi rami. Un altro personaggio storico a cui la Meta Romuli era riferita era Publio Cornelio Scipione Africano (235–183 aC), il famoso generale romano che sconfisse Annibale. Nel quattrocentesco testo del Tractatus de rebus antiquis..., già citato in precedenza, nell'elenco dei palazzi importanti di Roma, la piramide viene descritta come segue:
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"Cavallo" è la semplificazione dell'antico toponimo coxa caballi ("coscia di cavallo"), più tardi italianizzato in Scossacavalli, una piazza scomparsa che si trovava proprio nel cuore di Borgo; una vicina strada si chiama ancora oggi via Scossacavalli. Il vero sepolcro degli Scipioni, invece, sorge lungo la via Appia antica.
Sebbene tali differenti interpretazioni del monumento non forniscano indizi sulla reale natura del monumento, danno tuttavia ulteriore conferma della sua presenza nell'area di Borgo. La Meta Romuli rimase integra fino al 1499. In quell'anno papa Alessandro VI fece raddrizzare la principale strada del rione, che ribattezzò dal proprio nome via Alexandrina. Per tale ragione circa metà della piramide, che ostruiva la strada, venne sacrificata. La porzione rimanente scomparve qualche decennio dopo, nel 1564, quando la vicina chiesa di Santa Maria in Traspontina fu demolita e ricostruita 100 metri più in là, dov'è situata ancora oggi. ← la chiesa rinascimentale di Santa Maria in Traspontina |
Nella pianta di Roma di Leonardo Bufalini (particolare a destra), disegnata appena qualche anno prima che l'ultimo pezzo della Meta Romuli fosse abbattuto, si vede chiaramente la posizione della piramide in relazione al nuovo assetto viario del rione. La chiesa di Santa Maria in Traspontina occupa ancora la posizione originaria, mentre la Meta, la cui pianta è il riquadro scuro indicato come "sepolcro di Scipione Africano", è attraversata dalla via Lexandrina (Alexandrina). La nuova chiesa di Santa Maria fu di lì a poco edificata appena oltre questo punto.
pianta di L. Bufalini (1551): l'asterisco → indica Santa Maria in Traspontina ancora nella primitiva posizione, mentre la freccia segna il punto dove fu ricostruita qualche anno dopo; è ancora ben visibile la pianta della piramide, corrispondente al quadrato scuro attraversato dalla via Alexandrina |