~ monografie romane ~

Obelischi

I parte


OBELISCHI EGIZIANI


1 · OBELISCO LATERANO

nome alternativo: obelisco di Tutmosi III


Il più antico tra gli obelischi di Roma risale al XV secolo aC. Sorge a piazza San Giovanni in Laterano, nell'ampio spiazzo tra il transetto della basilica di San Giovanni e il Palazzo del Laterano. È di granito rosso e misura 32.18 metri: è quindi il più alto obelisco antico al mondo. Poggiando sulla base raggiunge 45.70 m di altezza. Il peso di questo gigante è all'incirca di 230 tonnellate.
In origine sorgeva davanti al Tempio di Amon a Tebe (Karnak, in egiziano), dove lo fece realizzare il figlio del faraone Tutmosi III, in onore del padre.

l'obelisco presso la basilica di San Giovanni; quello
sullo sfondo è l'ingresso settentrionale alla chiesa
Oltre 1.700 anni più tardi, all'inizio del IV secolo dC, l'imperatore Costantino I fece trasferire il monumento ad Alessandria, nel nord dell'Egitto, che dopo la conquista romana era divenuta la principale città del paese.
La sua intenzione era di trasferire l'obelisco a Costantinopoli, città che era stata scelta quale nuova capitale dell'impero. Ma Constantino morì prima che il suo progetto si realizzasse.
Appena qualche anno dopo, nel 357, l'imperatore Costante II, che era figlio di Costantino e suo successore, decise di cambiare la destinazione finale del monumento e di trasferirlo a Roma, per decorare il Circo Massimo, il maggiore degli stadi cittadini destinati alle corse con i carri; fece quindi costruire una nave speciale per il trasporto della guglia.

due cartigli di Tutmosi III
sul fusto (in basso e a sinistra)

Qui la sommità del monumento venne dotata di un globo bronzeo, com'era in uso fare in età romana antica. Ma in seguito la sfera fu colpita da un fulmine e, caso unico tra gli obelischi di Roma, fu sostituita da un puntale a forma di fiamma, sempre di bronzo lucente, che sembrava ardere quando vi si riflettevano i raggi del sole. Tale elemento non fu mai rinvenuto; con ogni probabilità, il metallo venne fuso e riutilizzato per altri scopi.

In un tempo imprecisato dopo la caduta dell'Impero Romano, il monumento crollò, probabilmente a causa di un terremoto, e giacque nell'arena, ormai abbandonata, spezzato in tre grossi frammenti. Poiché le rovine del Circo Massimo avevano ancora i lati scoscesi, il riaffiorare del corso d'acqua sottostante trasformò gradualmente l'area ovale in un gigantesco acquitrino, in parte coltivato, il cui fango coprì anche le rovine dell'obelisco.
Il Trattato sulle antichità e sul sito della città di Roma (Tractatus de rebus antiquis et situ urbis Romae), anche noto come Anonimo Magliabechiano, un'opera dei primi del Quattrocento, a proposito degli obelischi, dice che "un altro di essi, il più grande di tutti, giace sommerso nelle rovine nel circo summenzionato [il Circo Massimo] e i braccianti spesso vi urtano con le loro pale". I frammenti furono localizzati con più precisione verso la metà dello stesso secolo dall'architetto Leon Battista Alberti, ma all'epoca nulla di concreto fu fatto per estrarli dal fango.

le imprese araldiche di Sisto V:
la stella, i monti, il leone (aggiunto)
...più un gabbiano appollaiato

Ciò avvenne solo nel tardo Cinquecento grazie a Michele Mercati, botanico, geologo e medico con la passione dell'archeologia, che convinse papa Sisto V a finanziare i complessi lavori di ricerca nell'area paludosa.
Recuperati i frammenti e restaurato l'obelisco, quest'ultimo fu quindi trasportato nella sua attuale posizione, dove fu collocato al posto della famosa statua bronzea di Marco Aurelio, che era stata trasferita in piazza del Campidoglio. Furono allora applicate sulla sommità del monumento le imprese araldiche della famiglia del pontefice: una stella a otto punte e tre monti. Una terza impresa, il leone con la zampa sollevata, ripetuto sui quattro lati, fu aggiunta in seguito (tra il XVIII e il XIX secolo), quasi certamente per dare maggiore stabilità all'elemento originale.

"Costantino, vincitore grazie alla Croce,
qui battezzato da San Silvestro,
diffuse la gloria della Croce"

Le iscrizioni sulle quattro facce della base tracciano, in breve, la storia dell'obelisco: dalla "sacrilega dedica" del faraone al dio Sole, al trasferimento ad Alessandria ad opera di Costantino, al trasporto a Roma ("con una nave di trecento rematori") effettuata da suo figlio Costante. Il quarto lato, nel ricordarci che Costantino il Grande, primo imperatore cristiano, fu battezzato nel Laterano da papa Silvestro I (314-335), commette un errore storico.
La credenza infatti traeva origine dalle numerose leggende medievali su questo imperatore. La verità è che Costantino rimase pagano per tutta la vita, pur dimostrandosi benevolo verso la religione cristiana per via dell'avvenuta conversione di sua madre, Sant'Elena. Si fece battezzare molto tardi, nel 367, appena prima della sua morte.

il Cavalier Domenico Fontana, architetto, eresse [questo obelisco]
Sisto V dedicò l'obelisco alla Croce invittissima, i cui frammenti la madre di Costantino aveva riportato dalla Terra Santa e alla quale non lontano dal Laterano è dedicata un'altra antica basilica.

questo lato della base ricorda come l'obelisco
fu estratto in pezzi dal fango del Circo Massimo, qui
faticosamente trasferito, accuratamente restaurato
e dedicato da Sisto V alla Croce invittissima

Sul lato orientale della base una breve e sobria iscrizione ricorda l'artefice dell'opera di erezione di questo obelisco avvenuta il 9 agosto 1588: Domenico Fontana.



2 · OBELISCO FLAMINIO

nome alternativo: obelisco di Seti I

La guglia in piazza del Popolo, detta obelisco Flaminio dal nome dell'antica via Flaminia (che origina da una piazza adiacente), è il secondo più antico a Roma. È alto 24 metri, ma con la base ne raggiunge 34.
Il monumento è databile al XIII secolo aC e proviene da Eliopoli. La sua realizzazione ebbe inizio sotto il faraone Seti I, ma fu terminato sotto il regno di suo figlio Ramsete II, il cui cartiglio si trova inciso più volte lungo il fusto, assieme a quello di Merneptah (o Merenptah), a sua volta figlio del monarca. Sorgeva davanti al Tempio del Sole; il dio Ra, a cui era dedicato, appare in fondo all'obelisco (con due diverse raffigurazioni sui lati alterni) nell'atto di ricevere un'offerta.


ricostruzione del Circo Massimo

veduta dall'alto dell'obelisco Flaminio

Anche questo fu portato a Roma come elemento decorativo per il Circo Massimo, ma ciò avvenne molto tempo prima di quello precedente, nel 10 dC, sotto il primo imperatore romano, Ottaviano Augusto. quindi questo fu il primo degli obelischi a giungere in città.


un'offerta al dio Ra
La base è ancora quella originale antico romana; qualche pezzo mancante venne integrato nel corso dei restauri nel tardo Cinquecento. Su due lati opposti un'iscrizione (oggi molto sbiadita) ricorda l'imperatore Ottaviano Augusto, definito "divino figlio di Cesare", che "...avendo ridotto l'Egitto in possesso del popolo romano, dedicò [il monumento] al Sole".
↑ l'iscrizione antica sulla base ↓
Nel corso del tempo i frammenti di entrambi gli obelischi rimasero sepolti sotto metri di fango, venutosi a creare durante il medioevo, dopo l'abbandono della struttura, a causa di un piccolo corso d'acqua che originariamente correva nel sottosuolo, sotto il circo, venendo poi canalizzato nel 1122 da papa Callisto II: la cosiddetta Acqua Mariana, o marrana.

Come per l'obelisco descritto in precedenza, anche questo fu recuperato quando papa Sisto V fece scandagliare il sito del Circo Massimo. I frammenti furono quindi restaurati e riassemblati.
l'elemento sommitale (a sin.) e l'iscrizione della base che cita il restauro
dell'obelisco, dedicato al Sole da Ottaviano Augusto e giacente
in pezzi nel Circo Massimo, trasferito qui da Sisto V nel 1589

Sui due lati della base ancora privi di testo furono aggiunte delle iscrizioni commemorative: una di esse dice che il papa "trasferì l'obelisco dal Circo Massimo, dove l'imperatore Ottaviano Augusto l'aveva dedicato con empio rito al Sole e dove giaceva come miserevole rovina, restituendogli la forma originale e dedicandolo all'invittissima Croce". L'iscrizione dal lato opposto, che guarda verso la chiesa di Santa Maria del Popolo, è quasi un gioco di parole sulla primitiva dedica del monumento, perché recita: "sorgo più augusto e felice davanti al tempio sacro di colei dal cui utero virginale, durante il regno di Augusto, nacque il Sole di Giustizia" (Ottaviano Augusto era imperatore all'epoca della nascita di Cristo).

Il 5 marzo 1589 il monumento fu così trasferito alla sua sede attuale con grande sforzo, a causa delle ragguardevoli dimensioni. Si trovava fianco a fianco con una fontana ottagonale che era stata già collocata lì fin dal 1572.

Anche l'elemento sommitale di questo obelisco raffigura due su tre delle imprese araldiche del papa, in particolare la stella e i monti, ma non il leone. Tuttavia quando nel 1823 l'architetto Valadier ristrutturò la piazza, rimosse l'antica fontana, come descritto più in dettaglio nella monografia sulle Fontane, e aggiunse al monumento un'ampia predella, ai cui quattro angoli collocò leoni egizi che emettono un getto d'acqua, riferibili alla terza impresa di Sisto V ed anche al paese d'origine dell'obelisco.


l'obelisco presso la fontana originale, nella seconda metà del Seicento →



3 · OBELISCO VATICANO


Anche in piazza San Pietro si erge un obelisco egizio, privo di geroglifici, che nell'antichità era il più famoso di Roma. È alto 25.5 metri, ma la base e lo stemma bronzeo sulla sommità ne allungano l'altezza di circa 12 metri, facendolo sembrare molto più imponente.
In origine, si trovava ad Heliopolis. Nel I secolo Augusto lo fece trasferire ad Alessandria, dedicandolo alla memoria di Giulio Cesare, suo padre putativo. Nel 37 l'imperatore Caligola fece trasportare il monumento a Roma per usarlo come decorazione dello syadio la cui costruzione era in corso presso il colle Vaticano. La struttura prese poi il nome di Circo di Gaio (il vero nome di Caligola) e Nerone, essendo stata completata sotto quest'ultimo imperatore.
Essendo privo di geroglifici, è difficile attribuire una data all'obelisco.

l'obelisco vaticano nella sua sede attuale, poggiante
su un'alta base, davanti alla basilica di San Pietro...
Nelle sue Storie, Erodoto (V secolo aC) narra che il faraone Pheros innalzò un obelisco ad Eliopoli come ringraziamento per essere guarito dalla cecità.
Purtroppo il celebre storico usava riferirsi ai faraoni con nomi greci, e nonostante ci informi che Pheros era figlio di Sesostri (forse identificato con Senusret III, 1878–1860 aC), Pheros non ha mai trovato riscontro nelle liste "ufficiali" dei sovrani egizi, anche perché con ogni probabilità questo non era altro che la corruzione grecizzata del generico vocabolo "faraone". Plinio invece ci dice che questo obelisco fu portato a Roma da Caligola, e faceva il paio con uno analogo, eretto dallo stesso faraone, che però si ruppe nel tentativo di rimuoverlo.
...e alla metà del Cinquecento, su un lato della
prima basilica, allora in corso di ricostruzione

Nel 319 l'imperatore Costantino I fondava la prima basilica di San Pietro proprio sul luogo dove l'apostolo era stato ucciso, situato accanto all'arena neroniana.
Nel volgere di qualche secolo lo stadio cadde in uno stato di abbandono e scomparve, ma l'obelisco rimase in piedi sul lato sinistro della basilica per un tempo lunghissimo, proprio davanti a un edificio a pianta circolare, detto Rotonda di Sant'Andrea o anche Santa Maria della Febbre, una struttura del III secolo che era stata trasformata in cappella e annessa alla fabbrica di San Pietro.
Questa fu l'unica guglia a rimanere in piedi dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente; se la teoria di Lanciani avesse riscontro (cfr. l'introduzione), un motivo per risparmiare il monumento dalla distruzione potrebbe essere stato la sua stretta vicinanza alla tomba dell'apostolo.



la primitiva basilica di San Pietro: la freccia
indica l'obelisco nella sua posizione originaria



pianta delle costruzioni presso le quali sorgeva l'obelisco vaticano:

lo stadio di Gaio
 e Nerone (I secolo)
la prima basilica
 (IV secolo)
la basilica attuale
 (XVI-XVII secolo)


Un altro motivo potrebbe essere perchè alla base è incisa una dedica ai primi due imperatori romani, che cita anche Giulio Cesare, la cui grande fama era ancora viva nella memoria del popolo, nonostante il disprezzo mostrato dai cristiani nei confronti degli antichi regnanti pagani e dei loro simboli.

la leggendaria sfera,
ora nei Musei Capitolini
Oggi l'iscrizione è appena visibile; solo nelle ore che precedono il tramonto, quando la luce solare radente dà più contrasto alle lettere, la dedica diviene leggibile (qui in basso).
Durante il medioevo l'obelisco era conosciuto come l'agulia ed era persino considerato uno dei punti di riferimento principali di Roma; in virtù della suddetta iscrizione la gente credeva che la sfera bronzea alla sua sommità contenesse le ceneri di Cesare. In tutte le edizioni delle guide medievali per i pellegrini che descrivevano i luoghi della città (cfr. anche la sezione Gli antenati del dialetto di Roma) questo è riportato come uno dei monumenti principali.

l'iscrizione, appena visibile, recita:
SACRO
AL DIVINO CESARE AUGUSTO, FIGLIO DEL DIVINO GIULIO,
E A TIBERIO CESARE AUGUSTO, FIGLIO DEL DIVINO AUGUSTO

Già dal tempo di Nicolò V (1447-55) diversi papi avevano carezzato l'idea di trasferire l'obelisco dal lato della basilica al centro della piazza di fronte a San Pietro, ma non avevano mai trovato nessuno in grado di occuparsi del difficilissimo compito, che persino architetti del calibro di Michelangelo e Antonio da Sangallo il Giovane avevano declinato.
Solo nel 1586, mentre erano in corso i lavori per la costruzione della seconda basilica di San Pietro, l'architetto capo di Sisto V, Domenico Fontana, accettò la sfida. Nel suo gigantesco cantiere furono impiegati oltre 900 uomini, che tribolarono sul progetto per quasi sei mesi. Alla fine, utilizzando una gigantesca impalcatura di legno, funi e carrucole, l'obelisco fu sollevato da terra di circa 60 cm per il tempo necessario ad inserirvi sotto un'enorme piattaforma, su cui il monumento venne poi inclinato ed adagiato, per essere infine fatto scivolare fino alla nuova posizione davanti alla basilica (qui a lato).
affresco nella Biblioteca Vaticana (Musei Vaticani) in cui l'obelisco viene trainato sulla piattaforma
verso la sua nuova collocazione (a destra), mentre è in corso la fabbrica della nuova basilica (a sinistra)
L'opera di Fontana viene ricordata da un'iscrizione posta nella parte bassa della base del monumento, sul lato nord.

(↑ in alto, da sinistra) il lato settentrionale della base ricorda che Sisto V mondò l'obelisco Vaticano dall'impura
superstizione con l'invincibile Croce
; i leoni bronzei su cui poggia l'obelisco e le aquile aggiunte in seguito;
(↓ in basso) lato orientale della base, con le parole dell'antico rituale pronunciate dopo l'erezione del monumento,
che appare decentrato rispetto alla facciata della basilica (sullo sfondo), terminata dopo il suo riposizionamento
Al centro della piazza la guglia fu nuovamente eretta, poggiante su un'alta base per mezzo di quattro coppie di leoni di bronzo; questo animale è in effetti una delle imprese araldiche che figurano nello stemma di famiglia del papa.
Il papa, la cui avversione per le credenze popolari era ben nota (cfr. Roma leggendaria), decise di porre fine a questa "impura superstizione", come narra l'iscrizione latina sempre sul lato nord dell'alto basamento, per cui fece rimuovere la sfera.
Questa fu esaminata da Fontana, il quale osservò che era stata fusa in un unico blocco, priva di saldature, quindi concluse che nulla poteva esservi stato inserito. La vecchia leggenda fu così smentita.
All'erezione del monumento fece seguito una cerimonia nel corso della quale il papa pronunciò alcune parole facenti parte di un antico rituale di esorcismo, il cui scopo era di scacciare dall'obelisco qualsiasi "influenza maligna" residua, legata alle sue origini pagane Le stesse parole del rituale sono incise sui lati orientale a occidentale della base del monumento, cioè quelli che si vedono rispettivamente entrando nella basilica e uscendone.
Le due formule recitano:
ECCO LA CROCE DEL SIGNORE
FUGGITE
O SCHIERE NEMICHE

IL LEONE DELLA TRIBÙ
DI GIUDA HA VINTO
CRISTO VINCE
CRISTO REGNA
CRISTO IMPERA
CHE CRISTO DIFENDA
LA SUA GENTE
DA OGNI MALE

Molti dettagli relativi alle tecniche e alla cerimonia si conoscono grazie a Della transportatione dell'obelisco vaticano, un libro dello stesso architetto Domenico Fontana, pubblicato nel 1590, che fornisce un ampio resoconto sull'evento.

modelli di varie tecniche per erigere obelischi (dal libro di Fontana) →

Al tempo in cui fu eretto l'obelisco l'ampia facciata della basilica non era ancora stata costruita; l'obelisco fu quindi posizionato in corrispondenza dell'asse centrale della facciata antica. Ma quando la nuova fu terminata, la guglia risultò spostata di circa 4 metri rispetto al punto centrale.
Nel 1723 anche papa Innocenzo XIII fece aggiungere alla base del monumento la propria impresa di famiglia, un'aquila coronata.
Nel 1817 l'obelisco fu anche trasformato in meridiana: nel pavimento della metà destra (settentrionale) della piazza, fu inserita una sottile fascia di granito che indica i punti dove nell'arco dell'anno, a mezzogiorno in punto, la croce posta alla sommità della guglia proietta la sua ombra; dei dischi segnano i punti che vengono raggiunti nei giorni degli equinozi e dei solstizi, come mostra l'illustrazione a destra.

particolare della meridiana dell'obelisco in piazza San Pietro: →
alle 11:59 (ora solare effettiva) l'ombra prodotta dal monumento sta per coprire la linea che ne segue la
progressione a mezzogiorno; la foto è stata scattata appena prima del solstizio invernale (21 o 22 dicembre)
quando l'ombra raggiunge la sua massima lunghezza, cioè il disco bianco posto all'estremità della linea


proiettili e relativi fori sulla superficie del globo
L'antica sfera di bronzo non andò distrutta. Fino al 1850 decorò la balaustra del Campidoglio; poi fu accolta nei vicini Musei Capitolini, dove viene ancora mostrata. Se ne può apprezzare un curioso dettaglio: ha la superficie costellata di proiettili sparati dai Lanzichenecchi, i mercenari di Carlo V che misero a ferro e fuoco la città durante il sacco di Roma del 1527, e che verosimilmente per divertirsi usarono la sfera, allora ancora sulla sommità dell'obelisco, come un bersaglio.

L'obelisco misura 25.46 m; con la base che lo sostiene raggiunge i 40.23 m.

Alla sommità della guglia fu poi collocata una croce poggiante su una stella e tre piccoli monti, imprese dello stemma di famiglia di Sisto V. Un piccolo frammento dai resti della Santa Croce fu inserito nell'elemento bronzeo, probabilmente per esorcizzare l'antica leggenda sulle ceneri di Cesare.


4 · OBELISCO SOLARE

nomi alternativi: obelisco di Montecitorio, obelisco di Psammetico II

Un altro obelisco è situato in piazza di Montecitorio, davanti al palazzo omonimo, attuale sede della Camera dei Deputati (prima del 1870 era sede del tribunale).

la guglia, davanti a Palazzo di Montecitorio
Le sue vicende si intrecciano con quelle di un altro monumento romano, purtroppo andato perduto per salvare il primo.
Anche questa guglia egizia proviene da Eliopoli ed è risalente al 600 aC circa; i suoi geroglifici citano il faraone Psammetico II, che fece realizzare il monumento in onore del dio Ra (cioè il sole).
L'imperatore Ottaviano Augusto lo fece portare a Roma nel 10 aC, collocandolo nella parte settentrionale del Campo Marzio, l'area pianeggiante compresa tra il Tevere e le antiche mura serviane, in età repubblicana usata per le esercitazioni militari e gli sport, ma dove in età imperiale si espanse la città, con la costruzione di molti edifici pubblici e monumenti (cfr. anche Rione IV).

la cospicua integrazione con
parti della colonna antonina
Forse a sottolineare la dedica originale al sole, l'imperatore volle utilizzare l'obelisco come gnomone di un'enorme meridiana chiamata Horologium (o Solarium) Augusti, che egli stesso aveva fatto costruire; per tale ragione è noto come obelisco solare.
La sua ombra cadeva su una vasta piattaforma di travertino che fungeva da quadrante, il cui lato maggiore misurava circa 160 metri; era attraversata da linee e tacche di bronzo che segnavano le ore e i giorni. Il monumento era situato tra le attuali piazza del Parlamento e piazza San Lorenzo in Lucina (cfr. pianta in basso a destra).
Accanto all'Horologium sorgeva anche l'Ara Pacis (altare dedicato alla pace, voluto dallo stesso Augusto), che l'ombra dell'obelisco raggiungeva proprio nel giorno del compleanno dell'imperatore, il 23 settembre.
La guglia cadde probabilmente attorno all'XI secolo, rompendosi in più frammenti, che vennero poi progressivamente coperti dalla terra e dai detriti.
Alla fine del Cinquecento papa Sisto V ne avviò gli scavi; tuttavia l'obelisco fu estratto molto tempo dopo, verso la fine del XVIII secolo, e solo cinque delle sue parti furono ritrovate.
Nel frattempo, circa una cinquantina d'anni prima dell'estrazione, un altro antico reperto veniva rinvenuto in piazza di Montecitorio: si trattava di una colonna alta e liscia, dedicata all'imperatore Antonino Pio, con una base splendidamente scolpita. Ma tutti gli architetti che provarono a disseppellirla fallirono nell'impresa, al punto che la colonna rimase persino notevolmente danneggiata dai tentativi.
Quando fu finalmente estratta, un incendio arrecò al monumento ancora più danno. Si decise così di sacrificare la colonna, che fu tagliata in più pezzi, allo scopo di integrare i frammenti mancanti dell'obelisco egizio; infatti le parti di quest'ultimo prive di geroglifici, come si nota chiaramente, hanno un diverso colore. Solo la base della colonna antonina fu conservata e si trova ora nei Musei Vaticani. Invece parti della predella di travertino dell'Horologium sono ancora esistenti, alla base degli edifici sorti lungo via di Campo Marzio.

collocazione originale dell'Horologium Augusti e
dell'Ara Pacis rispetto alla topografia attuale;
l'obelisco sorge ora in piazza di Montecitorio

È curioso che proprio in una delle scene incise alla base della colonna antonina (qui a sinistra), si vede l'obelisco solare retto da una figura maschile reclinata, che è un'allegoria del Campo Marzio, dove entrambi i monumenti sorgevano.

← la base della colonna antonina: vi è
raffigurato l'obelisco solare sorretto da una
figura maschile, allegoria del Campo Marzio

(illustrazione tratta da Wikipedia Commons)

il cartiglio di Psammetico II

La base su cui poggiava l'obelisco solare andò quasi del tutto perduta. Quando il monumento fu ritrovato e poi restaurato, i pochi frammenti originali furono inseriti nella nuova base, realizzata anch'essa in larga parte con i resti della colonna antonina. Su due facce affrontate vi si legge la stessa iscrizione presente alla base dell'obelisco flaminio, quella che parla della sua dedica al Sole da parte di Ottaviano Augusto: le poche parole che si leggono sui frammenti originali residui, infatti, risultano compatibili col testo dell'altro monumento.

la base integrata dell'obelisco solare: si noti come →
la parte superiore (originale) differisce per colore
da quella inferiore, ricavata dalla colonna antonina


la sfera bronzea
col doppio foro
Quando nel 1792 l'obelisco fu eretto davanti al tribunale, alla sua sommità venne collocata una sfera bronzea con due aperture, per richiamare la funzione originaria del monumento: a mezzogiorno un raggio di luce avrebbe dovuto attraversare la sfera, segnando così la data sul pavimento della piazza. Il nuovo congegno, però, dimostrò di essere impreciso e la sua funzione, quindi, cessò assai presto; in realtà ciò era avvenuto anche con l'Horologium, a proposito del quale Plinio il Vecchio attorno al 79 scrisse: « Questa osservazione [dell'ombra dell'obelisco] ormai da quasi 30 anni non coincide...» (Historia Naturalis, XXXVI, 73).
Una nuova linea con tacche in bronzo, avente una funzione puramente decorativa, fu collocata nella piazza nel 1998.

le nuove tacche (1998)

L'obelisco misura 21.80 metri (che arrivano a 33.27 se si contano anche la base e il globo).


5 - 6 · OBELISCHI LIBERIANO E QUIRINALE

Due obelischi anepigrafi (senza geroglifici), quasi identici tra loro, si ergono sulla sommità di due diversi colli, l'Esquilino e il Quirinale: sono la coppia di guglie che un tempo fiancheggiava l'ingresso del mausoleo dell'imperatore Ottaviano Augusto in Campo Marzio (cfr. il relativo rione).
← il Mausoleo di Augusto,
in una ricostruzione d'epoca


i pezzi di uno degli obelischi →
(freccia blu) giacciono a terra
lungo la via che passa accanto al
grande mausoleo rotondo (1577)

Della loro storia si sa poco. Pare che in origine non facessero parte del mausoleo, perché non vengono mai citati da alcun testo fino alla seconda metà del I secolo, e si ritiene pertanto che siano stati aggiunti al complesso una cinquantina di anni dopo la sua costruzione, se non anche più tardi; il loro trasferimento a Roma risalirebbe a pochi anni prima.
Durante il medioevo giacquero lì accanto, parzialmente sepolti e in frantumi. Papa Leone X (1513-21) ne fece dissotterrare uno, che fu poi trascinato lungo la vicina strada che corre parallela al fiume (in alto a sin.), dove viene raffigurato in alcune piante rinascimentali, ancora in pezzi.

(↑ in alto) l'obelisco alle spalle di Santa Maria Maggiore
e il suo quasi gemello presso Palazzo del Quirinale (a destra →)

Sisto V usò questo obelisco per adornare la piazza alle spalle della basilica di Santa Maria Maggiore (in basso a sinistra). L'erezione ebbe luogo il 28 luglio 1587. Perché optò per il retro della chiesa anziché per il davanti potrebbe spiegarsi col fatto che la piazza segnava il punto finale della lunga e diritta via Felice, aperta dal papa per collegare il Pincio all'Esquilino, che era stata chiamata col nome di battesimo dello stesso pontefice. Un'altra ragione probabile è che su questa stessa piazza si apriva il cancello principale di Villa Montalto, un'estesa proprietà appartenente proprio a Sisto V.
Circa duecento anni dopo, nel 1786, Pio VI trasferì il secondo obelisco alla piazza presso Palazzo del Quirinale, la residenza estiva dei pontefici.
Qui la guglia, su un'alta base di travertino, è posta dietro ad una grande vasca rotonda di epoca romana adibita a fontana ed è fiancheggiata da due colossali statue di Castore e Polluce (i Dioscuri, figli gemelli di Giove) coi loro cavalli, anch'esse romane, che un tempo appartenevano alle vicine Terme di Costantino (inizi del IV secolo). Nel corso del medioevo le due figure rappresentarono uno dei punti di riferimento più importanti di Roma; infatti questo luogo veniva tradizionalmente chiamato Montecavallo proprio per la presenza di queste statue.

I due obelischi sono entrambi privi di iscrizioni ed a prima vista appaiono perfettamente uguali; ma alla misurazione, quello sul colle Esquilino fa registrare 14.75 metri, mentre quello sul Quirinale è leggermente più basso, di 11 cm. Con le rispettive basi raggiungono 25.53 m (esquilino) e 28.94 m (quirinale).

Un'altra caratteristica interessante è che queste due guglie non terminano con un pyramidion alla sommità, come qualsiasi altro obelisco, bensì hanno entrambe le estremità del fusto piatte: potrebbero essere state scolpite con questa forma, oppure il piccolo terminale potrebbe essere stato rimosso prima di innalzare i due monumenti.
Pertanto i due elementi bronzei che hanno all'estremità superiore non sono inseriti sul pyramidion, ma poggiano direttamente sulla parte sommitale del fusto. Entrambi presentano una croce e una stella a otto punte, un'impresa araldica che fa parte tanto dello stemma di Sisto V quanto di quello di Pio VI, ma solo l'obelisco sul colle Esquilino ha in più anche la piccola impresa dei "montini" (in alto a sin.).




introduzione
note generali
e storiche

II parte
obelischi
dell'Iseo·Serapeo

III parte
obelischi
romani

IV parte
l'obelisco di Axum
steli moderne