~ Monografie Romane ~

Acquedotti
· III parte ·
pagina 2a

L'AQUA CLAUDIA, L'AQUA MARCIA E L'ACQUA FELICE


la lunga serie di fornici dell'Acqua Felice lungo vicolo dell'Acquedotto Felice


I tre acquedotti vengono trattati assieme perché il loro tragitto nell'area urbana segue un percorso in comune. Per ciascuno di essi è necessaria una breve descrizione per poter comprendere come siano abbinati tra di loro (cfr. la cartina dei dintorni ad est di Roma qui in basso).

L'Aqua Marcia era il terzo degli acquedotti in ordine cronologico ed era quello più lungo di tutti (91 Km, o 61.7 miglia romane); correva sottoterra per il 90% del suo percorso. Fu realizzato nel 144 aC e prese il nome dal pretore Quinto Marzio Re che ne supervisionò la costruzione. La sua acqua era famosa per la purezza e per l'ottimo sapore. Le sorgenti erano situate a nord-est di Roma, tra le attuali Vicovaro e Subiaco. Presso Vicovaro scorreva accanto alle sorgenti dell'Anio Vetus (il secondo acquedotto costruito, che scorreva interamente sottoterra). Poi toccava Tivoli, prima di fare un'ansa verso sud, così da raggiungere i Castelli Romani, a sud-est, da dove entrava in città.

L'Aqua Tepula fu costruita una ventina di anni dopo (125 aC); le sue sorgenti si trovavano nei Castelli Romani, tra le attuali Grottaferrata e Marino. Fu chiamata tepula ("tiepida") perché la temperatura dell'acqua alla sorgente era di 16-17°C, mentre tutte le altre acque erano assai più fredde, in particolare l'anzidetta Aqua Marcia: racconta un aneddoto che l'imperatore Nerone un'estate volle fare il bagno nelle sue sorgenti e quasi perse i sensi!

Anche l'Aqua Iulia (33 aC), che prendeva il nome dalla gens (famiglia) a cui appartennero Giulio Cesare e l'imperatore Ottaviano Augusto, aveva le sorgenti nella stessa zona, presso il Lago di Albano; infatti, assieme all'Aqua Tepula, muovendo in direzione di Roma si congiungevano entrambe all'Aqua Marcia, così da sfruttare le strutture già esistenti di quest'ultima: fluivano ciascuna in uno speco individuale, situato rispettivamente nella parte centrale e in quella sommitale dell'attico (cfr. lo schema più in basso).

L'Aqua Claudia e l'Anio Novus furono costruiti simultaneamente, tra il 38 e il 52 dopo Cristo. Il primo prese il nome dell'imperatore Claudio, sotto il cui regno i lavori furono completati, mentre il secondo venne chiamato Anio dal vecchio nome latino del fiume Aniene, del quale seguiva il corso; ma poichè già esisteva un acquedotto chiamato nello stesso modo - ed aveva anche lo stesso percorso - a quest'ultimo fu rinominato Anio Vetus ("Aniene vecchio"), mentre all'altro fu dato l'aggettivo Novus ("nuovo"). L'Anio Novus era abbastanza più lungo dell'Aqua Claudia: rispettivamente misuravano quasi 87 Km pari a 58.7 miglia romane contro quasi 69 Km o 46.4 miglia romane (come dice l'antica iscrizione sopra Porta Praenestina). Ma entrambi erano più corti dell'Aqua Marcia, il cui persorso era più irregolare.
L'Aqua Claudia correva sottoterra per circa 4/5 della sua lunghezza e l'Anio Novus faceva lo stesso per una porzione ancora maggiore. Nell'approssimarsi a Roma scorrevano al di sopra del livello del terreno sfruttando la stessa serie di arcate, che aveva un doppio speco: in quello superiore passava l'Anio Novus e in quello inferiore l'Aqua Claudia. L'altezza che questa struttura raggiungeva in certi punti era davvero notevole.
Questo acquedotto e quello di cui si è detto in precedenza con un triplo speco si avvicinavano a Roma correndo paralleli e piuttosto vicini l'uno all'altro (cfr. schema a destra). Lo stretto spazio che racchiudevano era lastricato come una strada, almeno in alcune parti, fungendo da passaggio di servizio per la manutenzione e il restauro delle varie parti.

L'Acqua Felice fu realizzata molti secoli dopo, verso la fine del Rinascimento, per volere di papa Sisto V; infatti prese un nome italiano e non più latino. Il pontefice si chiamava Felice Peretti, quindi all'acquedotto fu dato il suo nome di battesimo, che oltretutto suonava beneaugurante. La sua lunghezza complessiva era 28.7 Km. Sfruttava le stesse sorgenti che un tempo erano state usate dall'Aqua Alexandrina (descritta a pagina 3), ma la sua direzione puntava verso sud-ovest, scorrendo sottoterra. Emergeva nella zona chiamata "Roma Vecchia" (ora nel Parco degli Acquedotti); in questo stesso luogo l'Acqua Felice raggiungeva il percorso delle anzidette Aqua Marcia e Aqua Claudia, a quell'epoca già in stato di rovina. Qui i costruttori presero da queste antiche strutture tutto il materiale da costruzione che riuscirono a trovare, riimpiegandolo per edificare il nuovo acquedotto sui loro scarsi resti; in questo modo l'Acqua Felice finì letteralmente col rimpiazzare gran parte dell'Aqua Marcia e diverse parti dell'Aqua Claudia.
Per tale motivo, purtroppo, all'interno dell'area urbana rimane poco dell'Aqua Claudia e pressoché nulla dell'Aqua Marcia. Invece l'acquedotto rinascimentale è ancora in piedi per la sua intera lunghezza (cfr. l'illustrazione in apertura di pagina); i suoi fornici si distinguono facilmente dalle strutture più antiche, essendo molto più lisce e semplici, a volte con pilastri posti a distanze variabili, decisamente più bassi di quelli romani.

Per poter rintracciare le parti antico-romane ancora esistenti, l'Acqua Felice fa da filo d'Arianna, facendo strada attraverso l'estrema periferia, dove sono ancora rimaste in piedi porzioni importanti di Aqua Claudia, così come pure qualche segmento di Aqua Marcia.
Un'ultima nota importante: queste pagine descrivono gli acquedotti da Roma verso la periferia, cioè in direzione opposta a quella in cui scorreva l'acqua.
Poiché le comuni piantine turistiche solitamente non comprendono questi quartieri, per chi volesse seguire a piedi l'intero itinerario Roma Virtuale mette a disposizione un pianta molto dettagliata, facile da seguire e divisa in tre parti. Nella pianta sono indicate anche le più vicine stazioni della metropolitana () e le fermate della ferrovia urbana Roma-Pantano ().


DALLO SPES VETUS
AL QUARTIERE APPIO CLAUDIO


(vedi pianta, I e II parte)


l'Acqua Felice abbandona le mura aureliane presso una torre:
da qui seguiva i resti del Circo Variano per circa 400 m
L'Acqua Felice raggiungeva Porta Maggiore seguendo la cinta muraria di Aureliano per circa 350 m lungo via Casilina, attraversando l'area un tempo chiamata ad Spes Veterem ("presso la Vecchia Speranza", dal tempio Spes Vetus), finché le mura piegano ad angolo retto verso ovest.
In questo punto l'acquedotto rinascimentale abbandona brevemente il tracciato originale della Claudia per seguire le fondazioni del Circo Variano (evidenziato in verde nella pianta); era un'arena per la corsa delle bighe che faceva parte del complesso del Sessorium (residenza imperiale), voluto da Settimio Severo e completato sotto Elagabalo attorno al 220, ma caduto rapidamente in disuso appena mezzo secolo dopo, quando venne tagliato in due dal tracciato delle mura aureliane, e di cui oggi non rimangono che scarsi resti nel sottosuolo.

Lungo questo tratto l'Acqua Felice costeggia il parcheggio di un supermercato, successivamente attraversa piazza Lugo e segue via Lanusei tagliandola in due metà. Abbandonate le strutture del circo, torna nuovamente a seguire l'antico percorso dell'Aqua Claudia, ma ora per un breve tratto rimane nascosta dietro alle case. Ricomparire circa 150 metri dopo, lungo via Casilina Vecchia, seguendo la quale attraversa per tre volte uno snodo ferroviario. Qui degli enormi fornici moderni costruiti nel '900 hanno sostituito qualcuno di quelli originali per consentire ai treni di transitare; invece i pilastri dell'Acqua Felice ancora in piedi mostrano alcune caratteristiche indicanti chiaramente che un tempo appartenevano all'Aqua Claudia: la loro forma ha una strozzatura alla sommità, dove si uniscono agli archi, e sui loro lati si osservano impronte rettangolari lasciate nella malta dai blocchi di pietra con cui un tempo erano rivestiti (illustrazione a destra), che furono rimosse e riciclate in epoca rinascimentale; anche il vecchio calcestruzzo con grosse pietre irregolari è a tratti visibile.
Una volta superato lo snodo ferroviario, l'acquedotto si può seguire solo dal lato rivolto a occidente, essendo l'altro lato appartenente ad alcune proprietà private.
più avanti, lungo via Casilina Vecchia, si
riappoggia all'Aqua Claudia, i cui pilastri
conservano le impronte delle pietre rimosse
Dove termina via Casilina Vecchia, questo schema si rovescia: l'acquedotto può essere seguito sul lato orientale, lungo via del Mandrione, mentre una lunga fila di terreni privati usa il lato opposto dell'Acqua Felice come muro perimetrale. Questa strada corre quasi diritta per circa 1600 metri, tra la linea ferroviaria e l'Acqua Felice; è bene che i pedoni prestino attenzione, in quanto non vi sono marciapiedi e il traffico locale può essere veloce, nonostante la presenza di dossi artificiali.

Proprio all'inizio di questa strada, all'angolo con vicolo del Mandrione, dirimpetto all'acquedotto, quello che sembra un comune muro ad una più attenta ispezione rivela la presenza di una trama (ora largamente sconnessa) con mattoni molto antichi, piccoli blocchi di tufo e perfino qualche frammento di marmo: questi sono gli scarsissimi resti dell'Aqua Marcia che un tempo passava per questo punto, parallela all'Aqua Claudia (cioè all'attuale Acqua Felice).
L'altezza dell'acquedotto lungo questo tratto appare molto minore di prima, a causa dell'innalzamento del livello del terreno. Gran parte dei fornici sono stati murati o chiusi con reti meralliche per proteggere le proprietà private alle spalle; uno degli archi è stato perfino trasformato in una cappella (a sinistra).

Dopo un po', all'incrocio con via della Marrana, l'acquedotto e la strada divergono leggermente, facendo entrambi una leggera curva in direzioni opposte, rimanendo quindi separati da altri terreni privati. L'Acqua Felice rimane visibile sulla destra, a una certa distanza.

Quando la strada supera la stazione Casilina, assai presto, oltre un campo sportivo ricompaiono alcuni resti di Aqua Claudia assieme all'Acqua Felice: l'acquedotto antico è chiaramente più alto del secondo ed è rivestito dei tipici grossi blocchi di pietra. In questo punto l'acquedotto romano, così come pure quello rinascimentale che vi poggia contro, cominciano nuovamente a convergere verso via del Mandrione.
Qualche metro più avanti, presso un incrocio con una breve strada in discesa che collega via del Mandrione a via di Porta Furba, inaspettatamente sono rimasti in piedi pochi archi dell'Aqua Marcia, fianco a fianco con l'Aqua Claudia, assai meglio conservata. Tuttavia sono praticamente invisibili, perché completamente ricoperti dalla fitta vegetazione spontanea e anche perché si estendono attraverso terreni privati.
Da questo punto fino alla fine di via del Mandrione, tutti gli acquedotti seguono di nuovo questa strada che, particolare interessante, si sovrappone perfettamente al percorso dell'antico passaggio di servizio, quello che un tempo correva tra l'Aqua Clauda e l'Aqua Marcia.

Vale la pena di ricordare che anche lo scomparso Anio Vetus, acquedotto pressoché interamente sotterraneo, un tempo correva in corrispondenza dell'attuale linea ferroviaria.

l'Aqua Claudia in via del Mandrione; i doppi fornici e l'aggiunta
di una cortina in laterizio sono tracce di restauri (secoli II-III);
all'estrema destra, l'Acqua Felice si separa dall'acquedotto più antico

Piuttosto bruscamente l'Acqua Felice abbandona l'Aqua Claudia facendo una piega ad angolo retto (punto 1 nella pianta qui in basso), traversando la moderna carreggiata per proseguire lungo il lato opposto della strada, dove un tempo si ergevano gli archi dell'Aqua Marcia. Quindi, per circa 100 metri, sul lato destro di via del Mandrione si trova l'Aqua Claudia da sola (illustrazione in alto); molti dei suoi pilastri sono più spessi della parte sommitale, essendo stati rivestiti da grosse pietre e gli archi parzialmente ostruiti da strati di mattoni: queste sono le tracce lasciate da numerosi interventi di consolidamento e di restauro eseguiti di tanto in tanto per tutta l'epoca imperiale.
Sul lato sinistro della strada, invece, corre l'Acqua Felice, che ha sostituito quasi del tutto l'Aqua Marcia; le sole scarsissime tracce dell'acquedotto romano antico appaiono a livello del suolo, come radi blocchi di pietra di colore marrone, che costituivano la base degli ormai scomparsi pilastri.
Assai presto l'Acqua Felice fa un gomito analogo ma in direzione opposta (punto 2), traversando nuovamente la strada per unirsi all'Aqua Claudia.

gli archi dell'Acqua Felice traversano la strada
unendosi all'Aqua Claudia (punto 2 della pianta)
Dove via del Mandrione giunge al termine, poco più avanti, l'Acqua Felice e l'Aqua Claudia si separano nuovamente con la stessa modalità (punto 3), mantenendosi parallele.
Qui, dove un breve tratto dell'Aqua Claudia viene a mancare, l'Acqua Felice scavalca via Tuscolana (l'ampia strada che corre tanto a destra quanto a sinistra) formando uno speciale arco (A) che celebra papa Sisto V, il quale era committente dell'acquedotto. In questo modo il pontefice riprendeva un'antica tradizione un tempo adottata dagli imperatori di Roma, quando i viadotti di cui quest'ultimi avevano finanziato la costruzione si trovavano a incrociare strade importanti.
A - Porta Furba  B - fontana di Clemente XII
▬▬▬
Aqua Claudia
Anio Novus
 ▬ ▬ ▬
Aqua Marcia
Aqua Tepula
Aqua Iulia
(scomparse)
 ▬▬▬
Acqua Felice

L'arco di Sisto V è chiamato Porta Furba, "porta" come se fosse uno degli accesi alla cinta muraria; l'etimologia del nome, però, è piuttosto incerta: c'è chi sostiene trattarsi di una deformazione di forma, termine con cui alcune piante rinascimentali indicavano gli acquedotti, ovvero dal latino fur ("ladro") a seguito di briganti e fuorilegge che un tempo infestavano la zona.
Purtroppo l'antico arco con cui anche l'Aqua Claudia un tempo scavalcava via Tuscolana è andato perduto; secondo fonti storiche era fatto di travertino bianco; infatti in una strada nei paraggi e nella più vicina stazione della metropolitana permane il toponimo Arco di Travertino.
Un'altro elemento interessante è la fontana con un mascherone dalle ali simili a quelle di un pipistrello che versa l'Aqua Felice in una vaschetta (B).
Questa è una di tre fontane che Sisto V fece costruire sui punti dove il suo acquedotto incrociava strade molto frequentate: le altre due sorgevano in via Casilina (presso Porta Maggiore) e in via Tiburtina (presso la porta omonima), quasi come un rinfrescante benvenuto per i viaggiatori che giungevano a Roma.

(↑ in alto) Porta Furba, dove l'Acqua Felice incrocia via Tuscolana;
(← a sin.) una testa di leone, impresa araldica di Sisto V, ne orna il fornice

il complesso in fondo a via del Mandrione comprende (da sinistra) l'Acqua Claudia, la fontana
di Clemente XII e i fornici dell'Acqua Felice fino ad appena qualche metro prima di Porta Furba
Delle tre è rimasta in piedi solo la fontana di via Tuscolana, un tempo popolarmente chiamata "la fontana bella", sebbene neppure questa sia del tutto originale: infatti, poiché oltre due secoli dopo verteva in cattive condizioni, nel 1723 papa Clemente XII la fece ristrutturare e ingrandire, come ricorda l'iscrizione appostavi. Da allora è sempre stata chiamata "la fontana di Clemente XII" (...e non più di Sisto V).

Subito dopo Porta Furba, altri resti dell'Aqua Claudia si estendono per circa 100 metri; qui i fornici appaiono quasi completamente ciechi, essendo stati riempiti con mattoni, ciò che li fa sembrare un muro più che un acquedotto.

Questo è probabilmente il risultato di uno o più restauri eseguiti nella tarda età imperiale (300-500): i mattoni servirono a puntellare i pilastri, che forse erano diventati instabili.
Oltre mille anni dopo, alla fine del XVI secolo, gli architetti che edificarono l'Acqua Felice rimossero interamente le grosse pietre squadrate dai pilastri dell'Aqua Claudia, per cui rimase in sede solo la struttura addizionale in laterizio.
Così ciò che oggi appare lungo questo tratto è fondamentalmente un enorme e suggestivo calco in mattoni della struttura originale, i cui pilastri e fornici sono adati perduti, ma la cui forma si riconosce ancora dalla nitida impronta rimasta nella struttura superstite.

Appena poco oltre questo punto, l'Aqua Marcia staccava un ramo chiamato Aqua Antoniniana, costruito agli inizi del III secolo sotto Caracalla, il cui scopo era raggiungere le famose terme pubbliche che prendevano il nome dallo stesso imperatore; una delle pochissime tracce di tale ramo è il cosiddetto Arco di Druso, situato lungo la via Appia (cfr. Le Mura Aureliane, part III, pagina 2).

Dove il calco dell'Aqua Claudia giunge al termine, l'Acqua Felice, ininterrotta, scavalca ancora la moderna carreggiata e continua a seguire un lato di vicolo dell'Acquedotto Felice, una stretta via che corre parallela all'acquedotto (illustrazione a sinistra).

← l'Acqua Felice lungo il vicolo omonimo

Circa 250 m più avanti vicolo dell'Acquedotto Felice penetra all'interno di un parco pubblico e diventa un sentiero. Qua e là, dirimpetto all'Acqua Felice, poche ma ancora imponenti rovine dell'Aqua Claudia si intravedono attraverso gli alberi.
Dove il sentiero giunge ad un bivio, un breve tratto in discesa a destra conduce verso una bella serie di archi dell'antico acquedotto (a destra), molto restaurati; le profonde impronte squadrate lungo i pilastri sono le tracce lasciate dai pietroni rimossi in epoche diverse e riutilizzati per altre opere (in particolare per la costruzione della vicina Acqua Felice).


Seguendo ancora quest'ultima, il sentiero va facendosi sempre più stretto e circa 150 metri più avanti, in direzione opposta alla città, l'acquedotto raggiunge una torre del XIII secolo.

archi superstiti dell'Aqua Claudia; si comincia a vedere Tor Fiscale (a destra)
È chiamata Tor Fiscale (nome che prende anche l'intera zona), o Torre del Fiscale, in quanto nel Seicento appartenne a un tesoriere pontificio (un "fiscale"), tale Filippo Foppi; in precedenza era conosciuta come Torre del Branca.

Fu edificata nel punto dove l'Aqua Claudia e l'Aqua Marcia, per motivi legati alla necessità di mantenere ad una certa altezza dal suolo gli spechi che sostenevano, si incrociavano ad angolo retto, scambiando così le rispettive posizioni.
Circa 200 metri a sud-est da questo luogo i due viadotti si incrociavano di nuovo (cfr. pianta a sinistra). Così facendo, circoscrivevano un'area trapezoidale compresa tra la torre e il secondo punto di incrocio. Gli Ostrogoti comandati da Vitige, che assediarono Roma dal 537 al 538, murarono i fornici dei viadotti in questo tratto ed usarono l'area come uno dei numerosi accampamenti situati attorno alla città in punti strategici. In questo modo impedirono alle derrate di giungere a destinazione.

▬▬▬▬▬ Aqua Claudia
▬ ▬ ▬ tratti mancanti di Aqua Claudia
▬▬▬▬▬ Acqua Felice (costruita sull'Aqua Marcia)


il lato settentrionale di Tor Fiscale
incorpora un fornice dell'Aqua Claudia
Per tale ragione il territorio compreso tra Porta Furba e Tor Fiscale venne in seguito chiamato Campus Barbaricus ("campo dei barbari"). Una cronaca dell'assedio è stata lasciata dallo storico Procopio da Cesarea (si veda qui in basso), che assistette di persona a questi eventi.
Nella parte inferiore della torre si riconoscono i resti dei due acquedotti antichi. Rimano molto poco dell'Aqua Marcia, ma dal lato che guarda verso nord si scorge chiaramente uno dei fornici dell'Aqua Claudia, mentre sul lato occidentale di quest'ultima di osserva lo speco, mentre un secondo speco che correva lungo lo stesso acquedotto, in posizione più alta, cioè quello dell'Anio Novus, non è più pervio.
Invece non rimane nulla dell'Aqua Marcia, essendo stata completamente sostituita dall'Acqua Felice, che prosegue la traiettoria rettilinea attraversando la base della torre.

il lato occidentale di Tor Fiscale:
si noti lo speco dell'Aqua Claudia, ancora pervio

E i Goti, rendendosi conto di ciò, non vollero più rischiare una battaglia decisiva col loro nemico, ma vigilarono affinché nulla fosse loro portato in città. Vi sono due acquedotti tra le vie Latina e Appia, altissimi e poggianti su archi per una grande lunghezza. Questi due acquedotti si incontrano in un luogo distante cinquanta stadi da Roma e si incrociano, così da scambiare le relative posizioni per un breve tratto. Per cui quello che in precedenza era a destra da quel punto in poi procede sul lato di sinistra. E in seguito, ricongiungendosi, riprendono le loro precedenti posizioni, e da lì in poi rimangono separati. Pertanto lo spazio tra di loro, circondato com'è dagli acquedotti, forma una fortificazione. E i barbari qui murarono le arcate inferiori degli acquedotti con pietre e fango, dandogli la forma di un forte e, accampandovisi con un numero di uomini non inferiore a settemila, vigilarono che da allora in poi il nemico non portasse provviste in città.
tratto da Procopio di Cesarea, Guerra Gotica - Libro II, capitolo III


Presso Tor Fiscale il sentiero (ancora ufficialmente chiamato vicolo dell'Acquedotto Felice) giunge al termine; per proseguire, quindi, è necessario percorrere una delle due seguenti vie. Il primo percorso è quello più breve e certamente quello più gradevole dal punto di vista paesaggistico, come le illustrazioni che seguono ben documentano; ma poiché attraversa una zona molto isolata e priva di illuminazione elettrica, è sempre bene poter contare su un itinerario alternativo.

   Primo percorso(segnato in  violetto  nella pianta grande)
Si gira attorno alla torre, prendendo il sentiero che comincia alle sue spalle, confinante a destra con un impianto sportivo. Mentre si procede, voltandosi ogni tanto si può godere della bella vista sulla torre che domina la vegetazione.

un incontro inatteso
Appena superata la linea ferroviaria Roma-Napoli con un breve sottopassaggio, il sentiero piega a destra, passando tra una seconda linea ferroviaria (la Roma-Cassino) e i campi coltivati, su cui Tor Fiscale continua a svettare. Al termine di questo tratto, dopo una svolta a sinistra il sentiero comincia a salire, per congiungersi poco dopo con via del Quadraro, appena prima che la strada scavalchi la seconda ferrovia.
Oltre quest'ultima si entra nuovamente nell'area abitata, al confine tra i quartieri Tuscolano e Appio Claudio.

Tor Fiscale dal sentiero alle sue spalle

   Secondo percorso(segnato in  rosa  nella pianta grande)
Appena superata Tor Fiscale, si prende sulla destra una stradina che va in leggera discesa, per circa 150 metri, e con due ampie curve arriva ad immettersi, presso un concessionario di automobili, nella larga e trafficata via Appia Nuova. Nel procedere lungo questo tratto, rivolgendo lo sguardo a sud-est, ad una certa distanza si vede chiaramente un altro tratto dell'Aqua Claudia.
Si segua l'Appia Nuova verso sinistra (cioè verso sud, in direzione opposta al centro città); dopo circa 800 metri si raggiunge un incrocio con via del Quadraro: prendendo questa strada, si incrociano gli archi di un viadotto ferroviario (la linea Roma-Napoli), quindi si passa abbastanza vicino al tratto di Aqua Claudia osservato poco prima, situato alle spalle di un impianto sportivo. Infine si scavalca dall'alto una seconda linea ferroviaria (la Roma-Cassino), dove questo percorso si ricongiunge col primo.

alcuni archi dell'Aqua Claudia presso la linea ferroviaria


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