~ la lingua e la poesia ~
- 11 -

introduzione al
DIALETTO ROMANO




IN QUESTA PAGINA
  • 7 - il raddoppio di consonanti
  • 8 - elisioni, aferesi e sincopi
  • 9 - il vocativo
  • ~ pagina 3 ~

    altre pagine
    1 | 2 | 3 | 4 | 5 |

    ultimo aggiornamento
    giugno 2014



    7. IL RADDOPPIO DI CONSONANTI
    Il suono del dialetto romano è più duro dell'italiano: i vocaboli che iniziano per consonante + vocale, se precedute da un'altra vocale, spesso enfatizzano la consonante rinforzandone il suono.
    Alcuni esempi:

    qualche cosa
    e poi
    se proprio
    con tanta fatica
    un uomo buono

    quarche ccosa
    e ppoi
    si ppropio
    co ttanta fatica
    un omo bbono


    Le regole che disciplinano l'uso del raddoppio sono alquanto complesse, ma valide per quasi tutte le consonanti e i suoni, che pertanto analizziamo individualmente.

    Oltre a queste regole generali, un caso particolare che è già stato citato nel paragrafo ARTICOLI è quello di er ed un, i quali formano un'elisione davanti ad alcune consonanti e quest'ultime raddoppiano, tranne la "r".

    SUONO
    ORIGINALE

    PRONUNCIA
    EFFETTIVA

    er l-
    e' ll-
    er r-
    e' r-

    un l-
    u' ll-
    un m-
    u' mm-
    un n-
    u' nn-
    un r-
    u' r-

    Le stesse regole di un valgono anche per la negazione non (in romano nun), ma in tal caso anche la "l" rimane singola:
    SUONO
    ORIGINALE

    PRONUNCIA
    EFFETTIVA

    nun l-
    nu' l-
    non le vedo nun le vedonu' le vedo
    nun m-
    nu' mm-
    non me lo dire nun me lo dìnu' mme lo dì
    nun n-
    nu' nn-
    non ne parliamo nun ne parlamonu' nne parlamo
    nun r-
    nu' r-
    non rischiare nun risicànu' risicà
    Come già detto, Belli stranamente non riporta queste forme, ma si trovano invece in Zanazzo.


    Una consonante inserita tra due vocali può raddoppiare anche in altre parti del vocabolo (non solo all'inizio), come mostrano questi esempi, ma ciò avviene secondo regole ancora più imprecise e capricciose di quelle fin qui descritte.

    roba
    accelerato
    Michele
    ognuno
    moltiplicato

    robba
    accellerato
    Micchele
    oggnuno
    mortippricato

    In un modesto numero di casi, è una doppia consonante nella parola italiana a divenire singola in romano:

    uccello
    davvero
    mattina
    quattrini

    uscelloo ancheucelloma con la "c" strusciata
    davero
    matina
    quadrinio anchequatrini

    In particolare, i dimostrativi quello, quella, quelli, quelle, se usati come aggettivi, cioè seguiti dal sostantivo a cui si rivolgono (o da un altro aggettivo riferito al sostantivo), nel dialetto parlato perdono una "l". Se usati come pronomi, non la perdono.

    quella casa
    quella grande casa
    a quello sportello
    perché quella mattina pioveva
    perché è quella vecchia
    perché quella è vecchia

    quela casa
    quela granne casa
    a cquelo sportello
    perché cquela matina pioveva
    perché è cquela vecchia
    perché cquella è vvecchia




    DIALETTO MODERNO
    Le consonanti doppie all'inizio del vocabolo non vengono più scritte, ma sono comunque pronunciate con forza, come se lo fossero. È anche invalsa la tendenza ad abbandonare alcuni raddoppi enfatici all'interno del vocabolo, ma anche in questo caso il suono è rimasto identico.
    Al contrario, un curioso cambiamento proprio del dialetto moderno è il dimezzamento della doppia "r", che si incontra in molti vocaboli:

    la terra
    il carrettiere
    la guerra
    l'errore
    il terrazzo
    si dice "erre"
    CLASSICO
    la terra
    er carrettiere
    la guerra
    l'errore
    er terrazzo
    se dice "erre"
    MODERNO
    'a tera
    er carettiere
    'a guera
    l'erore
    er terazzo
    se dice "ère"

    Molti, anche tra i romani, erroneamente credono che quello della doppia ère sia un fenomeno di pronuncia originario di questo dialetto; in realtà è venuto manifestandosi solo dagli inizi del Novecento, non trovandosene alcuna traccia nei Sonetti di Belli (secolo precedente). Si comincia a notare nelle opere di Trilussa e nei sonetti giudaico-romaneschi di Crescenzo Del Monte, ma dove diventa ancor più evidente è soprattutto nei monologhi di Ettore Petrolini.




    8. ELISIONI, AFERESI E SINCOPI
    Molti vocaboli in dialetto subiscono la perdita di una o più lettere finali (elisione). Altri, invece, subiscono perdite di lettere nella parte iniziale (aferesi). Altre ancora vengono contratte perdendo lettere o sillabe centrali (sincope). Si tratta per lo più di modifiche atte a rendere più fluida e cadenzata la pronuncia del dialetto parlato (vedi anche SOSTITUZIONI DI LETTERE).

    DIALETTO MODERNO
    Nel dialetto moderno l'elisione di indove davanti a vocale è più estesa: viene persa l'intera sillaba finale -ve, rimanendo indo'. Se poi l'avverbio apre la frase oppure è preceduto da un altro suono vocalico, subisce spesso anche un'aferesi, e ne rimane 'ndo' (o 'ndò).

    dove vanno?
    è dove abita Mario
    dove si esce?
    da dove si passa
    CLASSICO
    indove vanno?
    indov'abbita Mario?
    indove ss'essce?
    d'indove se passa?





    MODERNO
    'ndo' vanno?
    'ndo' abbita Mario
    'ndo' s'essce?
    da 'ndo' se passa?



    9. IL VOCATIVO
    Nella lingua parlata, se una frase è rivolta ad una persona viene aperta molto frequentemente da una locuzione vocativa. La forma più usata è quella in cui il nome di battesimo (o il diminutivo, o soprannome) dell'interlocutore, preceduto dalla particella vocativa a (equivalente all'italiano o) ed eventualmente al titolo, viene troncato alla penultima sillaba.
    Dopo questa "a" vocativa, contrariamente alla regola generale (vedi sopra il paragrafo IL RADDOPPIO DI CONSONANTI) mantengono il raddoppio iniziale pochissimi suoni iniziali: b-, gi-, sce- e sci- (ma non ce- e ci- che diventano sce- e sci- in romano), e z-.
    signore...oppuresignora... a siggno'...
    ragazzi... a rega'...
    Alberto... a Albe'...
    Bruno,...oppureBruna... a Bbru'...
    Cesare... a Sce'...
    Giovanni...oppureGiovanna... a Ggiuva'...
    Lella...1 a Le'...
    Romolo... a Ro'...
    signor Piero...oppuresignor Pietro... a sor Pie'...
    signora Maria... a sora Mari'...

    1. - diminutivo di numerosi nomi femminili, soprattutto quelli terminanti in -ella
    Solo i nomi in cui l'accento cade sulla prima lettera (vocale), quali Anna, Elide, Ines, ecc., non vengono mai elisi ma pronunciati per intero.

    Anche quando si rivolge un epiteto a qualcuno si usa la forma vocativa, seguita dall'aggettivo, ma senza elisione:

    morto di sonno...
    sporcaccione...
    ubriacone...

    a morto de sonno
    a zzozzone... a 'mmriacone...ma nel dialetto moderno la "b" si sente di più:a 'mbriacone...


    Spesso il vocativo viene ulteriormente rafforzato facendo aprire la frase dalla particella esclamativa ahó..., che in italiano equivale a ehi...:

    ehi, Peppe...1
    ehi, signore...
    ehi, ragazzi...
    ehi, prepotente...

    ahó, a Pe'....
    ahó, a siggno'...
    ahó, a rega'...
    ahó, a propotente...

    1. - diminutivo di Giuseppe

    Poiché un diminutivo molto frequente è Ciccio (che si riferisce al nome Francesco), nel dialetto moderno non è raro che ci si rivolga ad uno sconosciuto apostrofandolo in tono molto confidenziale: a ci'..., pur non conoscendone il nome.
    Ad esempio: ahó, a ci', che cciai d'accénne? ("ehi, amico, hai da accendere?"), e così via.




    introduzione al DIALETTO ROMANO
    indice per argomenti

    indice per pagine
    | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |



    ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
    i testi contenuti in queste pagine sono di esclusiva proprietà intellettuale dell'autore
    senza il suo consenso ne è vietata ogni forma di riproduzione, anche parziale
    ........a rega', famo a ccapisse!

    ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~