|
VI
Basta, dunque, pe fà breve er discorso,
Va be', je fece er re, quer ch'ho promesso
Lo mantengo; ma, dice, ve confesso,
Che io nun ce vorrebbe avé rimorso;
Per cui, st'affare qui ha da fà er suo corso:
Perch'io, si governassi da me stesso,
Che c'entra? ve direbbe: annate adesso...
- Ma allora, fece lui, co' chi ho discorso?
Ma voi chi sête? er re o un particolare?
- Pe esse re so re, nun c'è quistione;
Ma mica posso fà quer che me pare.
Vor dì che voi portate li registri
De le spese, l'esatta relazione,
Che ve farò parlà co li ministri. |
VI
Basta, dunque, per farla breve,
Va bene, gli disse il re, quel che ho promesso
Lo mantengo; ma vi confesso
Che non vorrei averne rimorso;
Per cui questa cosa deve seguire il corretto iter,
Perché se governassi da me stesso,
È ovvio, vi direi: andate anche ora...
- Ma allora, egli disse, 1 con chi ho parlato?
Ma voi chi siete? il re o un qualsiasi suddito?
Per essere re sono re, è fuor di dubbio,
Ma non posso certo fare quel che mi pare.
Vuol dire che se voi portate i registri
Delle spese, l'esatta relazione,
Vi farò parlare coi ministri. |
|
|
|
|
VII
E li ministri de qualunque Stato
So' stati sempre tutti de 'na setta!
Irre orre... te porteno in barchetta,
E te fanno contento e cojonato.
E così lui: ce se trovò incastrato
A doveje pe forza daje retta,
Je fecero la solita scoletta,
Da Erode lo mannaveno a Pilato.
E invece de venì a 'na decisione,
- Sa? je fecero, senza complimenti
Qui bisogna formà 'na commissione.
Lei j'annerà a spiegà de che se tratta,
E, dice, quanno loro so' contenti,
Ritorni pure che la cosa è fatta. |
VII
E i ministri di qualunque Stato 1
Sono stati sempre tutti uguali!
Bla bla... menano il can per l'aia,
E ti fanno felice e gabbato.
Lo stesso fu per lui; si trovò costretto
Ad accettare per forza le loro ragioni,
Gli fecero fare la solita trafila,
Da Erode lo mandavano a Pilato. 2
E invece di giungere ad una decisione,
- Sa? gli dissero senza complimenti,
Qui occorre formare una commissione.
Lei andrà loro a spiegare di cosa si tratta,
E quando essi sono soddisfatti,
Ritorni pure che è cosa fatta. 3 |
|
|
|
|
VIII
Eh, giacchè ho fatto trenta, fece quello,
Be', dice, che vôi fà? famo trentuno.
Ci agnede, e se trovò in mezzo a un riduno
De gente che Dio sàrvete, fratello!
Lo teneveno lì come er zimbello!
L'interrogorno tutti, uno per uno,
E poi fecero, dice: - Sarv'ognuno,
Ma questo s'è svortato de cervello.
Lui parlava, ma manco lo sentiveno;
E più lui s'ammazzava pe scoprilla
E più quell'antri je la ricopriveno.
Ma lì, secondo me, ne li segreti
De quer complotto lì, ma manco a dilla,
C'era sotto la mano de li preti. |
VIII
Eh, giacché ho fatto trenta, egli disse,
Beh, cosa vuoi farci, facciamo trentuno.
Ci andò, e si trovò in mezzo a un raduno
Di gente che Dio ce ne scampi e liberi!
Lo tenevano lì come uno zimbello!
Lo interrogarono tutti, uno per uno,
E poi dissero: "Dio ne guardi, 1
Ma costui è uscito di senno.
Egli parlava, ma nemmeno lo udivano;
E più si affannava ad alzarla 2
Più gli altri gliela coprivano.
Ma secondo me, lì fra segreti
Di quel complotto, nemmeno a dirlo,
C'era sotto lo zampino dei preti. |
|
|
|
|
IX
Ché mettetelo in testa ch'er pretaccio
È stato sempre lui, sempre lo stesso!
Er prete? È stato sempre quell'omaccio
Nimico de la patria e der progresso.
E in quelli tempi, poi, si un poveraccio
Se fosse, Dio ne scampi, compromesso,
Lo schiaffaveno sotto catenaccio,
E quer che'era successo era successo.
E si poi j'inventavi un'invenzione,
Te daveno, percristo, la tortura
Ner tribunale de l'inquisizione.
E 'na vorta lì dentro, sarv'ognuno,
La potevi tené più che sicura
Da fà la fine de Giordano Bruno. |
IX
Perché mettiti in testa che il pretaccio 1
È stato sempre lui, sempre lo stesso!
Il prete? È stato sempre quell'uomo malvagio
Nemico della patria e del progresso.
E in quei tempi, poi, se un poveretto
Si fosse, Dio ne guardi, compromesso,
Lo mettevano in catene,
E quel ch'era stato era stato.
E se poi inventavi qualcosa di nuovo,
Ti davano la tortura
Nel tribunale dell'inquisizione.
E una volta lì dentro, Dio ne guardi,
Potevi starne più che certo
Di fare la fine di Giordano Bruno. 2 |
|
|
|
|
X
Lui, defatti, se mésse in diffidenza;
E fece: dice, qui p'er vicinato
Se sente un po' de puzza d'abbruciato...
Ma fresca! dice, qui ce vo' prudenza.
Defatti tornò su da su' eccellenza,
Je fece: - Be', cos'hanno combinato?
- Eh, dice, sa? l'affare è un po' impicciato,
Ripassi un'antra vorta, abbia pazienza.
Ma lui pensò: ma qui giocamo a palla!
Ma qui me vonno mette ner canestro!
Ma sai che nova c'è? Mejo a piantalla!
La voleva piantà. Ma 'na matina,
Ma indovinece un po'? Nun je viè l'estro
De volè annà a parlà co' la regina? |
X
Difatti egli divenne diffidente;
E disse: da queste parti
Si sente un po' puzza di bruciato...
Ma accidenti! 1 qui ci vuol prudenza.
Difatti tornò su da sua eccellenza,
Gli chiese: - Beh, cos'hanno deciso?
- Eh, sa? la questione è un po' complessa,
Ripassi un'altra volta, abbia pazienza. 2
Ma egli pensò: qui giochiamo a palla!
Qui mi vogliono mettere nel sacco! 3
Sai che ti dico? Meglio farla finita.
Voleva rinunciare a tutto. Ma una mattina,
Indovina un po', non gli viene l'idea
Di voler andare a parlare con la regina? |
|
|
|