~ la lingua e la poesia ~
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GLI ANTENATI DEL DIALETTO DI ROMA - III

TRACTATI
Giovanni Mattiotti, 1450 c.ca



pagina 1
introduzione
pagina 3
le didascalie dei cicli di affreschi


Questa pagina contiene una breve selezione di brani tratti dai primi tre trattati, in doppia versione in volgare e in italiano, quest'ultima quanto più possibile fedele all'originale. I numeri in parentesi quadre all'inizio di ogni paragrafo indicano le pagine del manoscritto.

Tractati
della vita e delli visioni

Trattati
della vita e delle visioni

[1]

In nome della sanctissima Trinita, Patre et Figlio, et Spirito Sancto, et della gloriosissima alta regina nostra procuratrice, et dello glorioso Iohanni Baptista, et delli apostoli sancto Pietro et sancto Pavolo, et dello nostro patre sancto Benedecto, colla gloriosa infiammata sancta Maria Magdalena, et de tucta la celeste curia, amen.

Ad honore dello glorioso Singnore eterno Dio, et ad hedificatione et instructione de lanime.

Io prete Ianni indigno patre spirituale della devota ancilla dello excelso Singnore Dio beata Francesca, manifestaragio alcuna cosa che ad mea notita e venuto della vita et delle gratie le quale esso summo Signore li avo facte. La quale beata Francesca fo figlia dello nobile citadino romano chiamato Pavolo Bussa, et della nobile donna romana chiamata madonna Iacovella delli Rofredeschi. La quale beata Francesca dalla soa piccolezza fo honestissima et schifa sopra lo humano muodo, in tanto che non solamente non conversava, ma anche non era veduta da homo, et tanto che non pateva che lo suo patre la toccassi. Et genno allo suo marito chiamato Rienso delli Pontiani nobile citadino romano, essenno de etate de dodici anni, subito fo visitata de gravissima infirmita, la quale li duro granne tempo. Unde essenno molestata dalli suoi parienti che se facessi curare alli malefici, non volse mai ad tale divina offesa consentire. Et sanata della dicta infirmitate, de po certo tempo, anche fo visitata de granne infirmita, la quale li duro per spatio de uno anno, in tanto che era tucta perduta che non se poteva aiutare per si stessa. Unde venendoli una femina exorto la beata che se lassassi curare ad una malefica, della quale cosa essa avendone granne abominatione, la cacciò con grane terrore, como zelante della verità. Et la sequente nocte li venne in visione lo glorioso sancto alesso in forma de bello giovene, venendo lo die della soa festa, doi fiate li disse cotale parole: buoi tu essere sana? et essa beata respondendo che voleva quello che piaceva adio, subito fo sanata et liberata, et la matina rizzannose, chiamo la soa intima congnata Vannozza, et ammirata Vannozza perche sempre li aiutava perla grave infirmita disse: si tu Ceccolella? Et facenno insiemi con li homini della casa granne letitia, annaro ad visitare la ecclesia de sancto Alesso; della quale cosa fo granne ammiratione alle persone le quale sapevano la grave infirmita che aveva avuta vedendola bene sana.   (...)
[1]

In nome della santissima Trinità, Padre e Figlio, e spirito Santo, e della gloriosissima alta Regina nostra interceditrice, e del glorioso Giovanni Battista, e degli apostoli San Pietro e San Paolo, e di nostro padre San Benedetto, con la gloriosa e ardente Santa Maria Maddalena, e di tutta la Curia celeste, amen.

Per onorare il glorioso Signore, eterno Dio, e per edificare ed istruire le anime.

Io, prete Giovanni, indegno padre spirituale della devota ancella dell'eccelso Signore Dio, Beata Francesca, rivelerò alcune cose di cui sono venuto a conoscenza, riguardanti la vita e le grazie che essa ricevette dal sommo signore. La Beata Francesca fu figlia del nobile cittadino romano chiamato Paolo Bussa, e della nobildonna romana chiamata Madonna Iacovella dei Rofredeschi. Sin dalla sua infanzia, la Beata Francesca fu onestissima, e schiva più di ogni altra persona, in quanto non solo non conversava, ma neppure si incontrava con alcun uomo, al punto che non poteva soffrire che suo padre stesso la toccasse. E andando sposa a suo marito chiamato Renzo de' Ponziani, nobile cittadino romano, all'età di dodici anni, fu subito colpita da una gravissima malattia, che le durò molto tempo. E provando fastidio che i suoi parenti la invitassero a farsi curare con pratiche magiche, non volle mai acconsentire a commettere una tale offesa alla divinità. E una volta guarita dalla suddetta malattia, dopo un certo tempo fu nuovamente colpita da una grave malattia , che le durò per il tempo di un anno, al punto da ridursi in pessime condizioni, e non poter più badare a sé stessa. E una donna, andando da lei, la esortò a lasciarsi curare da una fattucchiera, per la qual cosa, provandone ella grande abominio, la cacciò via con grande terrore, aspirando con zelo alla verità. E la notte seguente le venne in visione il glorioso Sant'Alessio in forma di bel giovane, venendo a lei il giorno del suo compleanno, dicendole due volte queste parole: "Vuoi tu esser sana?"; e la beata, rispondendo che la sua volontà era la volontà di Dio, fu subito sanata e liberata [dal male]; e la mattina, alzandosi, chiamò la sua intima cognata Vannozza, e Vannozza, stupita perché la aiutava sempre a causa della grave infermità, disse: "Sei tu, Ceccolella?". E facendo grande letizia assieme agli uomini della casa, andarono a visitare la chiesa di Sant'Alessio; la qual cosa destò grande ammirazione da parte delle persone che sapevano della grave malattia che aveva avuto, nel vederla bene risanata.   (...)
[3]

   (...)    Era la beata ancilla de Christo de tanta temperantia che tanto de estate quanto de verno non mangnava se non una fiata lo die, advenga che de state perlo tempo angustioso la sera pigliava alcuno fructo o vero lactuca, per dicto de mi suo indigno patre spirituale, non mangnava mai de pesce ne fiesco ne salato; carne fiesca ne mangnava pochissima et raro. Essa beata non beveva mai vino, ma solo acqua pura. Non mangnava pulli. Non ova ne sana ne inferma. Non zuccaro. Non mele, ne cose con esso facte. Non sceroppi ne medicine. Ma solo lo suo mangnare era de herbe, legumi cocta solo con acqua sensa olio, mangnava de fructi secundo lo suo tempo, et lupini, et simile cose de poca substantia, advenga che tale cose le mangnassi con amarezza perlo gusto perduto.
   (...)   
Quanto alle penitentie, era lo suo pretioso cuorpo tucto macerato con asprissime discipline tucte ad sangue, et cierchi de ferro, aspri et doppi cilicci, anche spesse fiate se scolava aduosso le facole accese de cera, della quale cosa ne stava assai piagata. Unde io prete Ianni suo indigno patre spirituale vedendo tanta consumata la ancilla pretiosa de Christo et mancata corporalemente, foi muosso per compassione, et dissi alla beata che tale penitentie non facessi piu, et levali li instrumenti con li quali faceva le discipline, et lo cierchio de lo ferro.   (...)
[3]

   (...)    La beata ancella di Cristo era così moderata che, tanto d'estate quanto d'inverno, non mangiava se non una volta al giorno, benché d'estate, a causa del clima pesante, la sera prendeva un po' di frutta o di lattuga, come io, suo indegno padre spirituale, le avevo detto di fare; non mangiava mai pesce, né fresco né salato; di carne fresca ne mangiava pochissima, e raramente. La beata non beveva mai vino, ma solo acqua pura. Non mangiava pollo. Non mangiava uova, né da sana, né da inferma. Niente zucchero. Né mele, né alimenti che ne contevevano. Né sciroppi, né medicine. Ma il suo unico cibo consisteva in erbe, legumi cotti solo con acqua, senza olio; mangiava frutta secondo la stagione, e lupini, e simili cibi poco sostanziosi, sebbene tali cibi li mangiasse con poca voglia, avendo perduto l'appetito.
   (...)   
In quanto alla penitenza, il suo prezioso corpo era tutto macerato da durissime discipline, tutte a sangue, e cerchi di ferro, cilici crudeli e doppi, e spesse volte si faceva colare addosso le gocce di cera bollente, della qual cosa ne rimaneva assai piagata. Pertanto io, prete Giovanni suo indegno padre spirituale vedendo la preziosa ancella de Cristo in tali cattive condizioni, e in preda a tale esaurimento fisico, fui mosso a compassione, e dissi alla beata che non facesse più simili penitenze, e le tolsi gli strumenti coi quali praticava la disciplina, ed il cerchio di ferro.   (...)
[4 / 5]

   (...)    Ma per non essere prolixo volendo venire alle piu alte materie, la mirabile ancilla de Christo Francesca, aveva uno figliuolo chiamato Vangelista assai gratioso, lo quale fece allo suo patre et ad piu persone spirito de prophectie, le quali fuoro trovate in vero. Unde lo suo patre portanno con esso uno cortiello bello, lo dicto Vangelista piglio lo dicto cortiello ponendo la ponta nello schino allo suo patre dicendoli: in questo muodo serra facto ad thi. Et poi che lo re Lanzelavo abe Roma, allo dicto patre de Vangelista fuoro dati molti colpi de spade, et in nulla parte abe la granne ferita mortale, salve che in quello luoco dicto et mostrato da Vangelista. Anche uno religioso delli menticanti, lo dicto Vangelista veden[do]lo annare perla elemosina li disse: tu non girai in questo modo vestito, ma vorrai portare granni vestiti. Unde cosi advenne, che fo fatto vescovo, et fece orrebile morte. Anche lo dicto Vangelista faceva cose de ammiratione le quale lasso perla brevita, per che li suoi modi non erano de guarsonecto, ma sofficienti ad chi avessi perfecta eta, sempre dicendo como voleva annare alla eterna gloria et stare con li angeli. Et essendo infermo de peste se confesso dallo dicto frate Antonio, et disse Vangelista alla soa dilecta matre ancilla de Christo como sancto Nofrio et sancto Antonio li quali erano suoi devoti, erano venuti per esso; et stanno poco de spatio, rendevo lo spirito allo Singnore, avenno anni nove.   (...)
[4 / 5]

   (...)    Ma per non essere prolisso, volendo arrivare a temi di maggiore importanza, la mirabile ancella di Cristo Francesca aveva un figlio chiamato Evangelista, assai grazioso, il quale a suo padre ed ad altre persone rivelò delle profezie, che risultarono essere veritiere. A suo padre, che portava con sé un bel coltello, Evangelista prese tale coltello ponendogliene la punta sulla schiena, e dicendogli: questo sarà fatto a te. Ed avendo il re Ladislao presa Roma, l'anzidetto padre di Evangelista ricevette molti colpi di spada, e non fu ferito mortalmente in alcuna parte del corpo, tranne che nel punto detto e mostrato da Evangelista. Anche ad un religioso che mendicava, nel vederlo mentre andava per l'elemosina, disse: "tu non andrai in giro vestito così, ma indosserai ricchi abiti". Ed avvenne che fu nominato vescovo, e fece una morte orribile. Il suddetto Evangelista faceva anche cose mirabili, che per ragioni di brevità ometto, in quanto i suoi modi non erano da bambino, ma quelli di chi ha compiuto la maggiore età, e diceva sempre che voleva andare verso l'eterna gloria e stare con gli angeli. Ed essendosi ammalato di peste, si confessò col suddetto Frate Antonio [ = primo padre spirituale di Francesca, prima di Padre Mattiotti], ed Evangelista disse alla sua amata madre ancella di Cristo come Sant'Onofrio e Sant'antonio, ai quali era devoto, fossero venuti per lui; ed poco tempo dopo, rese lo spirito al signore, all'età di nove anni.   (...)
[5 - 6]

   (...)    Et essendo quasi uno anno de po la morte dello dicto Vangelista, stanno la mirabile ancilla de Christo nella soa camera bene nel sentimento naturale, in hora della aurora, per divina volonta li venne lo dicto Vangelista in quella etate et forma che aveva quando morivo; et advenga che vivendo fossi stato assai spetioso, tamen allora lo vide con molta piu bellezza et con mirabile chiarita. Collo quale stava unaltra creatura, secundo la soa etate, indicibilmente piu bello et relucente che esso Vangelista. Unde la divina ancilla vedendo bene colli suoi occhi corporali lo dicto Vangelista con laltra cratura dicta, quanta ne avessi letitia lo ymagina tu lectore; et Vangelista saluto la soa mirabile matre gratiosamente con bella reverentia. Et la beata adomandandolo como stava, li respuse como stava nello secundo choro delli angeli cio e delli archangeli, dicendo como stava nello conspecto dello Singnore, in tale muodo, mustranno la faccia al cielo, anche dicennoli como era tanta la soa bellezze che non me potieri vedere in tanta chiarita, ma allo Signore e piaciuto che io sia cosi venuto et che me vegi solo con tale bellezza a cio che me puozzi vedere, ma in altro muodo noi simo lucienti, et vedemo quella faccia resplandente dello Signore assiduamente con tanto gaudio e letitia che non se porria ymaginare; et sempre laudemo et rengratiemo lo eterno Signore, et questo e lo nostro officio. Et la diletta ancilla de Christo volendo abracciare et tochare lo suo pretioso figlio, non palpava o vero tochava niente. Et la devota ancilla de Christo li disse: figlio mio non te recuordi de mi quando stai nanzi allo Signore? et delle pene che pazzo in questo mundo? et Vangelista li respuose: sacci che tanta e la gloria che noi avemo de vedere lo Signore, che non potemo avere et ne avemo nulla pena de voi; anche li disse: et simo senpre uniti, et non volemo et ne desideremo altro, se non lo divino beneplacito. Et sacci che li chori li quali staco de sopra ad noi, uno revella ad laltro lo divino secreto. Et dicote como io so venuto per Annese; et piglia pace, perche non posso piu stare, perche non piace allo Signore che io demori piu; contentate dello piacere del Signore; et la beata nollo vide più. Nota che quando venne era l'aurora, et quando se partivo era quasi lo nascere o vero apparimento dello sole; et infra essi doi fuero assai piu parole. Unde depo poco tenpo la dicta gratiosa Annese ando allo divino sposo Yeshu Cristo, essendo de anni cinque.
Et la sopra dicta creatura la quale venni insiemi con Vangelista remase colla pretiosa ancilla de Christo Francesca; et stava mentre che la beata visse assiduamente de die et de nocte con essa. Et questo era uno glorioso angilo dello coro delli archangeli, lo quale sempre stava in forma et etate sopra dicta cio e despetiosissima creatura, et la soa pretiosa faccia sempre stava celesta, li suoi nobili occhi sempre guardavano allo cielo. Sempre le soe braccia teneva piecate allo pecto in croce, erano li suoi capelli gricci como per exemplo de finissimo oro. Aveva lo vestimento como tunicella da sodiacono luongo infine alle gabolle, et infine alle lombelle, et alto coperta la barba. Et sempre stava et annava con la beata in omne parte de die et de nocte, et quando la pretiosa ancilla de Christo giva in alcuna parte, esso glorioso angilo mutava li suoi belli piedi nudi , annanno con essa; et advenga che quando annava et giva con la beata gissi perlo infango, tamen quelli pretiosi piedi niente se imbractavano. Era tanto lo suo splendore et tanto relucente che la angelica ancilla de Christo non poteva patere de vederlo per spatio, perche li suoi occhi corporali non potevano vedere tanta relucentia con si granne splendore.   (...)

[5 - 6]

   (...)    Ed essendo trascorso quasi un anno dalla morte del suddetto Evangelista, mentre la mirabile ancella di Cristo era nella sua camera, in stato di piena coscienza, verso l'alba per volontà divina venne a lei Evangelista, con la stessa età ed aspetto che aveva quando era morto; e benché da vivo fosse stato molto grazioso, pur tuttavia lo vide allora assai più bello e con mirabile chiarezza. E con lui era un'altra creatura, che per la sua propria età era indicibilmente piu bello e rilucente di Evangelista. E tu, o lettore, immagina quanta letizia provasse la divina ancella, nel vedere bene coi propri occhi Evangelista e l'altra creatura anzidetta; ed Evangelista salutò graziosamente la sua mirabile madre, con grande riverenza. Ed avendogli domandato la beata come stesse, le rispose che stava nel secondo coro degli angeli, cioè degli arcangeli, dicendole che stava al cospetto del Signore, quindi con la faccia rivolta al cielo, e le disse anche: "la mia stessa bellezza è tale che tu non mi potresti vedere così chiaramente, ma è stata la volontà del Signore che io sia venuto, e che tu mi veda solo con questa bellezza, affinché tu mi possa guardare; ma noi risplendiamo in un modo diverso, e vediamo costantemente il volto risplendente del Signore, con tanto gaudio e con tanta letizia che nessuno potrebbe immaginarlo; e sempre lodiamo e ringraziamo l'eterno Signore, e ciò è il nostro compito. E la diletta ancella di Cristo, che voleva abbracciare e toccare il suo prezioso figlio, non palpava ovvero non toccava niente. E la devota ancella di Cristo gli disse: "Figlio mio, non ti ricordi di me quando stai al cospetto del Signore? E dei crucci che passo in questo mondo? ed Evangelista le rispose: "Sappi che è talmente tanta la gloria che noi riceviamo dal guardare il Signore, che non possiamo avere, né abbiamo, alcuna pena di voi; e le disse anche: "restiamo sempre uniti, e non vogliamo né desideriamo altro, se non la volontà di Dio. E sappi che i cori che sono sopra di noi rivelano il segreto divino, l'uno all'altro. E ti informo che io sono venuto per Agnese; e fattene una ragione, ché non posso piu stare, perché non è volontà del Signore che io rimanga oltre; sii contenta di compiacere il Signore; e la beata non lo vide più. Si noti che quando venne era l'aurora, e quando si allontanò era quasi il nascere ovvero l'apparire del sole; e loro due si dissero molte più parole. E dopo poco tempo, la suddetta graziosa Agnese andò al divino sposo Gesù Cristo, all'età di cinque anni.
E l'anzidetta creatura che venne assieme ad Evangelista rimase con la preziosa ancella di Cristo Francesca; e finché la beata visse, stette assiduamente con lei, di giorno e di notte. Questo era un glorioso angelo del coro degli arcangeli, il quale manteneva l'aspetto e l'età suddetti, cioè di creatura assai graziosa, ed il suo prezioso volto era sempre celestiale, i suoi nobili occhi erano sempre rivolti verso il cielo. Teneva sempre le sue braccia piegate al petto in forma di croce, i suoi capelli erano ricci, come fossero di finissimo oro. Era Per abito aveva come una [doppia] tunicella da soddiacono, lunga fino ai talloni e fino ai lombi, ed in alto fino a coprirgli il collo. E sempre rimaneva ed andava con la beata da ogni parte, di giorno e di notte, e quando la preziosa ancella di Cristo andava da qualche parte, il glorioso angelo voltava i suoi bei piedi nudi, andando con lei; e benché quando si muoveva con la beata andasse nel fango, nonostante ciò quei preziosi piedi non si imbrattavano affatto. Era così grande il suo splendore, e così rilucente che l'angelica ancella di Cristo non poteva sopportarne la vista a lungo, perché i suoi occhi mortali non erano in grado di guardare tanta lucentezza con così grande splendore.   (...)

Tractato delle bactaglie
Trattato delle battaglie
[127]

Una nocte stando la mirabile ancilla de Christo nella soa cammera collo suo marito infermo, volendo pigliare certe cose necessarie, trovo nella sala della casa lo maligno spirito assai terribile, et colle crudele grampe piglio la beata et posolla nella logia volendola gictare nello pozzo. Et essa beata bene confidata in Dio, et sempre chiamando Christu mio como usava quando era in simile oppressioni, se trovo posta nella dicta logia non sapendo in que muodo. Unde laudando lo Signore et volendo tornare alla cammera, trovo luscio inserrato, et mirata in que muodo era intrata o vero portata, intese che lo maligno spirito la aveva messa perla fenestra posta nella dicta logia la quale stava chiusa ma non inserrata. Et tornando essa beata alla soa cammera, trovo lo suo marito assai affannato, molto lamentandose che tanto aveva chiamato et che per tanto spatio de tiempo era stata ad tornare, et essa beata non volendo tale secreta materia manifestare, se scuso humilemente dicendo pero la verita, non manifestando la faccenda. Et perche lo maligno spirito piglio con granne iracundia la beata, in quelli parti che la piglio, essa aveva assai pena con doglia. Fo tale bactaglia nelli anni Milli cccc trenta. Del mese di madio. Gloria.
[127]

Una notte, mentre la mirabile ancella di Cristo era nella sua camera con suo marito infermo, volendo prendere alcune cose che le necessitavano, trovò nella sala della casa il terribilissimo spirito maligno, e con i crudeli artigli afferrò la beata, e la depose nella loggia, volendola gettare nel pozzo. E la beata, assai fiduciosa in Dio, e sempre invocando "Cristo mio", com'era solita fare in simili situazioni di pericolo, si ritrovò nella loggia senza sapere come. Lodando il Signore, e desiderando tornare in camera, trovò la porta serrata, e resasi conto del modo con cui era entrata, ovvero era stata trasportata, comprese che lo spirito maligno l'aveva condotta lì attraverso la finestra posta nella loggia stessa, che era chiusa ma non serrata. E tornando la beata alla sua camera, trovò suo marito assai affannato, lamentandosi molto perché aveva chiamato più volte, e perché aveva impiegato un tempo assai lungo per tornare, e la beata, non volendo rendere noto quel fatto segreto, si scusò umilmente dicendo però la verità, senza rivelare l'episodio. E poiché lo spirito maligno afferrò la beata con grande ira, le membra dove fu afferrata le dolevano procurandole grande sofferenza. Tale battaglia ebbe luogo nell'anno 1430 nel mese di maggio. Gloria.
[127 / 128]

Passando la divina ancilla perla via de corte iudei nansi allo palazzo de sancta Cecilia, vide octo maligni spiriti in una casa posta de rimpecto allo dicto palazzo. Et ammirata essa beata de cio, et desiderando de sapere la cascione per que li dicti demoni stessino nella dicta casa, udivo una voce la quale veniva dalli dicti maligni spiriti che disse: Noi stamo per dare molestia ad questi religiosi li quali staco nello palazzo perche stanno ad laudare Dio. Et quelli religiosi, erano li monaci de sancto Pavolo, li quali stavano nello dicto palazzo perla guerra che lo prencipe faceva ad papa Eugenio. Et de po certi di passanno essa beata per la dicta via vide anche nella dicta casa, li dicti maligni spiriti, li quali facevano granne letitia. Unde ammirata de cio essa beata adomandando una delle vicine, se fossi in tale luoco nulla cosa de male. Et dicendoli la dicta femina, como ve stavano doi meretrice alle quale andavano molti inhonesti iovani, et sapendo anche essa beata da altre persone como era la verita, non potendo patere tanta offesa de Dio mando ad dicere alla patrona della casa, nella quale se facevano li peccati, che non volessi tanta abominatione consentire nella soa casa. Unde ad instantia della beata fuero cacciate le misere meretrice della dicta habitatione. Et fo la dicta materia nelli anni domini M.cccc trenta uno dello mese de iuglio. Gloria.
[127 / 128]

Mentre la divina ancella passava per via Corte dei Giudei davanti all'edificio di Santa Cecilia, vide otto spiriti maligni in una casa situata dirimpetto al suddetto edificio. E la beata, sorpresa di ciò, e desiderando conoscere il motivo per cui quegli spiriti stavano nella suddetta casa, udì una voce che proveniva dagli stessi spiriti maligni, e che disse: "Noi siamo qui per molestare questi religiosi, i quali si trovano nel palazzo per lodare Dio. e quei religiosi erano i monaci di san paolo, i quali si trovavano nel palazzo per la guerra che il principe faceva a papa Eugenio. E dopo qualche giorno, passando la beataper la suddetta via, vide anche in quella casa gli spiriti maligni di cui sopra, i quali facevano grande festa. Dalla qual cosa sorpresa, la beata chiese ad una delle vicine se vi fosse in tale luogo alcunché di male. E la donna le disse che vi si trovavano due meretrici dalle quali andavano molti giovani poco perbene, e la beata, essendo stata messa al corrente anche da altre persone che quella era la verità, non potendo soffrire una tale offesa a Dio mandò a dire alla padrona della casa dove si commettevano i peccati di non consentire che tale abominio venisse commesso in casa sua. Per cui, su richiesta della beata le misere meretrici furono cacciate dall'abitazione. E tale fatto accadde nell'anno del Signore 1431 nel mese di luglio. Gloria.
[128]

Stando la humile ancilla de Christo nella soa cammera nel suo devoto piccolo lecto de nocte in sancta contemplatione per invidia li vennero doi maligni spiriti in forma de homini etiopi, et con grande rabia et iracundia la bactiero durissimamente con certi nervi de animali, et advenga che piu assai fiate essa beata fossi stata bactuta dalli demonii colli dicti nervi advenga che nonne faccia mentione per non essere prolixo tamen questa tale fiata la bactiero assai piu crudelemente. Et essa beata quanto piu diceva Yhesu mio como soleva, tanto piu essi demonii duramente la bactevano et dicevano: Or chiama questo tuo Yhesu, improperandola et delegiandola molte fiate, sempre pero migliorando li colpi arabiatamente, et essa beata animosamente con mirabile constantia confidata nel Signore, continuamente diceva Yhesu mio. Et puoi che fu assai bactuta, li dicti demonii la volevano strangolare et con tanta crudelita la oppressavano che quasi la pretiosa mancava secundo lo corpo, advenga che stessi assai constante collo suo nobile spirito. Unde stando in tanta angustia et oppressione, lo dicto glorioso angilo lo quale essa beata continuamente vedea, meno poco lo capo, allo quale acto li dicti demonii se fugiero. Stecte la humile ancilla de Christo in tale affanno per granne spatio de tempo, et remase assai afflicta nel suo corpo delli dicti flagellationi. Et questo fo nelli anni. d. M. cccc trenta uno mese de iuglio.
Dissero anche li dicti maligni spiriti alla humile divina ancilla, como essi ordinavano de fare nella citta de Roma molto male per la guerra che lo prencipe faceva ad papa Eugenio, et che assai anime annavano allo inferno et annaraco, perche noi lo avemo ordinato et ordinemo, se lo tuo Dio non ciello guasta. Allora essa beata li disse: O miseri quanto site da poco et vili, che non potete fare nulla cosa, se ad esso Dio non piace. Gloria.
[128]

Mentre l'umile ancella di Cristo era nella sua camera, nel suo piccolo devoto letto, di notte, in santa contemplazione, per invidia andarono da lei due spiriti maligni con le sembianze di uomini etiopi [ = di colore], e con grande rabbia ed ira la batterono in modo durissimo con alcuni nervi di animali, e benché la beata fosse stata battuta dai demoni con tali nervi numerose altre volte, nonostante io non ne faccia menzione per non essere prolisso, questa volta però la batterono con molta più crudeltà. E quanto più la beata invocava "Gesù mio", com'era solita fare, tanto più i demoni la battevano duramente, e dicevano: "Ora chiama questo tuo Gesù", insultandola e schernendola molte volte, sempre però colpendola con rabbia e con maggior violenza, e la beata ardentemente, con mirabile fiducia nel Signore, continuava ad invocare "Gesù mio". E dopo averla lungamente battuta, i demoni la volevano strangolare, e la angustiavano con tanta crudelta che la preziosa quasi veniva meno nel corpo, benché col suo nobile spirito esprimesse grande fermezza. E trovandosi in tanta sofferenza ed angoscia, il glorioso angelo summenzionato che la beata continuamente vedeva, scrollò leggermente il capo, al quale gesto i demoni si dileguarono. L'umile ancella di Cristo rimase in tale ansia per lungo tempo, e soffrì per le conseguenze corporali della suddetta flagellazione. E ciò accadde nell'anno del Signore 1431, mese di luglio.
I suddetti spiriti maligni dissero anche all'umile ancella divina che essi ordinavano che molto male venisse fatto nella città di Roma, con la la guerra che il principe stava facendo al papa Eugenio, e che numerose anime andavano all'inferno, ed altre vi andranno, perché essi lo avevano ordinato, e lo avrebbero ancora fatto, se il suo Dio non avesse guastato i loro piani. Allora la beata disse loro: "O miseri, quanto siete dappoco e vili, ché non potete fare alcuna cosa se ciò non piace a Dio". Gloria.
[132]

Stando la humile ancilla de Christo de nocte nella soa cammera nel suo humile lecto in sancta contemplatione, per invidia li venne lo maligno spirito in forma de homo, et per granne despecto arreco una cipolla et molto acciachandola, li meno la dicta cipolla per la pretiosa faccia piu fiate ad essa beata, et anche nelli mise nella bocha perche essa beata molto aborriva tale cosa per la infectione del suo stomaco. Et lo maligno spirito avendo assai molestata la pretiosa se partivo, et essa lavandose la faccia per la dicta puzza, tornando et ponendose in oratione per certo spatio de tempo, li venne lo maligno spirito in forma de angilo con ficta luce, et poi venne unaltro demonio in simile forma; et parlandose insiemi dicevano: lalto dao ad Francesca molte gratie, et avoli reposta grande consolatione, o quanto e quello bene lo quale li e repuosto, et simile parole. Et cognoscendo essa humile in verita, la loro malignita, li disse: Vero e che lo Signore Dio me a dato et da tanto bene per la soa bonita, se io serragio humile, ma voi tristi superbi che non site humili, ve avete perduto tanto bene. O miseri che dicete solamente lalto, o dolienti dicate, lalto Signore Dio, signore dello universo mundo, et dello cielo, et per vostro despecto signore ad tucti voi. Et sbigliandose lo suo marito perche stava nella dicta cammera separato da essa beata perlo parlare et constrare che essa faceva, credendose che parlassi in suonno , la chiamo, et li demonii allora se disparsero. Questo fo nelli anni domini. M. cccc trenta uno del mese de Septembre. Gloria sia adio.

[132]

Mentre di notte l'umile ancella di Cristo era nella sua stanza, in santa contemplazione, per invidia andò da lei lo spirito maligno assumendo sembianze di uomo, e per grande dispetto portò con sé una cipolla, e schiacciandola bene, strofinò la cipolla più volte sulla preziosa faccia della beata, e gliene mise anche nella bocca, perché aborriva grandemente tale cosa, a causa della sua malattia di stomaco. E lo spirito maligno, dopo aver dato grande molestia alla preziosa, si dileguò; ella si lavò la faccia per per il cattivo odore, e una volta tornata, ed essendosi posta in orazione per un certo tempo, andò da lei un altro demonio con sembianze analoghe; e parlandosi tra di loro diceva: "l'alto ha dato a Francesca molte virtù, e l'ha dotata di grande consolazione; oh che grande bene ha riposto in lei", ed altre simili espressioni. Ed ella, umile, riconoscendo in verità la loro natura maligna, disse loro: "È vero che il Signore Iddio per la sua bontà mi ha dato e mi dà tanto bene, se io sono umile, ma voi tristi superbi, che umili non siete, lo avete perduto tanto bene. O miseri, che dite solamente « l'alto », o dolenti, dovete dire « l'alto signore Iddio, signore dell'universo, e del cielo » e, a vostro dispetto, signore di voi tutti". Ed essendosi svegliato suo marito a causa del suo parlare e discutere, in quanto si trovava nella stessa camera, separato dalla beata, credendo che ella parlasse in sonno la chiamò, e i demoni in quel momento scomparirono. Ciò accadde nell'anno del Signore 1431 nel mese di settembre. Sia gloria a Dio.

Tractato dello Inferno
Trattato dell'Inferno
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In nome della sanctissima trinita, amen.
Volendo io indigno patre spirituale de essa divina ancilla sapere le divine gratie ad essa donate dallo superno sposo, imponendoli per vertu de sancta obedientia che essa me manifestassi delle dicte gratie, como vera obediente me disse. Como essendo agravata de infirmita corporale, per soa recreatione anno nella devota cella posta nello alto della casa del suo marito, quasi nella hora vespertina. Et con accesa devotione orando, per divina volonta fo rapita in extasi, et fo menata in visione ad vedere lo inferno. Unde trovandose alla intrata dello inferno, vide grandissimo abysso, et terrebilissimo, che quando essa beata lo recitava pensando in tale visione, ne sentiva in si grande affanno con pena. Ma como vera obediente pigliando animosita disse fondata in sancto timore filiale. Che de questa visione et de tucte altre cose che diceva, se conformava et quietava in quello che la sancta matre ecclesia catholica crede, perla quale et colla quale essa voleva vincere et morire. Vide essa beata nella intrata dello inferno certe lectere le quale dicevano: Questo e lo luoco dello inferno sensa speransa et sensa intervallo, dove non e mai refrigerio. Et vedendo et sentendo et udendo infinita terrebilita, con grande terrore fo sbagoctita. Allora se sentivo una compangnia allo suo dextro lato, non pero che la vedessi, la quale molto la conforsava et inanimava che stessi forte et non dubitassi. Et la dicta intrata era assai grande, ma nel mezzo era assai magiure, et era tanta la tenebra et oscurita che non se porria ymaginare per homo mortale. Aveva lo dicto inferno tre parti, uno de sopra, laltro in mezzo con magiure pene, et laltro de socto nel quale erano infinite magiure pene. Et lo spatio che era inter uno luoco et laltro era grandissimo pieno de grandissima et infinita tenebra con infiniti tormenti. Vide anche uno draccone grandissimo, lo quale stava nello dicto inferno, et teneva tutti et tre li dicti luochi. Lo capo stava nello luoco de sopra, lo cuorpo nel luoco de mieso, et la coda nel luoco de socto. Stava lo capo dello dicto draccone in mezzo della intrata dello inferno, ma poco de socto alla dicta intrata, et teneva la boccha aperta colla lengua de fore, della quale gessiva grannissimo fuoco, non pero che lucessi, ma era nerissimo, et rendeva grandissimo et crudele calore. Gessiva anche della soa boccha si granne fetore, che non se porria ymaginare per mente humana, et per li suoi occhi et rechie et naso ne gessiva fuoco nero con granne calura et fetore. Anche essa beata udiva ululare, strillare, gridare, piangere et blasfemare, tanto dolorosamente, et tanti voci amari con infiniti lamenti, che quando essa lo diceva per lo granne affanno che ne aveva, in si tucta se afligeva. Et essa divina ancilla vedendo in visione lo orrebile fuoco, et sentendo in si della calura et della puzza dicta, et udendo tanti tormentosi et dolorosi voci, non potenno patere tanto affanno, se sentiva molto venire meno. Allora la sopra dieta compangia, la quale essa beata se sentiva, conforso essa angelica ancilla de Christo, dicendoli che non temessi et che stessi ferma et constante. La quale dicta compangia era langilo Raphaele. Nota lectore como anche essa beata non aveva o vero non vedeva lo glorioso arcangelo dicto de sopra nel principio in forma humana. Vide anche Sathanasso terribilissimo, lo quale stava in uno luoco quasi honorato, cioe che stava assiso como fossi uno trabe, nello luoco de mieso, et lo suo capo giongeva allo luoco de sopra, et li piedi teneva nello luoco de socto dello inferno, teneva anche li piedi spasi, et le mano spase, non pero in croce, ma una poco de sopra laltra.

[la pagina 145 è andata perduta]

Vide anch'essa divina ancilla altre anime le quale erano menate dalli demonii molto terrebilemente, et como giongevano alla intrata dello inferno, li demonii sopra dicti deputati nolle gictavano nella boccha dello dracgone come e sopra dicto, ma la derupavano nello inferno collo capo socto, advenga che anche tucte altre misere anime fossino gictate collo capo de socto, ma queste dicte cadevano nansi allo prencipe dicto incathenato, et subito erano dallo fuoco cruciate lo quale gessiva de esso prencipe como e sopra dicto, et prestamente da esso iudicate, le menavano con grannissimo tormento crudelemente cruciandole. Et tale anime erano quelle le quale non avevano facti li magiuri peccati, et erano messe nel luoco de sopra dello inferno, nello quale luoco erano molti demonii in forma de scorsoni, buocti et de bructi et orrebili venenosi serpienti; et erano cruciate dallo fuoco lo quale gessiva dallo dicto prencipe legato, et anche avevano lo incendio dallo fuoco generale che stava nello dicto luoco de sopra; avevano anche grandissima oscurita et da moltissimi demonii erano tormentate con assai altre pene infinite et grannissimi tormenti. Et queste erano lanime delli iudei li quali non avevano facti li gravi peccati, et anche lanime dei cristiani li quali non fecero li magiuri peccati, et che fuoro negligenti ad confessarese, non curando nella sancta confessione, et cosi morierono.
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In nome della Santissima Trinità, amen.
Volendo io, indegno padre spirituale dlla divina ancella, conoscere le divine virtù a lei donate dal supremo sposo, imponendole per santa obbedienza che mi rivelasse le suddette grazie, in vera obbedienza mi disse come essendo gravata dall'infermità del suo corpo, per suo svago era stata posta nella devota cella, nella parte superiore della casa di suo marito, quasi all'ora del vespro. E pregando con ardente devozione, per divina volontà fu rapita in estasi, e fu condotta in visione a vedere l'inferno. E come si trovò presso l'entrata dell'inferno, vide un grandissimo ed assai terribile abisso, che quando la beata ne parlava, pensando a tale visione, ne provava grande affanno e pena. Ma come vera obbediente, facendosi coraggio disse, per santo timore filiale, che questa visione e tutte le altre cose che raccontava, erano conformi e corrispondevano a ciò che sostiene la santa madre Chiesa Cattolica, per la quale e con la quale ella voleva vincere e morire. La beata vide all'entrata dell'inferno alcune lettere che dicevano: "Questo è il luogo dell'inferno senza speranza e senza intervallo, dove non vi è mai refrigerio. E vedendo e provando ed udendo una sensazione infinitamente terribile, fu sconvolta con grande terrore. Allora sentì una presenza in sua compagnia, sul suo lato destro, senza però vederla, dalla quale era grandemente confortata e rincuorata ad essere forte, e a non dubitare. La suddetta entrata era molto grande, ma nel mezzo era assai maggiore, e le tenebre e l'oscurità erano tali che nessun uomo mortale potrebbe immaginarle. L'inferno aveva tre parti, una di sopra, un'altra in mezzo con pene maggiori, e l'altro di sotto, nel quale erano pene infinitamente maggiori. E lo spazio tra un luogo e l'altro era grandissimo, e pieno di grandissima ed infinita tenebra, con infiniti tormenti. Vide anche un enorme drago, che stava nell'inferno, ed occupava tutti e tre i luoghi anzidetti. Il capo stava nel luogo di sopra, il corpo nel luogo di mezzo, e la coda nel luogo di sotto. La testa del drago stava in mezzo all'entrata dell'inferno, appena sotto tale ingresso, ed aveva la bocca aperta con la lingua di fuori, dalla quale usciva un grandissimo fuoco, senza però dare luce, ma nerissimo, e dava un grandissimo e tremendo calore. Dalla sua bocca usciva anche un così grande fetore che mente umana non potrebbe immaginare, e dai suoi occhi, orecchie e naso si sprigionava fuoco nero, con grande calore e fetore. La beata udiva anche ululare, strillare, gridare, piangere e bestemmiare assai dolorosamente, ed udiva tante voci tristi con infiniti lamenti, che quando lo raccontava, per la grande ansia che ne provava, se ne affliggeva grandemente. E la divina ancella, avendo visione dell'orribile fuoco, e sentendo personalmente il calore ed il fetore suddetti, ed udendo tante voci sofferenti e dolenti, non potendo resistere a tale affanno, si sentiva fortemente venir meno. Allora il suddetto compagno, che la beata sentiva con sé, confortò l'angelica ancella di Cristo, dicendole che non temesse e che rimanesse ferma e constante. E tale compagno era l'angelo Raffaele. Nota, o lettore, che all'inizio neppure la beata vedeva il glorioso arcangelo di cui sopra in forma umana. Vide anche il terribile Satanasso, il quale era situato quasi in una postazione d'onore, cioè stava seduto nel luogo di mezzo, come fosse una trave, e la sua testa arrivava al luogo di sopra, ed aveva i piedi nel luogo di sotto dell'inferno; teneva i piedi e le mani in posizione disordinata, non incrociati, ma leggermente sovrapposti.

[la pagina 145 è andata perduta]

La divina ancella vide anche altre anime, che venivano condotte dai demoni in modo assai terribile, e non appena giungevano all'entrata dell'inferno, i suddetti demoni deputati, non le gettavano nella bocca del drago come detto poc'anzi, ma le precipitavano nell'inferno a capo sotto, benché anche tutte le altre misere anime fossero gettate a capo sotto, ma queste in particolare cadevano davanti al suddetto principe incatenato, ed erano subito tormentate dal fuoco che si sprigionava da tale principe, come detto in precedenza, e una volta rapidamente giudicate da lui, venivano condotte via con grandissima sofferenza, tormentandole crudelmente. E tali anime erano quelle che non avevano commesso i maggiori peccati, ed erano messe nel luogo di sopra dell'inferno, nel quale erano molti demoni in forma di scorpioni, rettili e brutti ed orrendi serpenti velenosi; ed erano tormentate dal fuoco sprigionato dal suddetto principe legato, ed erano incendiate anche dal fuoco generale che stava nel luogo di sopra; pativano anche una grandissima oscurità, e da moltissimi demoni erano torturate con molte altre pene infinite, e grandissimi tormenti. Queste erano le anime degli ebrei che non avevano commesso gravi peccati, ed anche le anime dei cristiani che non avevano commesso i maggiori peccati, e che furono negligenti nel confessarsi, non curandosi della santa confessione, ed erano morti in tale condizione.
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Blasfematori
Vide anche essa beata ancilla de Christo le anime delli miseri blasfematori dello Signore Dio et de suoi sancti, le quale avevano molti tormenti, ma infra li altri cruciati, li demonii con certi incini ferrei infocati, cacciavano la lengua ad ciasche una delle dicte misere anime; et puoi la mectevano nelli carboni dello fuoco, et pigliavano li carboni infocati, mectennoli nella gola alla dolente anima. Et poi ciasche misera anima delle dite era messa in uno thino de oglio buglientissimo, et dello dicto oglio era messo nella gola alla misera anima. Et uno delli doi demonii improperava lanima dolente dicennoli: Perche tu misera blasfemasti? Allora la meschina anima iniquissimamente blasfemava lo Signore Dio molto piu arabiatamente. Stavano le dicte dolorose anime nello luoco desocto dello inferno, et avevano magiuri supplicii che non le anime delli cristiani rennegati, li quali per timore dello martirio renegavano la sancta fede catholica, li quali speraro de fare penitentia, et de tornare alla sancta fede, ma non tornaro pero; et queste tale anime stavano nello luoco de mieso dello inferno, ma lanime de quelli miseri che per iniqua malitia et ostinatione renegaro la sancta fede stavano nello luoco de socto. Avevano anche le sopra dicte anime delli blasfematori le generale pene sopra dicte.
[148]

Bestemmiatori
La beata ancella di Cristo vide anche le anime dei miseri bestemmiatori del Signore Iddio e dei suoi santi, le quali ricevevano molti tormenti, ma fra le altre sofferenze, i demoni, con certi uncini di ferro infuocati, tiravano fuori la lingua a ciascuna delle suddette misere anime, e quindi la mettevano nei carboni del fuoco, e prendevano i carboni ardenti mettendoli nella gola della dolente anima. Poi, ciascuna delle suddette misere anime veniva messa in un tino de olio bollentissimo, e un po' di tale olio veniva versato in gola alla misera anima. Ed uno dei due demoni insultava tale anima, e le diceva: "O misera, perché hai bestemmiato?". Allora la meschina anima con grande iniquità bestemmiava il Signore Iddio, assai più rabbiosamente. Le suddette dolenti anime stavano nel luogo di sotto dell'inferno, e ricevevano maggiori supplizi delle anime dei cristiani rinnegati, i quali per timore del martirio rinnegarono la santa fede cattolica, sperando di fare penitenza e di tornare alla santa fede, ma che non vi tornarono; e queste anime in particolare stavano nel luogo di mezzo dell'inferno, ma l'anime di quei miseri che rinnegarono la santa fede per iniqua malignità ed ostinazione stavano nel luogo di sotto. Le suddette anime dei bestemmiatori ricevevano anche le pene generali di cui si è detto.
[154 / 155]

Roffiani delle figlie
Et stando essa beata sempre acterita della orrebile visione, et sempre conforsata dallo dicto Raphaele, vide lanime delli miseri patri et delle dolorose matre, che dierono le loro figliole ad lo peccato della luxuria. Et ciasche una delle dicte misere anime era messa per uno exemplo como una grannissima campana nella quale era una catasta infocata, et sopra essa era messa la misera anima. Stavano anche quactro demonii in forma de cani arabiati, li quali stracciavano et laniavano la misera anima crudelissimamente, et puoi uno de essi la gictava ad laltro. Et ad lanima la quale aveva commesso lo peccato con prava volonta luxuriosa, li dicti demonii li cacciavano lo core, et stracciandolo, uno lo gictava ad laltro; et insiemi lo tiravano, chi da una parte, et chi da laltra; et sopra esso core facevano tucti lo sterco. Ma se la misera anima aveva commesso lo peccato per denari, li dicti demonii li mectevano nella gola oro et argento liquefacto. Et in quelli luochi overo membri colli quali aveva avuto piacimento, li stavano li serpienti actacchati, advenga che li serpienti li stessino in tucto lo cuorpo, tamen era principalmente cruciata in quelli membri colli quali abe lo piacimento, dannoli li demonii tale improperio: O anime dolente che site facte abedute, state nello fuoco ardente, ad patere pene vituperose, avete guasto lo honore de Dio, ora ve tormentemo, ad patere pene infinite. Et blasfemando esse dolorose anime, et molto deragiando, li demonii le pigliavano scoppiandole una con laltra con granne terebilita. Et lanime delli patri et delle matri maledicevano lanime delle loro figlie, et lanime delle figlie maledicevano lanime delli patri et delle matri, che li facevano patere tante et tale pene; et sempre guerriavano insiemi. Et stavano nello luoco de socto, con tucte laltre pene generale dicte.
[154 / 155]

Prosseneti delle figlie
Sempre atterrita dall'orribile visione, e sempre confortata dal suddetto Raffaele, la beata vide le anime dei miseri padri e delle dolenti madri che avviarono le proprie figliole al peccato della lussuria. E ciascuna di tali misere anime era messa, per esempio, come in una grandissima campana nella quale era posta una catasta infuocata, e sopra di essa era posta la misera anima. Vi erano anche quattro demoni dalle sembianze di cani rabbiosi, i quali stracciavano e dilaniavano la misera anima in modo crudelissimo, e poi uno di essi la gettava all'altro. E all'anima che aveva commesso il peccato per depravata volontà di lussuria, i demoni strappavano il cuore, e stracciandolo, uno lo gettava all'altro; e tutti assieme lo tiravano, chi da una parte, chi dall'altra,; e sopra tale cuore tutti defecavano. Ma se la misera anima aveva commesso il peccato per denaro, i suddetti demoni gli versavano nella gola oro ed argento liquefatti. E a quelle parti, ovvero membra con cui aveva avuto godimento, erano attaccati dei serpenti, benché i serpenti stessero in tutte le parti del corpo, però ricevevano maggiore tormento quelle membra con cui aveva goduto, mentre i demoni li insultavano in questo modo: "O anime dolenti, che ora siete avvedute, state nel fuoco ardente, a soffrire pene ignominiose, avete sporcato l'onore di Dio, ora vi tormentiamo, facendovi soffrire pene infinite". Ed insultando le dolenti anime, e molto dileggiandole, i demoni le prendevano, sbattendole luna contro l'altra, in modo assai terribile. E le anime dei padri e delle madri maledicevano quelle delle proprie figlie, e le anime delle figlie maledicevano quelle dei padri e delle madri, che facevano patire loro tali e tante pene; e sempre litigavano le une contro le altre. E stavano nel luogo di sotto, con tutte le altre pene generali di cui si è detto.


La trascrizione completa dei Tractati (in volgare), con note grammaticali e glossario, è stata pubblicata da due diversi autori:
  • Giorgio Carpaneto, Il dialetto romanesco del Quattrocento, Nuova Editrice Spada, Roma - 1995, ISBN  88-8122-100-4
  • Rossella Incarbone Giornetti, « Tractati della vita et delli visioni » di santa Francesca Romana, Aracne, Roma - 2006, ISBN  88-548-0687-0


pagina 1
introduzione
pagina 3
le didascalie dei cicli di affreschi

Meo Patacca, di G.Berneri
BERNERI
G.G.Belli
BELLI
C.Pascarella
PASCARELLA
Trilussa
TRILUSSA
G.Zanazzo
ZANAZZO
A.Fabrizi
FABRIZI

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