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vicolo dei Falegnami
vicolo dei Falegnami, una delle
caratteristiche viuzze del rione
NOME
Il rione Sant'Angelo prese il nome dalla minuscola chiesa di Sant'Angelo in Pescheria.
In origine si chiamava Sant'Agnolo Pescivendolo, per via del vicino mercato ittico situato sotto le colonne del Portico di Ottavia.
Nel Medioevo questo era il decimo rione, già conosciuto come Regio Sancti Angeli in foro piscium (cioè "presso il mercato del pesce").


STEMMA
In alcune versioni la figura alata di un angelo regge con una mano una bilancia, e con l'altra una spada, mentre una seconda figura umana giace nuda in terra, quasi l'iconografia di un Giudizio Universale. La bilancia tuttavia potrebbe aver fatto riferimento anche alla vendita del pesce.
In altre versioni, invece, l'angelo regge una foglia di palma, segno di pace. Una terza versione, insolita, si riferisce più esplicitamente all'antico mercato raffigurando solo un pesce.
stemma del rione Sant'Angelo
stemma del rione Sant'Angelo

CONFINI
Largo Arenula; via Florida; via delle Botteghe Oscure; via dell'Aracoeli; via Margana; piazza Margana; via dei Delfini; via dei Cavalletti; via della Tribuna di Campitelli; via del Teatro di Marcello; via del Foro Olitorio; lungotevere de' Cenci; via del Progresso; piazza delle Cinque Scole; via Santa Maria del Pianto; via in Publicolis; via di Sant'Elena.


ELEMENTI DI INTERESSE
(i numeri neri fra parentesi quadre nel testo si riferiscono alla pianta qui a destra)

Sant'Angelo è il più piccolo dei rioni, ma fino alla fine dell'800 era una delle zone di Roma più densamente popolate; ciò era dovuto in parte alla presenza del ghetto ebraico, ma la densità abitativa dell'area era piuttosto elevata già da prima dell'istituzione della recinzione, cioè prima del 1555.
via del Portico d'Ottavia
antica targa di un banco di pescivendolo
pianta di riferimento di Sant'Angelo
Infatti la numerosa comunità ebraica, che in origine abitava ad ovest del fiume, in Trastevere, dal medioevo aveva cominciato a trasferirsi in questo rione, più vicino al centro della città.

Storicamente, la superficie del rione comprende il sito dove una volta si estendeva il grande Circo Flaminio. Quando la sua arena e vari altri edifici antichi avevano cessato di esistere, vennero costruite nuove case riutilizzando le numerose rovine; ancora oggi sulla struttura muraria delle costruzioni più vetuste si scorgono molti frammenti chiaramente databili all'epoca romana antica.
Questa era anche un'area che vantava un numero di templi piuttosto elevato, sebbene oggi ne siano rimaste solo poche tracce.

Situata all'estremità settentrionale del piccolo rione, Torre Margana, una delle torri di famiglia medievali ancora esistenti a Roma, domina il sottostante intreccio di vicoli tortuosi, che danno a questa parte di Sant'Angelo un aspetto ancora molto vicino all'originale. Per la costruzione dell'edificio furono usati frammenti di età romana: l'ingresso del cortile della casa alle spalle è incorniciato da un magnifico rilievo in travertino, ed anche presso la porta della torre è inserita una piccola colonna antica.
piazza Margana
Torre Margana

La parte meridionale di Sant'Angelo comprende l'antico ghetto ebraico [1] e la gran parte dei siti di interesse archeologico di questo rione.
via del Teatro di Marcello
colonne del tempio di Apollo Sosiano
A partire dalla metà del '500, la Chiesa di Roma cominciò a rispondere alla nascente riforma protestante dando un giro di vite piuttosto stretto alla dottrina cattolica. La comunità ebraica venne usata come capro espiatorio per riaffermare l'autorità del papa messa in discussione: tra le misure adottate in varie città contro la più grande delle comunità non cristiane vi fu l'istituzione di un vero e proprio recinto, dove la popolazione ebrea era costretta a risiedere. Per effetto di una bolla promulgata nel 1555 da Paolo IV, la metà meridionale del rione Sant'Angelo fu trasformata nel ghetto di Roma (cfr. Curiosità Romane pagina 6 per maggiori dettagli).
I quattro ingressi, poi divenuti cinque a partire dal tardo '500, erano sbarrati da enormi portoni che venivano serrati al tramonto e riaperti all'alba del giorno seguente. Un modesto ampliamento del recinto con l'aggiunta di un sesto ingresso si ebbero nella prima metà del XIX secolo. La segregazione non era l'unica forma di discriminazione; la comunità fu soggetta ad ogni sorta di soprusi e restrizioni sul piano sociale per oltre 300 anni, fino alla caduta dello Stato Pontificio (1870), per maggiori dettagli cfr. anche Curiosità romane pagina 6.
via di Sant'Ambrogio
vecchie case del ghetto, impilate le une sulle altre

Tra le mura del ghetto migliaia di ebrei erano costretti ad abitare in case vetuste e piccolissime, costruite quasi a casaccio le une sulle altre, ma appena al di fuori dei suoi portoni le famiglie facoltose vivevano in eleganti palazzi.
Uno di essi è Palazzo Costaguti, il cui ingresso principale in origine si apriva su via della Reginella. Ma poiché dopo l'istituzione del ghetto questo vicolo conduceva al malfamato recinto, i proprietari ne murarono il portone e ne aprirono un altro appena girato l'angolo, nella piccola piazza Mattei dove sorge la famosa Fontana delle Tartarughe [2]. Per altri particolari sulla storia di questa pittoresca opera si veda Fontane, III parte, pagina 5.

via della Reginella
il vecchio ingresso di Palazzo Costaguti
Dirimpetto a Palazzo Costaguti si trova Palazzo Mattei, i cui proprietari un tempo abitavano in Trastevere; l'estesa abitazione, da cui la piazza prende il nome, in effetti si compone di cinque distinti palazzi, edificati tra il tardo secolo XV e gli inizi del XVII, congiunti a formare un'unico grosso isolato.

Nell'anzidetta via della Reginella, appena oltre il vecchio portone, si apriva l'ultimo degli accessi al ghetto, fatto aggiungere attorno al 1830 da Leone XII, un papa fanatico e reazionario che inasprì ulteriormente le leggi contro la comunità ebraica, al punto che molti dei suoi membri dovettero abbandonare Roma.

Sebbene la gran parte dei vicoli che una volta facevano parte del ghetto siano scomparsi alla fine del XIX secolo, sostituiti da pochi isolati grandi e piuttosto anonimi, la pianta della parte più interna del rione è ancora abbastanza fedele all'originale.
via della Reginella
(↑ in alto) il cornicione decorato di Palazzo Costaguti;
(↓ in basso) la Fontana delle Tartarughe

piazza Mattei
Anche le case allineate lungo il lato settentrionale di via del Portico d'Ottavia, risalenti ad un'epoca compresa tra il tardo '400 e la metà del '500, sono molto ben conservate.

Tra le testimonianze romane antiche di questo rione, particolare interesse destano i resti del Portico di Ottavia [3], edificato per la prima volta nel II secolo aC e modificato un centinaio di anni più tardi dall'imperatore Ottaviano Augusto, che lo dedicò a sua sorella Ottavia.
In origine il portico era una grande piazza rettangolare, circondata sui quattro lati da una galleria sostenuta da una doppia fila di colonne: ciò che ne resta oggi è solo uno dei quattro ingressi al portico (ne aveva uno per lato). Questo ingresso sorgeva ad una estremità del grande Circo Flaminio, non più esistente, che si estendeva in direzione nord-ovest verso il palazzo della famiglia Cenci (cfr. Rione VII Regola), dove furono rinvenute tracce dell'altra estremità.
Ciò che rimaneva del Portico d'Ottavia fu poi trasformato in un mercato del pesce, attivo sin dal medioevo. Alcuni dipinti del tardo '800 ci mostrano ancora quale aspetto doveva avere il mercato (cfr. anche Ettore Roesler Franz e Roma Scomparsa, pagina 5).
via del Portico d'Ottavia
Un curioso avviso ancora oggi affisso al pilastro destro riporta un'iscrizione latina che dice: « le teste dei pesci più lunghi di questa targa marmorea devono essere date ai Conservatori [cioè agli amministratori civici] fino alle prime pinne incluse ».
la targa con l'avviso riguardante la lunghezza dei pesci
via del Portico d'Ottavia
Sul pilastro sinistro, invece, è affissa una targa più piccola che vietava i giochi in strada.

← il Portico d'Ottavia

Alcune parti della pavimentazione originale sono ancora visibili ai piedi del portico; mostrano come l'antico livello del suolo fosse situato molto più in basso di quello odierno.

Nel medioevo, sotto ciò che restava del portico venne edificata una chiesa di modeste dimensioni, intitolata a Sant'Angelo in Pescheria. Adiacente alla chiesa è il piccolo Oratorio dei Pescivendoli (tardo '600), la cui facciata è decorata con un pregevole stucco raffigurante Sant'Andrea con l'iscrizione in latino "luogo di preghiera dei pescivendoli".

Alle spalle del complesso si ergono tre alte colonne appartenenti al tempio di Apollo Sosiano, in origine intitolato ad Apollo Medico, risalente al 430 aC circa; fu fatto riedificare nel tardo I secolo aC da un console chiamato Sosiano (donde il successivo nome). Un secondo tempio, dedicato a Bellona, una dea della guerra, sorgeva accanto al primo, ma oggi ne rimangono scarsissime tracce.
via del Portico d'Ottavia
lo stucco dell'Oratorio dei Pescivendoli

via del Teatro di Marcello
(↑ in alto) il Teatro di Marcello; (a destra →) particolare di un'incisione
di G.B.Piranesi: gli archi (evidenziati in giallo) erano usati come botteghe
Appena accanto al tempio si trova un teatro a due piani in migliore stato di conservazione, di cui rimane in piedi una metà, costruito alla fine del I secolo aC e dedicato a Marcello [4], lo scomparso nipote di Ottaviano Augusto (era figlio di Ottavia, sorella dell'imperatore) che al tempo stesso era suo genero (avendo sposato Giulia Maggiore, figlia dell'imperatore).

via del Teatro di Marcello - incisione (fine del XVIII  secolo)

Il teatro originariamente aveva tre livelli, ma ciò che colpisce di queste imponenti rovine è che sulla loro sommità venne costruito un'intero palazzo, il quale finì col rimpiazzare il livello superiore (il terzo), crollato col passare del tempo. Nel XII secolo ciò che rimaneva del teatro fu trasformato in una fortezza; dal '300 divenne proprietà della potente famiglia Savelli. Poi, attorno al 1525, il famoso architetto Baldassarre Peruzzi rimpiazzò la vecchia fortificazione costruendo il suddetto palazzo in cima alle rovine; l'ardito progetto, tutt'ora visibile sulla sommità del complesso, appare ancora più impressionante se lo si guarda dal lato dove la base del teatro è completamente assente, con altissimi contrafforti in laterizio a sostegno della costruzione sopraelevata (cfr. illustrazione in basso). Infine, nel 1712, la proprietà passò in mano ad un'altra famiglia importante, gli Orsini; un paio di piccoli orsi, l'impresa della famiglia, decorano il cancello d'ingresso del palazzo, in fondo a via di Monte Savello.
via di Monte Savello
uno degli orsi sui pilastri del cancello

via del Teatro di Marcello
il Palazzo dei Savelli nel punto dove il teatro è scomparso
(a destra →)
sul retro del palazzo, il Teatro di Marcello (sulla destra) si affaccia sul
sito archeologico presso il Portico d'Ottavia, dove si trovano
i resti dei Templi di Apollo Sosiano e di bellona (sulla sinistra)
Fino alla fine dell'800, a causa dell'innalzamento del livello stradale, la base del teatro era sepolta fino a circa metà dell'altezza del primo ordine di archi, che venivano usati come botteghe (lo si vede chiaramente in vecchi dipinti ed incisioni, come quella mostrata sopra).
Quando furono condotti gli scavi il piano stradale originario fu dissepolto e gli archi furono liberati da qualsiasi struttura aggiuntiva.
via Luigi Petroselli

Oggi un certo numero di frammenti di colonne, capitelli e cornici trovati negli scavi giace nell'area compresa tra il teatro e i templi.

Accanto al teatro, proprio all'estremità meridionale del rione, si trova la chiesa di San Nicola in Carcere [5].
via del Teatro di Marcello
San Nicola in Carcere
Probabilmente prese questo nome da un vecchio carcere bizantino lì nei pressi, di cui oggi si è persa ogni traccia.
La chiesa fu edificata sul sito dell'antico Foro Olitorio (un mercato di erbe ed ortaggi),dove un tempo sorgevano uno accanto all'altro tre piccoli templi, tutti orientati verso est e allineati da nord a sud, secondo uno schema simile a quello della cosiddetta Area Sacra (cfr. Rione IX, Pigna). È ancora incerto a chi fossero dedicati, anche se si ritiene che quello più a nord fosse sacro a Giano, quello centrale e più grande dei tre fosse dedicato a Giunone Sospita e il più meridionale (il minore) fosse il Tempio della Speranza. La loro costruzione potrebbe essere avvenuta attorno agli inizi del III secolo aC.
via Luigi Petroselli
pianta dei tre templi
sovrapposta alla chiesa attuale
(é)
La chiesa invece fu fondata nell'alto medioevo e fu poi radicalmente ristrutturata nel 1599. Il suo lato sinistro conserva alcune colonne del tempio più piccolo e parte dell'architrave, la navata corrisponde al tempio centrale, sostituendovisi integralmente, mentre colonne più alte, del tempio a settentrione, sono visibili sul lato destro dell'edificio; la robusta torre campanaria che si erge davanti ad esse fu originariamente costruita a scopo difensivo, in quanto apparteneva ad una casa-fortezza (come la Torre Margana di cui si è detto in precedenza); quando la famiglia che la abitava abbandonò la casa, la torre fu annessa alla chiesa.




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