~ monografie romane ~

Fontane
· III parte ·
fontane maggiori

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LA FONTANA DELLE TARTARUGHE


Questa graziosa fontana nacque come tangibile esempio dell'autorità che l'aristocrazia poteva esercitare sull'amministrazione civica.
Il progetto riguardante le nuove condutture, che la congregazione di cardinali aveva approvato (cfr. pagina 2), comprendeva una fontana a piazza Giudia, ora non più esistente, davanti al portone principale del ghetto ebraico, la piccola enclave entro i cui confini gli ebrei romani erano stati confinati sin dal 1555 (per altri particolari vedi il ghetto di Roma).
La diramazione dell'Aqua Virgo raggiunse piazza Giudia attorno al 1580. Ma in un'altra piazzetta lì nei pressi vivevano i nobili Mattei. Non avevano la stessa influenza di altre famiglie famose, come i Colonna o i Barberini, ma abbastanza da convincere i cardinali a far deviare la conduttura, così da usare l'acqua disponibile per una fontana davanti alla loro residenza, Palazzo Mattei.
Come al solito a occuparsene fu Della Porta, che disegnò qualcosa di meno maestoso delle sue precedenti opere, più proporzionato alla piccola piazza, ma comunque molto elegante.

la fontana è annoverata fra le più belle di Roma


la fontana di piazza Mattei (a sin.) in una pianta del 1593; quella per la vicina
piazza Giudia (a destra, in construzione) dovette attendere ancora qualche anno
Prevedeva cinque piccoli catini, uno classico in alto e quattro di foggia insolita in basso, agli angoli. Su ciascuno di quelli inferiori, la cui forma ricorda una conchiglia alquanto concava, poggia un piccolo delfino, sul quale siede una giovane figura maschile che solleva il braccio in aria. Tanto i delfini che le figure maschili sono di bronzo, opera dello scultore fiorentino Taddeo Landini.

In realtà i delfini avrebbero dovuto essere otto; sebbene fossero stati già fusi, quattro di essi non furono mai usati.

In origine la fontana poggiava su una base formata da pochi gradini, secondo il modello tradizionale dellaportiano.
L'insolita composizione dei gruppi bronzei, invece, era molto diversa da quella delle altre fontane costruite fino ad allora e la gente rimase davvero colpita dal risultato finale, anche per via della varietà di colori: il catino sommitale grigio scuro (bigio africano), il balaustro bianco venato di grigio, i piccoli catini in basso screziati di grigio, rosso e bianco e le statue color bronzo.
vennero impiegati solo quattro di otto delfini

Quasi un secolo dopo (1659), papa Alessandro VII fece restaurare la fontana e in questa occasione decise di apportare un'aggiunta alle quattro figure; le loro dita non raggiungevano il bordo del catino superiore (forse in conseguenza delle anzidette modifiche, apportate a costruzione già avviata). Furono realizzate all'uopo quattro tartarughe di bronzo e posizionate in modo da riempire gli spazi vuoti. Com'era prevedibile, il nome della fontana mutò stabilmente in "delle Tartarughe".
Nel corso degli stessi lavori il papa fece anche togliere la base, rimpiazzandola con una piccola vasca a terra, che allargò leggermente le dimensioni della struttura, senza però intaccarne la perfetta armonia. Un'iscrizione latina in quattro parti che corre su ciascun lato tra le vaschette si riferisce all'intervento del papa in questi termini:

ALESSANDRO VII  |  NEL IV ANNO DI PONTIFICATO  |  RESTAURÒ  |  ED ABBELLÌ

l'elegante posa delle quattro figure

Una curiosa leggenda vuole che uno dei proprietari di Palazzo Mattei, dirimpetto alla fontana, giocatore incallito, avesse perso una fortuna al gioco e per tale ragione i genitori della sua promessa sposa gli avessero negato la mano della figlia. Allora il nobile li invitò ad un banchetto, che si protrasse per tutta la notte, nel corso della quale fece segretamente realizzare la fontana. Alle prime luci dell'alba invitò quindi i futuri suoceri ad affacciarsi dalla finestra tra i due portoni, esclamando "Ecco di cos'è capace un Mattei!", convincendoli a lasciargli sposare la figlia, ma facendo poi murare la finestra, che infatti lo è tutt'ora.


Grazie all'ultimo restauro condotto sulla fontana (2005-2006) è stato possibile ripristinare lo spettacolare contrasto dei tre diversi marmi col lucente bronzo delle statue. Prima di quest'ultima pulitura si stentava a distinguere un materiale dall'altro, come documenta il dettaglio qui a sinistra.



← la fontana nel 2003, prima dei restauri



LE FONTANE DI CAMPO DE' FIORI

Campo de' Fiori è una delle piazze più popolari di Roma, la cui atmosfera non è cambiata molto negli ultimi quattro secoli, ...salvo il fatto che qui non vengono più bruciati gli eretici, cosa che nel 1600 capitò davvero al filosofo Giordano Bruno.
Da tempo immemorabile qui si tiene un popolare mercato; i suoi banchi una volta vendevano essenzialmente fieno, paglia, erbe e fiori, da cui derivò il toponimo. Verso il 1590, Della Porta collocò proprio al centro della piazza l'ultima delle fontane previste dal programma approvato venti anni prima.

Campo de' Fiori

la copia moderna della fontana, a Campo de' Fiori
Consisteva in una vasca di forma elegante, con estremità affusolate; sui lati sono scolpite maniglie ad anello e rose, stemma di famiglia dei Riario (lo stesso fiore si trova anche sul grande Palazzo della Cancelleria alle spalle di Campo de' Fiori, cfr. Rione VI, Parione e su una fontanella degli anni '30, cfr. Fontanelle, pagina 4).

A gettare l'acqua erano quattro piccoli delfini di bronzo, poggianti sul bordo della vasca. Erano gli stessi che avrebbero dovuto essere collocati sulla fontana di piazza Mattei (non ancora "delle Tartarughe").

Stante la presenza del mercato, la gente del luogo aveva la pessima abitudine di gettare nella fontana rifiuti di ogni sorta. Gli editti pubblicati in più d'una circostanza proibivano di usarla come una pattumiera, ma né le sanzioni amministrative né le pene corporali riuscirono ad evitare che la vasca fosse perennemente piena di paglia, foglie marce e altri rifiuti provenienti dai banchi.

la rosa dei Riario (dalla fontana originale)


la "terrina" originale, nella sua collocazione attuale
Nel 1621 per porre fine a questa situazione si adottò una misura abbastanza particolare: i quattro delfini vennero tolti (e in seguito non furono più rivisti), mentre un grosso coperchio di travertino, materiale abbastanza economico, fu scolpito su misura e collocato sulla vasca, facendo sembrare la fontana un'enorme terrina!
Delle nuove bocchette furono aperte a livello delle rose scolpite e lo sconosciuto artista incise anche un curioso motto attorno alla base del pomello del coperchio, dove si legge: AMA DIO E NON FALLIRE FA DEL BENE E LASSA DIRE MDCXXI, un buon consiglio per restare alla larga dal famigerato tribunale dell'Inquisizione, in piena attività nell'epoca della Controriforma.

Quando nel 1899 fu eretto il monumento in ricordo di Giordano Bruno, la fontana fu rimossa e trasferita in un magazzino per qualche decennio.
Nei primi anni '20, l'amministrazione capitolina decise di restituire a Campo de' Fiori la sua fontana. Stranamente, invece di utilizzare quella originale, se ne realizzò una copia (senza il coperchio aggiuntivo), che fu posta all'estremità settentrionale della piazza.
Invece all'antica "terrina" fu data una diversa collocazione, la vicina piazza della Chiesa Nuova; qui venne sistemata al centro di una piccola vasca a terra, appena al di sotto dell'attuale livello stradale, a causa della bassa pressione idrica.

il motto inciso sotto al pomello



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FONTANE ANTICHE

II PARTE
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