~~~ 2ª parte ~~~







L'incrocio presso Porta Settimiana, descritta nella 1ª parte, è un punto di snodo del rione; in questa pagina prenderemo in considerazione le altre due strade che si dipartono da questo punto, cioè via di Santa Dorotea e via della Scala.
La prima delle due, che ben presto si biforca in due rami, conduce verso piazza Trilussa [16] (già piazza di Ponte Sisto), intitolata al famoso poeta dialettale nel 1954, sul cui lato nord si trova il monumento a lui dedicato. Sul lato ovest, invece, si trova una fontana degli inizi del Seicento (cfr. la monografia Fontane). Sul lato opposto della piazza, l'antico Ponte Sisto, aperto nel 1479, attraversa il Tevere e raggiunge il rione Regola.

L'altra strada, via della Scala, punta dritto verso il cuore di Trastevere, passando davanti alla chiesa di Santa Maria della Scala [17], la cui annessa farmacia, una delle più antiche di Roma, vanta una ricca collezione di vasi ed altri arredi d'epoca, conservati in una sala che purtroppo viene aperta al pubblico solo in occasioni speciali.
piazza Trilussa
il monumento a Trilussa (1954)

Poco oltre, nella piccola piazza di Sant'Egidio [18] si trova una delle sezioni del Museo di Roma, che conserva interessanti memorie della città, tra cui diversi acquarelli dipinti da Ettore Roesler Franz (cfr. la sezione C'era una volta a Roma...).
Ed infine, piegando a sinistra, la breve ma pittoresca via della Paglia improvvisamente si apre in piazza Santa Maria in Trastevere [19], il centro ideale del rione.
piazza Santa Maria in Trastevere
i mosaici della facciata di Santa Maria in Trastevere (XII secolo)
La chiesa che dà il nome alla piazza è una delle più antiche di Roma, se non addirittura la più antica. Fa parte dei tesori più preziosi della città, soprattutto per i mosaici che ne decorano la facciata (XII secolo) e l'abside (fine del XIII secolo). Sotto il portico è stata sistemata una ricchissima collezione di epigrafi provenienti da sepolture paleocristiane, molte delle quali contraddistinte dai tradizionali simboli di questa religione: il monogramma Chi-Ro ☧, il pesce, l'uccello, l'ancora, e via dicendo, spesso incisi da mani piuttosto incerte.
Da non perdere sono anche i piccoli mosaici di epoca romana conservati presso la sacrestia; provengono probabilmente da una taverna od ospizio che un tempo sorgeva in questo luogo prima che la chiesa vi fosse edificata.
Una storia curiosa che riguarda le origini di Santa Maria in Trastevere viene descritta nella sezione Roma leggendaria.
La fontana al centro della piazza, ricostruita nell'Ottocento, ne rimpiazzò una molto più antica che sorgeva in questo luogo sin dalla metà del Quattrocento, forse la prima fontana mai realizzatata a Roma prima della riapertura dell'Acquedotto Vergine.
piazza Santa Maria in Trastevere

La fontanella rionale di Trastevere è situata nella vicina via della Cisterna [20]; è chiamata Fontanella della Botte, perché raffigura un barilotto fiancheggiato da due misure da vino del tipo tradizionalmente usato nelle osterie romane, che un tempo abbondavano un po' ovunque nel rione, prima che a partire dalla fine del XX secolo fossero sostituite da locali più alla moda.
via della Cisterna
la Fontanella della Botte (1927)
Cambiamenti anche più profondi avevano già avuto luogo in Trastevere tra la seconda metà dell'Ottocento e i primi del Novecento: diverse case fatiscenti erano state abbattute per essere poi rimpiazzate da voluminose costruzioni nello stile eclettico, tipico di quell'epoca, che mescolava quelli storici precedenti. Di questi edifici fanno parte quello che ospita il Ministero della Pubblica Istruzione, su viale Trastevere, e quello della Manifattura Tabacchi, a piazza Mastai (qui a destra); altre aree rimaste vuote, in seguito divennero piazze e slarghi. piazza Mastai
la Manifattura Tabacchi di piazza Mastai, con la fontana coeva

piazza San Cosimato
il portico di San Cosimato
In alcuni casi la sintesi tra vecchio e nuovo produsse risultati felici. Ad esempio, la chiesa di San Cosimato e il suo convento [21], un complesso del X secolo (con alcune aggiunte successive), attorno al 1870-75 fu trasformato in un ospedale regolarmente funzionante, pur preservando l'architettura originale. L'ampia piazza triangolare sulla quale il complesso si affaccia è un altro risultato delle trasformazioni tardo-ottocentesche ed è ora sede di un mercato all'aperto.
Lo stesso può dirsi di viale Trastevere, l'ampia e trafficata direttrice, un tempo chiamata viale del Re, che attraversa il rione per l'intera lunghezza appena a sud del Gianicolo, originando presso il lungotevere all'altezza di piazza Belli [22]. Quest'ultima è intitolata all'altro famoso autore dialettale romano, Giuseppe Gioachino Belli, ricordato in un monumento. Il poeta vi è raffigurato in piedi, presso una delle erme a quattro teste di Ponte Fabricio. Accanto alla statua si legge "AL SUO POETA G.G.BELLI · IL POPOLO DI ROMA · MCMXII": infatti i fondi per la realizzazione del monumento furono messi a disposizione dagli abitanti del rione per mezzo di una sottoscrizione popolare.


Il monumento ha ai lati due fontanelle e sul retro un bassorilievo ispirato alle incisioni di Bartolomeo Pinelli, che nacque a pochissima distanza (vedi sotto).

il monumento a Belli (1912) →


Appena più avanti, sul lato opposto della strada, l'antichissima chiesa di San Crisogono è il risultato del sovrapporsi di tre diverse periodi: la fondazione, di epoca costantiniana (prima metà del IV secolo), che ne fa una delle chiese più antiche della città, la completa ricostruzione nel XII secolo e infine la trasformazione barocca agli inizi del Seicento. Testimonianze dell'edificio originale (sotterranee, raggiungibili dalla sacrestia) sono l'antico abside fiancheggiato dalle pastophoria (piccoli locali dove venivano conservate le offerte e il necessario per celebrare le funzioni), ma sono presenti anche resti di affreschi dell'VIII e IX secolo, mentre della prima ricostruzione sono l'altare (con baldacchino seicentesco), il pavimento cosmatesco, il mosaico absidale della scuola di Pietro Cavallini (fine del Duecento) ed il campanile.
piazza Giuseppe Gioachino Belli
Del periodo barocco, infine, è da segnalare la cappella del Santissimo Sacramento disegnata da Gianlorenzo Bernini. Il dipinto centrale sul soffitto, Il trionfo di San Crisogono del Guercino, è legato a un piccolo mistero: si tratterebbe infatti di una copia, dato che l'originale fu trafugato nei primi dell'Ottocento e si trova ora a Londra; ma c'è chi sostiene che in realtà in Inghilterra sia finita la copia e che l'originale sia dunque rimasto a Roma.
Stranamente, la chiesa costantiniana era priva di navate laterali (furono infatti create nel Seicento), una caratteristica alquanto atipica per le prime basiliche cristiane; la presenza di vasche ha portato a ritenere che l'edificio fosse inizialmente una fullonica, luogo dove si tingevano i tessuti, successivamente convertita in tempio.

Ancora qualche metro più avanti lungo viale Trastevere, sul muro di un anonimo edificio della prima metà del XX secolo, il busto dell'incisore Bartolomeo Pinelli guarda i passanti dall'alto di una targa commemorativa; il popolare artista (er zor Meo nei sonetti di Belli) infatti nacque in una casa, ora non più esistente, che sorgeva sul retro, all'inizio di via di San Gallicano. Quest'ultima prende il nome dallo storico ospedale che ne occupa l'intero lato ovest, edificato a partire dal 1724 per volere di Benedetto XIII, per la cura dei lebbrosi e degli affetti da malattie veneree. Ha una struttura caratteristica, con due lunghissime ali (i reparti maschile e femminile) divisi al centro dalla chiesa; in ciò ricorda un po' un altro ospedale storico, quello di Santo Spirito in Sassia (cfr. rione Borgo). Divenuto nel XX secolo una moderna struttura specializzata nella cura delle malattie dermatologiche, è tutt'ora in funzione, sebbene nella sede storica di Trastevere sia rimasto oggi solo un distaccamento.

← busto e targa a ricordo di Bartolomeo Pinelli (1958)



Alle spalle del monumento a Belli si trova la grande casa duecentesca appartenuta alla famiglia Anguillara, che all'angolo conserva la sua torre; attualmente è anche nota come "Casa di Dante", dall'importante centro di studi danteschi che vi è ospitato.
via della Lungaretta
casa medievale in via della Lungaretta
La stretta strada che corre presso la casa, via della Lungaretta, viene tagliata in due metà da viale Trastevere: il nome richiama alla mente via della Lungara, di cui si è detto a pagina 1, ma il suo nome originario era via Transtiberina, in quanto anch'essa percorreva buona parte del rione, collegandone due punti importanti: la chiesa di Santa Maria in Trastevere (di cui si è già parlato) e il vecchio Ponte Santa Maria, attualmente allo stato di rudere chiamato Ponte Rotto. È una via antica e pittoresca, con numerose case d'epoca, tra le quali una è particolarmente caratteristica [23] situata presso l'angolo con vicolo della Luce (illustrazione a sinistra). via della Lungaretta
la casa dei Mattei
Anche all'estremità orientale della via si trova un palazzo ben più grande [24], comprendente più parti risalente ad epoche diverse (secoli XIII-XV), appartenuto alla famiglia Mattei prima che si trasferisse al rione Sant'Angelo (illustrazione in alto a destra).
Dirimpetto alla casa dei Mattei, in fondo alla piazza, si erge un campaniletto, il più piccolo di Roma, appartenente a San Benedetto in Piscinula, chiesa piccola ma antica (XI secolo), che nonostante la facciata ricostruita conserva la struttura interna medievale, e in particolare uno splendido pavimento cosmatesco.
Altre interessanti testimonianze del medioevo si trovano in via dei Salumi, con l'Arco dei Tolomei (si veda la sezione C'era una volta a Roma... per i dettagli), e in vicolo dell'Atleta, dov'è una graziosa casa del Duecento [25], costruita sull'antica sinagoga di Nathan ben Jehiel, rabbino e lessicografo dell'XI secolo, che andò distrutta in un incendio; un'iscrizione in ebraico sulla colonna centrale che contiene il nome dell'antico titolare ne conferma l'origine. Il nome di quest'ultima via, invece, si lega al ritrovamento di una statua raffigurante un atleta nell'atto di detergersi il corpo dal sudore e dalla polvere: è il famoso Apoxyomenos (in greco: "colui che si deterge"), esposto ai Musei Vaticani, copia romana di un originale bronzeo di Lisippo, che fu trovata proprio in questo luogo nel 1849.
via dei Vascellari
vicolo dei Vascellari
Questa porzione del rione, che segue l'ansa del fiume, è indubbiamente quella rimasta più autentica e la più tranquilla: il traffico qui è piuttosto scarso, probabilmente per via dell'ampiezza dei vicoli, attraverso i quali un'automobile di medie dimensioni avrebbe problemi a transitare. Tra di essi è vicolo dei Vascellari [26], largo appena 1.30 m, senza dubbio il vicolo più stretto di Roma!

Una vicina piazza prende il nome dalla chiesa di Santa Cecilia [27] che vi sorge su un lato; quest'ultima ha un bel cortile con una fontana nel centro, come molti luoghi di culto erano soliti avere nell'alto medioevo (cfr. Fontane, I parte pagina 2). Presso il cancello d'ingresso, a destra, si può vedere una delle pochissime pietre finora rinvenute che in epoca romana demarcavano il pomerio (cfr. Le mura di Roma).
La chiesa, che conserva numerosi tesori artistici, fu costruita sopra la casa che fu di Valeriano e Cecilia, una coppia di cristiani martirizzati nel II secolo; dopo un tentativo fallito di suffocare Cecilia rinchiudendola nel piccolo calidarium della stessa casa, i suoi persecutori la decapitarono; ma avendola solo ferita, ella agonizzò per tre giorni. I corpi di Cecilia e del marito vennero sepolti nelle catacombe lungo la via Appia.
Circa sette secoli dopo, papa Pasquale I fece rinvenire i resti di Cecilia nelle catacombe per seppellirli in questo luogo, dove una chiesa fu costruita in suo onore.
piazza di Santa Cecilia
il ciborio del tardo XIII secolo
L'edificio fu ampiamente ristrutturato attorno al 1600; in questa occasione si compì una ricognizione della tomba della santa, il cui corpo fu misteriosamente trovato ancora intatto, con una profonda ferita sul collo. Lo scultore Stefano Maderno, che era tra i presenti, ne rimase così profondamente colpito che scolpì una statua della santa estremamente realistica, che ora si vede sotto l'altare maggiore. Altre opere degne di menzione sono il prezioso ciborio marmoreo della fine del '200, opera di Arnolfo di Cambio, e lo splendido mosaico absidale del IX secolo, nel quale papa Pasquale I, committente della chiesa, è raffigurato iin mezzo ad altri santi, con il nimbo blu di forma quadrata, indicante che egli era ancora vivente all'epoca in cui fu ritratto. piazza di Santa Cecilia
Santa Cecilia, di Stefano Maderno (1600)
Un famoso affresco di Pietro Cavallini (1290 c.ca), il Giudizio Universale, è conservato nel monastero annesso alla chiesa.
Infine, uscendo da Santa Cecilia, sul lato opposto della piazza è una tipica casa tardomedievale.

Poco più verso sud, in piazza San Francesco a Ripa [28], sorge la chiesa omonima, che si riferisca a San Francesco di Assisi e alla riva (ripa in italiano arcaico) del fiume che scorre a breve distanza. Fu costruita sul luogo di un ospizio dove San Francesco si fermò durante il suo primo viaggio a Roma, nel 1209. La chiesa fu poi completamente ricostruita nel '600. È famosa soprattutto per una statua della beata Ludovica Albertoni, scolpita da Gianlorenzo Bernini per una delle cappelle.
piazza di San Francesco a Ripa Ludovica Albertoni (1474-1533) proveniva da una famiglia agiata; divenne una terziaria francescana, spendendo gran parte delle sue fortune per assistere i poveri e gli ammalati. Per tale ragione nel 1671 venne dichiarata beata. A quel tempo, un cardinale suo discendente commissionò al miglior artista sulla piazza una statua della sua ava per la cappella di famiglia. Bernini aveva già 71 anni, pertanto quest'opera viene considerata il suo ultimo capolavoro. La donna è ritratta sul suo letto di morte, nei suoi ultimi istanti di vita, in piena agonia; ma avendo una delle sue visioni mistiche, ella vede la schiera di cherubini giunta a guidarla verso il cielo, e l'espressione del volto rivela una commistione di sofferenza fisica, espressa anche dal gesto delle mani e dalle vesti spiegazzate, e di estasi per la consapevolezza della sua condizione futura, rappresentando quindi l'attimo di passaggio dalla vita terrena a quella ultraterrena.

In the centre of the square stands a plain pillar with a cross, set there by Pius IX in 1847; it is said that the pope apologized to the clerics of the church for being the pillar rather small, remarking that, after all, also the square is not so large.

Lungo la riva del fiume, dove una volta sorgeva l'antico porto di Ripa Grande, un complesso lunghissimo che prende il nome di San Michele [29] si estende per circa 300 m; fu costruito a partire dal 1670, per poi essere ampliato a più riprese durante il secolo successivo, fino a raggiungere l'estensione attuale. Comprense due chiese, un ospizio e altri edifici. Fino alla prima metà del '900 è stato anche usato come carcere femminile e minorile; poi vi furono trasferiti i laboratori dell'Istituto Nazionale per il Restauro. Così negli ultimi 20-30 anni nel complesso di San Michele non furono più custoditi criminali, ma alcune delle più importanti opere d'arte di Roma.
il complesso di San Michele →
lungotevere Ripa

Di fronte ad un'estremità del suddetto complesso si apre Porta Portese [30], la porta più meridionale della cinta muraria costruita dai papi lungo il Gianicolo (cfr. la pagina relativa nella sezione sulle mura di Roma). È molto conosciuta soprattutto perché lungo la strada consolare che ha origine da questo punto, la domenica mattina si tiene il mercato delle pulci più grande e famoso di Roma, con diverse centinaia di bancarelle, che prende il nome appunto dalla porta.
Circa 100 metri oltre quest'ultima (quindi appena fuori dei confini ufficiali del rione Trastevere), sul lato sinistro della strada si vede un curioso edificio attualmente adibito a magazzino. È l'Arsenale Pontificio, che risale al 1700 circa, dove le imbarcazioni che un tempo trasportavano derrate lungo il fiume ricevevano la manutenzione e venivano riparate. Lo stemma che decora l'oculo centrale sulla facciata dell'edificio appartiene alla famiglia Albani ed è riferito a papa Clemente XI (1700-21).

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