~ monografie romane ~

Fontane
· III parte ·
fontane maggiori

PAGINA 6




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LE FONTANE DELL'ACQUA FELICE


l'Acqua Felice, che attraversa i quartieri sud-orientali
L'acqua di Salone (l'antica Aqua Virgo) e le fontane costruite fino ad allora avevano permesso una grande crescita della città, ma già negli ultimi anni del suo pontificato papa Gregorio XIII pensò di restaurare un secondo acquedotto. Questa volta sarebbe entrato in città da sud, così da coprire i rioni che l'Acqua di Salone non riusciva a raggiugere.
La scelta cadde sulle antiche sorgenti dell'Aqua Alexandrina, situate circa 23 km a est della città. La morte di Gregorio XIII fermò il progetto, ma il papa successivo, Sisto V, in parte spinto da ragioni di interesse personale, subito dopo la sua elezione fece riprendere i lavori, che furono frettolosamente portati a termine entro due anni (cfr. Acquedotti pagina 6 per maggiori dettagli). Le arcate del nuovo acquedotto, chiamato Acqua Felice (o Aqua Felix nei testi in latino), furono costruite riutilizzando quanto rimaneva in piedi delle antiche Aqua Claudia e Aqua Marcia, i cui percorsi in prossimità della città si sovrapponevano a quello dell'Aqua Alexandrina; solo le parti mancanti dovettero essere costruite ex novo.

Anche in questo caso fu approvato un programma per la costruzione di nuove fontane; prima di tutto, una imponente dove l'acquedotto aveva termine (una cosiddetta "mostra", 1 nella pianta sottostante), poi una in ciascuno dei seguenti luoghi:

  • piazza Madonna dei Monti (10);
  • Campo Vaccino (5);
  • piazza Santi Apostoli;
  • presso la Colonna di Traiano
  • la piazza ai piedi del Campidoglio (4);
  • piazza Altieri (ora piazza del Gesù);
  • piazza Montanara (5, oggi scomparsa);
  • all'angolo del monastero di Tor de' Specchi.

  • Tre di esse non furono mai costruite, in particolare la fontana presso la Colonna Traiana, quella in piazza Santi Apostoli e quella in piazza Altieri (le ultime due erano già state stralciate dal precedente programma, sotto Gregorio XIII). Tuttavia furono rimpiazzate con altrettante fontane non preventivate:
  • una per il Palazzo Senatorio in Campidoglio (4);
  • una su un lato della stessa piazza del Campidoglio (4);
  • in piazza Giudia, appena fuori del ghetto ebraico (9).

    Può sembrare strano come, ancora una volta, le nuove fontane fossero state concentrate in un'area piuttosto ristretta del nucleo urbano, ma il precedente aquedotto aveva lasciato quasi all'asciutto tanto il colle Quirinale, dove i papi avevano la loro residenza estiva, quanto il Campidoglio, cuore dell'amministrazione cittadina; al contrario, durante il Rinascimento i quartieri meridionali ed orientali erano ancora scarsamente popolati.


  • Un'altra fontana fu costruita davanti al Palazzo del Quirinale (3) a spese della Camera Apostolica, quindi non come opera del Comune, ed un'altra sotto l'obelisco del Laterano (11) fu finanziata dal Capitolo di San Giovanni. Il proprietario di Villa Medici ne fece costruire una davanti alla propria residenza, sul colle Pincio (12). Inoltre alcune famiglie ricevettero fondi, acqua e talvolta anche il marmo per la realizzazione di alcune fontane semipubbliche (2, 6, 8).
    Così, dopo l'apertura dell'Acqua Felice, Roma si ritrovò con quattordici nuove fontane; questo totale, però, non tiene conto di un certo numero di fontanelle e di tre fontane situate fuori porta, nei punti dove l'Acqua Felice incrociava le strade consolari (fra queste, la cosiddetta fontana di Clemente XII, vedi II parte, pagina 2)

    Prima di essere eletto col titolo di Sisto V, le relazioni tra il cardinale Peretti e il precedente pontefice Gregorio XIII non erano state delle migliori; in particolare, il cardinale stravedeva per la sua villa sul colle Esquilino (la cui superficie ampliò ulteriormente dopo la sua elezione a papa) e Gregorio XIII aveva avuto da ridire su un interesse così materiale. Ciò spiega perché il fontaniere ufficiale, Giacomo Della Porta, "colpevole" di aver celebrato Gregorio XIII con così tante fontane, fu tenuto un po' in disparte.
    Anche se continuò a svolgere l'attività di architetto e fontaniere durante il pontificato di Sisto V, gli fu negata la commissione delle fontane costruite nei tre luoghi più importanti, cioè il punto terminale dell'acquedotto (vedi oltre), la piazza davanti a Palazzo del Quirinale e il Campidoglio.

    Villa Montalto (in giallo), residenza privata di Sisto V, che si estendeva
    dalla basilica di S.Maria Maggiore (1), alle Terme di Diocleziano (2),
    e a Porta Tiburtina (3); l'area di colore più intenso indica il sito
    dell'attuale stazione ferroviaria Termini; oggi della villa non rimane nulla

    Della Porta non fu consultato nemmeno quando, durante i lavori di costruzione dell'Acqua Felice, l'inclinazione del viadotto risultò sbagliata e un'intera equipe di esperti fu ingaggiata dal papa per porre rimedio al problema.





    LA FONTANA DI MOSÈ
    (MOSTRA DELL'ACQUA FELICE)


    La prima fontana raggiunta dall'Acqua Felice fu la cosiddetta "mostra", cioè un modo fastoso di ricordare tanto l'infrastruttura idraulica quanto il suo finanziatore, nel punto dove la conduttura principale aveva termine. Questa fu la prima fontana nel suo genere costruita a Roma. Infatti nonostante l'altro acquedotto chiamato Acqua di Salone (o Aqua Virgo in epoca antico-romana) fosse già attivo, disponeva di una fontana di medie dimensioni, che fu rimpiazzata con una "mostra" solo nel XVIII secolo (cfr. Fontana di Trevi, pagina 17).

    Il luogo dove l'Acqua Felice terminava era assai poco densamente abitato (cfr. particolare della pianta qui in basso), ancora cosparso di rovine delle vicine Terme di Diocleziano, ma sufficientemente alto da consentire all'acqua di defluire a valle e raggiungere così i rioni più centrali.

    ← la Fontana di Mosè
    Il papa voleva che questa fontana fosse una chiara espressione autocelebrativa per aver patrocinato l'opera: quasi la metà dell'altezza dell'inera struttura è rappresentato dal suo stemma di famiglia e dall'enorme iscrizione, che menziona Sisto V, la località delle sorgenti (la campagna vicino Colonna), il percorso seguito (via Prenestina), la lunghezza dell'acquedotto (20 miglia, 22 se si comprende la lunghezza delle stesse sorgenti) e come sia stato chiamato "Felice" dallo stesso nome del papa.
    Un'ultima riga di testo ricorda come l'opera ebbe inizio nell'anno I e terminò nell'anno III,  MDLXXXVII.

    veduta della zona nel 1593 (orientamento ad est):
    1. la fontana - 2. Terme di Diocleziano - 3. incrocio delle Quattro Fontane -
    4. angolo della villa di Sisto V - 5. Porta Pia, origine della via Nomentana

    Domenico Fontana, incaricato dei lavori, divise la parte inferiore in tre nicchie uguali, scandite da colonne, la cui centrale contiene una grande statua barbuta di Mosé; il personaggio si riferisce all'episodio biblico in cui la guida del popolo ebraico fece scaturire l'acqua da una roccia percuotendola col proprio bastone.
    Ciascuna delle nicchie laterali contiene un grosso pannello, raffigurante un diverso episodio biblico correlato all'acqua.
    Ai piedi delle colonne, quattro leoni accucciati gettano uno zampillo dalla bocca in catini di forma rettangolare, il tutto racchiuso entro un cancello di travertino.

    ← i quattro leoni
    Quando l'acquedotto fu inaugurato la fontana era ancora incompiuta e molte delle sue figure dovevano ancora essere scolpite. Infatti il nome che le si diede non fu "del Mosé", bensì Fontana dell'Acqua Felice, come l'acquedotto. Solo due dei quattro leoni erano già al loro posto: si trattava dei cosiddetti leoni di Nectanebo I (faraone egizio della metà del IV secolo aC), che in origine decoravano l'Iseo Campense. Nella prima metà del Quattrocento erano stati rinvenuti e circa un secolo dopo Clemente VII li aveva collocati davanti al Pantheon (cfr. la fontana di piazza della Rotonda, pagina 4). Gli altri due leoni, invece, furono scolpiti apposta per la fontana.

    È probabile che il papa abbia messo fretta a Fontana per portare a termine i lavori nel più beve tempo possibile, ma tale premura condizionò la qualità del risultato finale. Nonostante l'aspetto complessivo dell'opera sia abbastanza imponente, il livello artistico dei due rilievi laterali è piuttosto modesto, per non parlare della figura centrale di Mosé: poco dopo essere stata collocata nella sua nicchia, tutti notarono che la statua era tozza e bassa; inoltre, mentre con un dito punta verso la fonte dell'acqua, Mosé tiene nell'altra mano le tavole della legge, che secondo la Bibbia non gli erano state ancora consegnate quando fece scaturire l'acqua.

    il Mosè criticato
    La gente affibbiò alla figura il titolo di "Mosé ridicolo" e persino le statue parlanti si produssero in qualche pungente satira a proposito della scadente opera, chiamandola fons infelix (cioè fontana infelice, disgraziata).
    La sua costruzione fu così affrettata che mentre il pannello di sinistra raffigura indubbiamente Aronne (fratello di Mosé) che indica la fonte dell'acqua al popolo d'Israele, il soggetto del pannello di destra fa ancora discutere. Nei documenti originali dell'epoca viene citato tanto come Giosué che conduce gli Ebrei attraverso il Giordano, che come Gedeone mentre sceglie i soldati dal modo in cui bevono; sebbene molte pubblicazioni accettino la prima delle due interpretazioni, i soldati e le figure che bevono farebbero sembrare l'altro soggetto più probabile (per leggere il passaggio biblico in questione, spostare il cursore del mouse sull'illustrazione).

    ← il pannello di destra raffigurerebbe Gedeone che sceglie i soldati

    Riguardo all'autore del "Mosé ridicolo", vi fu un disguido nell'identificarlo; per molto tempo ne fu ritenuto artefice lo scultore Prospero Antichi, più noto come Prospero da Brescia, che secondo una leggenda popolare sarebbe morto di dolore in seguito alle critiche della gente; ma ora si sa che la statua fu quasi certamente terminata dal semisconosciuto scultore Leonardo Sormani.

    Il cancello rivela un altro segnale della fretta di Fontana: semplicemente preso da un edificio preesistente, reca l'iscrizione PIVS IIII (un papa di circa 25 anni prima), chiaramente visibile, eppure mai rimosso né coperto.

    sul cancello si legge il nome PIVS IIII


    Nel 1839 papa Gregorio XVI fece trasferire la coppia di leoni originali alla sezione egizia dei Musei Vaticani, rimpiazzandoli con delle copie, come ci informa un'iscrizione in latino sulla base delle stesse.

    ← uno dei due leoni di Nectanebo I originali (ora nei Musei Vaticani)

    La pessima fama della statua non si estinse nel tempo; in un sonetto del 1928, il poeta giudaico-romanesco Crescenzo Del Monte la cita in questi versi:

    E anze, te poss'aggiògne, a 'sto reguardo
    ch'era un tappetto: alla
    Torà 'unn'è ditto
    ma 'o vedi a la fontana a Sa' mmennardo:

    che da lontano par'assiso, e invece
    come t'accosti te lo vedi dritto,
    e questo dunque nun te faccia spece
    .

    (da Moscè-Rabbèno, 4 settembre 1928)
    E anzi, ti posso aggiungere in proposito
    che [Mosè] era basso di statura: la Torà non lo dice
    ma lo vedi alla fontana presso San Bernardo:1

    che da lontano sembra seduto, e invece
    appena ti avvicini lo vedi in piedi,
    e ciò dunque non ti sorprenda.

     1. - chiesa di San Bernardo alle Terme, prossima alla fontana.




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    FONTANE ANTICHE

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