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Fontane
· III parte ·
fontane maggiori

PAGINA 17




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LA MADRE DI TUTTE LE FONTANE


Il titolo ovviamente si riferisce alla Fontana di Trevi, non solo la maggiore e la più grandiosa di Roma, ma con ogni probabilità la fontana più famosa del mondo.
La grande importanza è dovuta in parte al suo valore artistico, in parte alla sensazione di stupore che evoca in chiunque metta piede per la prima volta nella piazza relativamente piccola dov'è situata; ma più di ogni altro motivo, perché questa è la sola fonte di acqua corrente, fra le migliaia presenti oggi a Roma, ad essere in funzione sin dal I secolo e che in oltre duemila anni non ha mai smesso di provvedere al fabbisogno idrico della città.
piazza di Trevi
la Fontana di Trevi


DALL'ANTICA ROMA ALL'ETÀ BAROCCA


piazza di Trevi
uno dei pannelli della fontana: la vergine
mostra ai soldati dove trovare l'acqua
L'acquedotto al quale la fontana è collegata, l'antica Aqua Virgo (cioè "acqua della vergine", o "della fanciulla"), era stato costruito nel 19 aC per le esigenze delle Terme di Agrippa, un tempo situate alle spalle del Pantheon.

Secondo una leggenda popolare, che anticamente veniva data per autentica, ai soldati inviati in esplorazione da Marco Vipsanio Agrippa per cercare le sorgenti adatte fu una giovane ragazza a fornire l'indicazione esatta, donde il nome poi dato all'acquedotto.
Nel VI secolo, quando la gran parte delle altre condotte idriche fu danneggiata dai Goti che assediavano Roma, l'Aqua Virgo non rimase mai completamente a secco e grazie ad alcuni lavori di ripristino eseguiti di tanto in tanto, nel corso dei secoli bui del Medioevo la popolazione di Roma, benché notevolmente ridotta di numero, poté sopravvivere e soddisfare i minimi bisogni quotidiani grazie a quest'acqua.
Ma poiché molte delle primitive fontane erano state distrutte, l'acquedotto ora non raggiungeva più il sito delle antiche terme; il suo sbocco principale consisteva in una conduttura di piombo collegata a semplici bocchette, che versavano acqua in tre piccole vasche, presso un trivio situato ai piedi del colle Quirinale.

Il primo papa che mostrò un reale interesse a ristrutturare la fontana fu Niccolò V, nel 1453; egli la decorò anche con una targa commemorativa, come si legge più in dettaglio a pagina 1.
Nel 1570 l'acquedotto fu completamente restaurato, in parte vi furono anche apportate delle modifiche e venne rinominato Acqua di Salone (cfr. pagina 2). Ulteriori migliorie alla fontana furono prese in considerazione da molti altri papi del Rinascimento, ai quali i migliori architetti presentarono i loro progetti, ma nessuno di questi fu mai messo in opera.
Nell'opera teatrale Stravaganze d'amore di Cristoforo Castelletti, del 1585, uno dei personaggi, una serva chiamata Perna, cita li iettelli de Treio (atto I scena IV), cioè "le cannelle di Trevi", confermando che all'epoca non era presente alcun tipo di fontana monumentale.
Solo attorno al 1640 Gianlorenzo Bernini allargò la minuscola piazza, ruotò ad angolo retto l'asse principale della fontana e rimosse le tre semplici bocche, che rimpiazzò con un'enorme doppia conca, come descritto nella pagina precedente. Ma nonostante tutto, anche quest'opera rimase largamente incompiuta.
Quando nel 1644 venne eletto Innocenzo X, il suo pensiero fu di creare una "mostra", cioè una grande fontana celebrativa dell'acquedotto, situata a piazza Navona, dove sorgeva il suo palazzo di famiglia (Palazzo Pamphilj); infatti la meravigliosa Fontana dei Fiumi che il papa fece costruire a Bernini al centro della piazza (cfr. pagina 3) potrebbe essere stata concepita proprio a questo scopo.
Per questa stessa ragione Innocenzo X non aveva il minimo interesse a riprendere i lavori del progetto incompiuto a piazza di Trevi.
piazza di Trevi
la piazza, affollata di turisti che, per tradizione lanciano una moneta
nella fontana in quanto - si dice - ciò li farà tornare a Roma


progetto della grande fontana per piazza Colonna,
di Pietro da Cortona, che non fu mai realizzato
Anche il papa successivo, Alessandro VII, ebbe in mente di creare una grande mostra dell'Acqua Vergine davanti al proprio palazzo, situato nella centrale piazza Colonna, dove si erge l'antica colonna di Marco Aurelio. La piazza aveva già una fontana a forma di vasca, un'opera di Giacomo Della Porta di circa un secolo prima, cfr. pagina 4; il pontefice pensò bene di trasferirla ad un'altra piazza (piazza Santi Apostoli) e fece anche richiesta che la nuova grande fontana venisse ornata della statua giacente conosciuta come Marforio, una delle cosiddette "statue parlanti". Questa volta non a Bernini, che in quegli anni era occupato con la fabbrica del colonnato di San Pietro, ma a Pietro da Cortona fu dato il compito di progettare l'opera.
Nel 1666, però, il papa morì, così l'ambizioso progetto fu abbandonato e piazza Colonna rimase com'era prima.


LA MAESTOSA FONTANA DI NICOLA SALVI

I cinque papi seguenti mostrarono ben poco interesse per la fontana, finché Clemente XI, eletto nel 1700, cominciò ancora una volta a cercare una soluzione accettabile. Carlo Fontana suggerì di collocare un obelisco su un gruppo di rocce (chiaramente ispirato alla Fontana dei Fiumi di Bernini, cfr. pagina 3) e disegnò diversi progetti incentrati su quest'idea.
Invece il nipote di Borromini, Bernardo Castelli, ne propose uno in cui una colonna sarebbe stata impiegata in modo analogo, con una rampa a spirale che saliva fino alla sommità. Ma nessuno di questi soddisfece il papa. Altri tentativi fatti da architetti meno famosi, durante i primi due decenni del XVIII secolo, non portarono a nulla di fatto.

progetti di Carlo Fontana, con un obelisco, e di Bernardo Castelli, con una colonna →


Molti di questi progetti prevedevano una parziale demolizione dei due edifici alle spalle della fontana; l'opera incompiuta di Bernini aveva lasciato tra di essi solo una modesta nicchia, dove sarebbe stato collocato un gruppo centrale, ma uno spazio così angusto era davvero insufficiente.

Quando Clemente morì, nel 1721, il pontificato del suo successore, Innocenzo XIII, fece ricadere tutto nel dimenticatoio. Il motivo era che la famiglia del nuovo papa, i Conti, duchi di Poli, avevano recentemente acquistato i due edifici suddetti, per trasformarli in un sontuoso palazzo di famiglia. Pertanto qualsiasi rischio che il costruendo Palazzo Poli rimanesse danneggiato (ciò sarebbe stato inevitabile per la realizzazione di una grande fontana) fu evitato con ogni cura.
Innocenzo XIII regnò meno di tre anni; nel 1724 lo aveva già succeduto Benedetto XIII.

Anche questo papa tentò di risolvere l'annoso problema della Fontana di Trevi. Essendo originario del Meridione, ai clan dei più famosi artisti settentrionali attivi a Roma, quali i Fontana, i Borromini, ecc., Benedetto preferiva architetti e scultori poco conosciuti, che provenivano dalle sue stesse parti. I pochi progetti presentati da questi ultimi erano assai più semplici di quelli visti fino ad allora. L'unica opera realizzata per la fontana durante questi anni fu un gruppo marmoreo raffigurante la Madonna col Bambino: l'ingenuo artista Paolo Benaglia da Napoli aveva infatti candidamente confuso la "vergine" dell'antica leggenda legata alla fontana con la figura religiosa. Il gruppo non fu mai utilizzato.

Il lieto fine di questa lunga vicenda si ebbe con l'elezione di Clemente XII, nel 1730. Dopo aver rifiutato una prima serie di progetti che miravano a preservare l'integrità di Palazzo Poli, l'interesse del papa cadde sui disegni presentati da Ferdinando Fuga, Luigi Vanvitelli e dal giovane Nicola Salvi, un architetto di poco più di trenta anni, la cui esperienza era ancora piuttosto limitata. Secondo tutti e tre i loro progetti, la parte centrale dell'edificio avrebbe dovuto essere sacrificata, così da creare una prospettiva più profonda per il gruppo centrale della fontana. La famiglia Conti, proprietaria di Palazzo Poli, protestò per il danno che che ciò avrebbe causato alla loro residenza, ma il papa decretò che le modifiche venissero apportate d'autorità.

due progetti di Luigi Vanvitelli
per la Fontana di Trevi

Una commissione di esperti fu chiamata a giudicare il progetto migliore e la composizione di Nicola Salvi, ritenuta molto scenografica ed armonica al tempo stesso, fu preferita alle altre.

(← a sin.) il progetto vincente di Nicola Salvi
(↓ in basso) progetto di Ferdinando Fuga

piazza di Trevi Nel mezzo di una lunga scogliera rocciosa, che copre l'intera parte inferiore del lato di Palazzo Poli, il dio Oceano emerge da un arco di trionfo (in effetti, una grossa nicchia, sorretta da colonne). Guida un carro a forma di conchiglia trainato da due destrieri alati, tradizionalmente indicati come il cavallo agitato (a sinistra) e il cavallo placido (a destra); li conducono due tritoni, quasi a mo' di stallieri.
Da entrambi i lati dell'arco, una nicchia rettangolare ospita una grossa statua (l'Abbondanza a sinistra; la Salubrità a destra), sopra la quale si trova un pannello in rilievo: a sinistra raffigura Agrippa che approva l'Acquedotto Vergine; la giovane ragazza che mostra ai soldati le sorgenti dell'acqua è il soggetto di quello destro (mostrato in precedenza).
Quattro alte colonne dividono l'arco centrale dalle nicchie laterali, sostenendo la parte superiore del prospetto, dove sono quattro statue più piccole raffiguranti allegorie (da sinistra: l'abbondanza della frutta, la fertilità dei campi, la ricchezza dell'autunno, l'amenità dei giardini, impropriamente chiamate "le Stagioni").

← l'arco di trionfo, con la statua di Oceano

piazza di Trevi piazza di Trevi
il cavallo agitato e quello tranquillo

Nel mezzo è una grande iscrizione commemorativa, sormontata dallo stemma di Clemente XII, riccamente ornato.
Diversi punti d'acqua sono variamente posizionati fra le rocce. Quello centrale è situato sotto il carro a conchiglia di Oceano; da qui vengono riempite tre vasche, prima che l'acqua riesca a raggiungere la gigantesca tazza a terra, o piscina, che occupa una larga parte della superficie della piazza. La piscina è costeggiata da un ambulacro, che corre da un capo all'altro della fontana, racchiuso entro una breve rampa di scale, un po' come gli spalti di un teatro. Questo espediente fu adottato da Salvi per compensare la superficie inclinata della piazza, il cui lato sinistro (orientale) è alquanto più alto di quello destro (occidentale): in effetti qui siamo alle pendici del Quirinale. Lungo il lato sinistro corre anche un breve parapetto, in parte coperto da rocce. Un curioso particolare scolpito su una di queste, all'estremità della scogliera, di fronte al parapetto, è uno stemma di famiglia che raffigura un leone rampante e, appena più in alto, un cappello cardinalizio. piazza di Trevi

piazza di Trevi
lo stemma cardinalizio sulla nella roccia
Per l'esecuzione delle molte statue si fece ricorso ad un'intera equipe di scultori provenienti da ogni parte d'Italia. Il gruppo principale di Oceano avrebbe dovuto essere scolpito dal varesino Giovanni Battista Maini, ma costui morì poco dopo aver realizzato il modello e fu sostituito dal romano Pietro Bracci. Le statue ai lati furono eseguite dal fiorentino Filippo Della Valle, i pannelli sinistro e destro rispettivamente dai romani Andrea Bergondi e Giovanni Battista Grossi, le quattro statue in alto dal bolognese Agostino Corsini, il romano Bernardino Ludovisi, il genovese Francesco Queirolo e il carrarese Bartolomeo Pincellotti. Infine, lo splendido stemma pontificio è opera del napoletano Paolo Benaglia, lo stesso artista che qualche anno prima aveva scambiato la "vergine" con la Madonna.
La messa in opera della Fontana di Trevi ebbe inizio nel 1732, e già dall'inizio ognuno si rese conto che avrebbe richiesto un tempo molto lungo. Ma Clemente XII era così ansioso di inaugurarla, che lo fece nel 1735, a lavori appena avviati (di qui la data fuorviante che si legge nell'iscrizione commemorativa). Anche l'aumento delle spese, che si rivelarono assai maggiori dei fondi stanziati, e le frequenti liti fra Salvi e lo scultore Maini, contribuirono a rallentare l'impresa.
Ci vollero ben trenta anni prima che la fontana fosse ultimata!

L'architetto Salvi non visse abbastanza a lungo per vedere la sua opera finita, in quanto morì nel 1751. Giuseppe Pannini, che fu nominato suo sostituto, si prese la libertà di modificare il progetto originale di Salvi: tre vasche furono aggiunte sotto alla conchiglia di Oceano, e furono cambiati pure i soggetti delle due statue laterali.
Nel frattempo anche Clemente XII era morto (1740) e non il papa successivo (Benedetto XIV, m.1758) bensì quello dopo di lui, Clemente XIII, ebbe l'onore di inaugurare - questa volta per davvero - la maestosa fontana. Non appena fu svelata al pubblico, il 22 maggio 1762, fu subito indicata come una delle meraviglie di Roma.
Questa non era certo un'esagerazione: dopo quasi tre secoli, la fama nel mondo di questo incredibile monumento è ancora oggi intatta, se non persino maggiore di una volta.

la spalliera di rocce davanti a Palazzo Poli


L'ORIGINE DEL NOME

Sebbene l'acquedotto da cui la fontana veniva alimentata fosse ufficialmente detto Acqua di Salone oppure, secondo l'antica denominazione latina, Aqua Virgo nonché il suo equivalente italiano Acquedotto Vergine, sin dal medioevo, quando questa fontana era rappresentata ancora da tre semplici cannelle, era sempre stata chiamata Trevi, o con varianti di questa parola dal suono simile.

in alto: la pianta di Leonardo Bufalini
(1571) riporta la Fons Trevis;

in basso: il Civitates Orbis Terrarum,
un atlante del 1572, menziona la Fons Trivij
Nonostante le trasformazioni strutturali subite nei secoli, tale denominazione è sempre rimasta in uso. Anche quando l'enorme opera di Nicola Salvi venne completata, Clemente XIII non le diede il proprio nome, né quello dell'acquedotto e neppure quello della principale gruppo scultoreo che la decora (come per la Fontana di Mosè, cioè la mostra dell'Acqua Felice): per tutti rimase semplicemente la Fontana di Trevi, come prima.

Ma qual è l'origina di tale nome?
Secondo una prima versione, il vocabolo sarebbe una corruzione della voce latina trivium, cioè "incrocio a tre vie" presso il quale una volta erano situate le tre cannelle. Infatti una delle prime varianti del nome era Fons Trivii ("fontana del trivio").
Secondo un'altra versione, invece, il nome deriva da Trebium, una località appena fuori dei confini orientali di Roma, da dove durante il Medioevo l'acquedotto raccoglieva gran parte dell'acqua. Infatti, a causa della scarsa manutenzione e delle modeste cognizioni idrauliche, gli amministratori civici avevano collegato l'acquedotto a sorgenti situate un po' più vicino a Roma di quelle originali, ma la cui acqua era più scarsa ed anche più sporca (maggiori dettagli e pianta in Acquedotti, IV parte). Solo dopo il completo restauro effettuato sotto il papa Gregorio XIII (1570) l'acquedotto venne riconnesso alle sorgenti primitive, così da poter erogare l'acqua pura il cui buon sapore e le cui proprietà salutari erano sempre state decantate.
Assai presto l'acqua di Trevi divenne nuovamente conosciuta, a tal punto che non solo gli abitanti del luogo, ma anche ma molte persone da fuori Roma venivano qui a farne provvista; grosse quantità ne venivano portate anche in Vaticano, per uso personale del papa.

Le migliorie apportate alla rete delle condutture, soprattutto nei secoli XIX e XX, permisero a molte fontane dei rioni centrali e settentrionali, comprese le fontanelle, di essere raggiunte da rami secondari dell'acquedotto. Fino a pochi anni fa non era infrequente vedere gente riempire bottiglie o taniche con l'ottima acqua di Trevi, per bere e per cucinare, sebbene quest'usanza sia oggi quasi del tutto scomparsa.

Concludiamo con un simpatico aneddoto su Nicola Salvi.
Al tempo in cui la fontana era in costruzione, sul lato sinistro (orientale) della piazza si trovava una bottega di barbiere, il cui titolare, assai critico nei confronti dei lavori in corso, si lasciava andare a salaci commenti. Così all'esterno delle rocce che su questo lato della fontana seguono il parapetto, l'architetto aggiunse una scultura raffigurante un grosso vaso, il cui scopo, secondo una tradizione popolare, era semplicemente quello di coprire all'importuno bottegaio la vista sui lavori.

piazza di Trevi Una leggenda? Forse. Ma il vaso è posto davvero in una strana posizione e dall'altra parte della piazza non c'è traccia di una scultura analoga, per cui la storia potrebbe contenere un pizzico di verità.
Con la consueta ironia, i romani hanno dato a questa solitaria scultura il soprannome di asso di Coppe!

← il curioso asso di Coppe
piazza di Trevi
la fontana all'alba , l'unico momento della giornata
in cui non è circondata dalla folla di turisti



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FONTANE ANTICHE

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FONTANELLE



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